LA RUSSIA DI PUTIN, MINACCIA O IN FALLIMENTO? LA PROPAGANDA FANTOZZIANA CHE CI VUOLE IN GUERRA CON UN’ECONOMIA AL TAPPETO

MENTRE CI RACCONTANO CHE LA RUSSIA VORREBBE UNA GUERRA CONTRO LA NATO, GLI STESSI MEDIA MAINSTREAM CONFESSANO CHE L’IMPERO DI PUTIN È SULL’ORLO DEL COLLASSO.

LA VERA MINACCIA NON È A MOSCA, MA NELLE NOSTRE CAPITALI, DOVE LA PAURA GIUSTIFICA AUSTERITÀ, CONTROLLO E MILIARDI SOTTRATTI AL WELFARE PER DARLI AL RIARMO.

Lo spettacolo a cui assistiamo ogni giorno sui nostri schermi non è una tragedia greca, ma una commedia dell’arte in salsa NATO, una sceneggiata tragicomica così goffa e sgangherata da far impallidire il ragionier Ugo Fantozzi di fronte al suo megadirettore galattico.

E la cosa meravigliosa è che gli attori, i registi e i produttori di questo colossal della paura confessano la truffa nelle note a piè di pagina dei loro stessi copioni.

Da un lato del palco, ci presentano l’Orso Russo.

Un colosso invincibile, assetato di conquista che, dopo tre anni e mezzo di logoramento in Ucraina, sarebbe pronto, starebbe saggiando le difese NATO con sconfinamenti di aerei e droni prima di dilagare fino a Lisbona.

Un Moloch militare le cui fauci insaziabili richiedono, anzi esigono, che i nostri governi svuotino le casse del welfare, taglino pensioni e sanità, per dirottare centinaia di miliardi di euro verso il florido, e mai abbastanza sazio, bancomat del complesso militare-industriale.

Dall’altro lato del palco, però, gli stessi cronisti, gli stessi think tank, gli stessi soloni che ci terrorizzano con l’imminente Armageddon, ci raccontano un’altra storia.

Una storia di un’economia non solo in difficoltà, ma agonizzante.

La Russia, infatti, sarebbe sull’orlo di una recessione tecnica, con un PIL che si contrae per la prima volta dal 2022 e una crescita nel secondo trimestre del 2025 “vicina allo zero”, come ammette candidamente il Moscow Times.

Ma come, scusate? L’impero del male che sta per conquistare l’Europa non riesce a far quadrare i conti di un trimestre? E con quali soldi, con quale economia potrebbe pensare di muovere guerra contro l’intera NATO?

LA GRANDE CONFESSIONE: CRONACA DI UN COLLASSO ANNUNCIATO

Scaviamo, dunque, nelle macerie di questa narrazione schizofrenica, usando come pala e piccone gli stessi dati che ci forniscono i guru della propagan… ops, dell’informazione.

Quella che emerge non è l’immagine di una superpotenza minacciosa, ma il ritratto di un morto a cui manca solo l’ora del decesso, con la cancrena che risale dalle fondamenta.

L’economia di guerra, quel presunto motore che doveva rendere la Russia invulnerabile alle sanzioni, si sta spegnendo.

Era un fuoco di paglia alimentato da una spesa pubblica folle, che ha creato un’ipertrofia mostruosa del settore militare a scapito di tutto il resto.

Oggi, come scrive lucidamente il Kennan Institute, assistiamo a una “economia a due velocità”. Da una parte, le fabbriche di armi e munizioni, drogate di rubli statali, che crescono del 34,6% (attrezzature per il trasporto) o del 15,1% (elettronica). Dall’altra, l’economia reale, quella dei cittadini, che sta letteralmente morendo.

La produzione alimentare, – 0,7%. I veicoli a motore registrano un crollo del 16,6%. La lavorazione del legno, – 3,2%. Persino l’estrazione mineraria, linfa vitale del Cremlino, è in calo del 2,4%.

L’economista Vladimir Salnikov è chirurgico: la produzione industriale non militare è diminuita dello 0,9%. L’RzhD, le ferrovie federali, un tempo gallina dalle uova d’oro, costringe il personale a ferie non pagate per non licenziare.

Metà delle imprese russe, riporta la tv RBK, programma tagli al personale e a Magnitogorsk, il secondo colosso siderurgico del Paese, i profitti sono crollati di nove volte in sei mesi. Nove.

Questa non sembra proprio la preparazione a una guerra totale contro l’Occidente, ma la cronaca di una deindustrializzazione forzata, di un Paese che sta divorando il proprio futuro per alimentare la guerra in Ucraina. Altro che sciocchezze di sconfinamenti e provocazioni contro la NATO!

IL BLUFF FINANZIARIO E LA RIVOLTA SILENZIOSA DELLE REGIONI

Ma il castello di carte non trema solo a livello produttivo.

Il bilancio federale è un colabrodo. A maggio 2025, il deficit aveva già raggiunto 3,4 trilioni di rubli, quasi il 90% dell’obiettivo annuale, come sottolinea l’analisi di Bruegel.

Il mitico Fondo di Ricchezza Nazionale ha il 71% di liquidità in meno rispetto a prima della guerra e i profitti da petrolio e gas, nonostante il consolidamento dei rapporti con nuovi “partner strategici”, come la Cina, sono crollati del 14% su base annua.

Pechino, furbescamente, compra sì, ma a prezzi stracciati e detta le condizioni.

La crisi si vede soprattutto lontano dai palazzi dorati di Mosca e San Pietroburgo.

L’analisi di Eurasia Daily Monitor è una sentenza: 67 delle 89 regioni russe hanno registrato un grave deficit di bilancio nella prima metà del 2025.

Mentre a Mosca i redditi crescono dell’11%, in Siberia si fermano a un misero 2%.

Il Cremlino militarizza le economie locali, costringendo il Tatarstan a produrre droni invece che esportare petrolio e la Carelia a guardare i suoi boschi marcire invece di venderli alla Finlandia.

È un colonialismo interno, feroce, che centralizza i pochi profitti rimasti e socializza le perdite.

Il “felice consumatore” descritto con sarcasmo dall’Economist è tutt’altro che felice.

Il 60% dei russi non ha risparmi per i “giorni neri”. L’inflazione ufficiale è al 9-10%, ma quella percepita, quella del carrello della spesa, vola al 16-21%.

La Banca Centrale tiene i tassi al 21% per frenarla, strangolando di fatto ogni possibilità di credito per le imprese civili e per le famiglie. Un’impresa su tre, ammette Rosstat, è in perdita.

Ecco il grande pericolo che dovrebbe far tremare l’Europa: uno Stato sull’orlo della bancarotta, con un’industria civile al collasso, le regioni in rosso e una popolazione che vede il proprio potere d’acquisto polverizzato.

Attenzione: ciò non significa che Mosca crollerà tra un mese o due, perciò l’Ucraina vincerà la guerra. La Russia è strutturata per durare ancora anni in questa situazione, pur di alimentare la campagna militare in Ucraina.

Inoltre, se davvero Mosca arrivasse sull’orlo del precipizio, per Kiev sarebbe una notizia pessima, poiché, a quel punto, Putin avrebbe tutto l’interesse a concludere il prima possibile la guerra e non esiterebbe a usare armi più risolutive, come i missili ipersonici, ma stavolta caricati con testate nucleari.

Un po’ come fecero gli americani nel 1945 con il Giappone, insomma.

MA A CHI SERVE L’ORSO CATTIVO? LA PROPAGANDA COME ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA

Ed eccoci alla risoluzione della dissonanza cognitiva. Se la Russia è questo gigante malato, perché i nostri leader continuano a dipingerla come una minaccia esistenziale per l’Europa?

Perché prospera ancora questa narrazione fantozziana, così palesemente contraddittoria?

La risposta è semplice e terribile: l’ologramma della minaccia russa non serve a descrivere la realtà, – già presa a schiaffi con le sciocchezze sulle pale e sui microchip, nonché sul fantomatico attacco all’aereo di von der Leyen e sui droni, – ma serve a creare l’alibi perfetto a Bruxelles.

L’alibi per giustificare la più grande e veloce opera di riarmo dalla fine della Guerra Fredda.

Quei miliardi sottratti alla sanità pubblica, alle scuole fatiscenti, alle infrastrutture che cadono a pezzi, non servono a difenderci da un’invasione che esiste solo nella fantasia di certi “guru” dell’informazione, ma servono a ingrassare i bilanci di un’industria bellica che non produce benessere, ma solo strumenti di morte e ingenti profitti per pochi.

È l’alibi costruita attraverso la divulgazione della paura per imporci una nuova stagione di austerità.

“Non ci sono soldi per le pensioni, dobbiamo comprare i carri armati per non farci trovare impreparati quando Putin attaccherà”. Sarà il loro mantra. “Non possiamo aumentare gli stipendi, dobbiamo finanziare gli eserciti europei”.

L’eterna emergenza bellica diventa la scusa perenne per smantellare lo stato sociale, rendendo strutturale la precarietà. Ed è, soprattutto, l’alibi per stringere il cappio del controllo.

In nome della “sicurezza nazionale” contro il nemico russo, si potrà giustificare una sorveglianza sempre più pervasiva, limitando le libertà d’espressione e di dissenso, e criminalizzando chiunque osi mettere in discussione la narrazione ufficiale.

Gli albori li vediamo già fin dal 2022 e li abbiamo vissuti in maniera perniciosa durante la pandemia.

La lotta contro l’autocrazia di Putin è il pretesto per importarne i metodi.

La propaganda sulle provocazioni russe non è stupida, ma diabolicamente intelligente, pur nella sua follia, e funziona proprio perché è fantozziana: la sua goffaggine la rende apparentemente innocua, mentre il suo messaggio di paura penetra nel profondo, disattivando il pensiero critico e generando un consenso passivo tra chi è disabituato a leggere e a pensare.

La vera guerra, oggi, non è quella che si combatte al di là del confine polacco, ma quella che si combatte oggi per la nostra democrazia, per il nostro welfare, per le nostre libertà.

L’avversario non è un esercito di russi con l’economia in sofferenza, ma la narrazione tossica che ci vuole spaventati, impoveriti e sottomessi.

Forse, l’orso da temere non è quello che vive nella taiga, ma quello che si aggira nei nostri parlamenti e nelle redazioni di quei quotidiani blasonati che dovrebbero informarci, invece hanno scelto di diventare megafoni del potere.

E sta a noi decidere se continuare a recitare la parte della vittima impaurita nella loro commedia hollywoodiana o alzare il sipario sulla farsa.

Fonti

Il Messaggero; Affari Internazionali; Italia-Informa; Euronews; Avvenire; WilsonCenter; TheMoskowTimes; PIIE.

Dott. Pasquale Di Matteo

Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Una opinione su "LA RUSSIA DI PUTIN, MINACCIA O IN FALLIMENTO? LA PROPAGANDA FANTOZZIANA CHE CI VUOLE IN GUERRA CON UN’ECONOMIA AL TAPPETO"

  1. Bene ha fatto il dott. di Matteo a citare Le fonti perché altrimenti leggendolo qualcuno potrebbe dire che è una invenzione della AI. E dovrebbe essere così per tutti quelli che mettono nero su bianco i dati. Vanno bene anche le opinioni ovviamente ma è evidente che c’è una disparità nelle letture successive.

    Analisi perfetta, come al solito. Due piccole precisazioni.

    Il citato deficit di trilioni di rubli va forse rapportato al valore dell’Euro per farci una idea più precisa. Il rublo vale 0,011 euro oggi. Lascio a voi la matematica. È comunque un debito importante se rapportato in euro.

    Seconda precisazione su un “Orso Russo ” agonizzante. Gli animali feroci, che siano orsi, tigri, leoni quando si sentono minacciati e sapendo che vanno incontro a morte certa, prima di esalare l’ultimo respiro si difendono fino all’ultimo e magari in maniera non proprio coerente con le loro capacità.

    L’Orso Russo, dipinto come agonizzante, prima di cedere le armi, State tranquilli, combinerà le ultime ” marachelle “. Ed è lì che mi sembra possa diventare più pericoloso. Non credo che siamo ancora in questa fase ma non illudiamoci che ci sia una resa incondizionata e senza ulteriori danni per l’Europa e forse per il resto del mondo visto che la geopolitica è come un accumulo di interessi globali.

    Staremo a vedere.

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