Il rumore della propaganda è assordante, ma chi non si informa da più fonti ne viene ammaliato.
Un frastuono di notizie, accuse, inversioni di rotta e propaganda che definisce la nostra percezione della guerra in Ucraina.
Pale, muli, microchip, droni, sconfinamenti, attacchi ad aerei inesistenti, sabotaggi al Nord Stream spacciati per attentati russi, poi rivelatisi attentati ucraini, e adesso, persino il divieto di vendere bidet alla Russia.
Sembra una barzelletta, ma è una sanzione dell’Europa a Mosca. La stessa Europa che non batte ciglio per la violazione palese del cessate il fuoco a Gaza da parte di Israele.
Perché quello della propaganda europea non è caos, ma un’architettura comunicativa progettata per confondere, per distrarre, per mantenere l’opinione pubblica in un perenne stato di reattività emotiva e per costruire un nemico indispensabile per giustificare la sottrazione di miliardi al welfare da investire nel riarmo.
Puntando e sfruttando quella parte di popolazione meno incline a usare lo spirito critico.
Ma dietro questa cortina fumogena, come emerge dalla tagliente analisi dell’ex ispettore ONU Scott Ritter in conversazione con il Prof. Glenn Diesen, si dipana una logica ferrea, brutale e inesorabile.
Una logica che l’Occidente, intrappolato nelle sue stesse narrazioni, si rifiuta di vedere.
QUANDO LA GUERRA PER PROCURA SMETTE DI ESSERE TALE
Ci sono spettri nella macchina da guerra ucraina che parlano inglese con accento britannico.
Per mesi, abbiamo assistito a una narrazione semplificata: l’eroica Ucraina contro l’aggressore russo, sostenuta da un Occidente unito, ma distante.
Ritter, con la precisione chirurgica di chi ha passato la vita a decifrare le menzogne di stato e non a scrivere panzane su pale e microchip, squarcia questo velo.
Il recente rapporto dell’FSB russo, che accusa Londra di orchestrare attacchi contro infrastrutture strategiche russe, è semplicemente la pubblicazione di un copione che Mosca legge da tempo.
L’MI6 non è un semplice consulente, ma il burattinaio.
Ritter sostiene, con agghiacciante plausibilità, che i servizi segreti britannici abbiano di fatto assunto il controllo operativo del Presidente Zelensky, coreografandone non solo la sicurezza personale, ma anche la sua immagine pubblica, trasformando un leader in tempo di guerra in un’icona mediatica per il consumo occidentale.
E la vicenda del milione di sterline a Johnson non fa che avvalorare tale tesi.
Ogni apparizione dell’attore diventato presidente, ogni discorso, ogni richiesta appassionata è un pezzo di un teatro meticolosamente costruito.
Gli attacchi con missili Storm Shadow, il sabotaggio del Nord Stream, le incursioni sul ponte di Kerch, non sono atti di disperata improvvisazione ucraina, ma operazioni pianificate, facilitate e forse dirette da un attore distante da Kiev che gioca una partita molto più grande, usando l’Ucraina come scacchiera e i suoi soldati come pedine sacrificabili.
L’ILLUSIONE OCCIDENTALE DI UNA GUERRA A SCADENZA
L’Occidente vive secondo l’orologio delle elezioni.
Donald Trump, in questo senso, è il sintomo perfetto della malattia strategica occidentale. Il suo recente voltafaccia – dall’affrontare le “cause profonde” a un semplicistico “cessate il fuoco” – non è incoerenza, ma il riflesso di un approccio transazionale alla geopolitica, una mentalità da “exit strategy” applicata a un conflitto esistenziale.
Trump, come gran parte dell’establishment che critica, non comprende la profondità delle rimostranze russe. Non afferra che per Mosca, questa non è una disputa territoriale da risolvere con un accordo immobiliare, ma la conclusione di trent’anni di promesse infrante e minacce percepite alla propria sicurezza nazionale per colpa dell’allargamento a Est della NATO.
La Russia non gioca contro il tempo; gioca con il tempo.
Il suo calendario non è scandito dalle elezioni di medio termine o dalle presidenziali, ma dalla demografia, dalla capacità industriale e dalla volontà politica. Proporre un “cessate il fuoco” senza affrontare le questioni della neutralità ucraina e dell’architettura di sicurezza europea è come mettere un cerotto su una ferita da arma da fuoco.
È un gesto performativo, utile per una campagna elettorale, ma strategicamente vuoto. Putin ha già esplorato questa via, per poi vedere gli accordi traditi. Non ci ricadrà.
La stupidità, come diceva Einstein, è fare e rifare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.
OLTRE LA PROPAGANDA DEI NUMERI
Smettiamo di guardare le mappe. Iniziamo a guardare i cimiteri.
La vera natura di questo conflitto non si trova nelle frecce colorate che avanzano e si ritirano di pochi chilometri sui notiziari serali, ma nella guerra di logoramento.
L’Occidente, con la sua dottrina militare post-Guerra Fredda focalizzata su conflitti rapidi e tecnologicamente superiori, ha dimenticato la lezione fondamentale delle due guerre mondiali.
Una guerra di logoramento non la vince chi conquista più territorio nel breve termine, ma chi distrugge la capacità del nemico di continuare a combattere.
Ritter cita rapporti di perdite che, se anche solo parzialmente veri, sono catastrofici per l’Ucraina: 10, 20, a volte 30 soldati ucraini per ogni soldato russo.
Non sono numeri, ma generazioni ucraine perdute, il futuro di una nazione macinato in un tritacarne.
E il logoramento è duplice, perché la Russia non sta solo prosciugando la riserva di manodopera dell’Ucraina, ma sta metodicamente distruggendo le costose e limitate attrezzature fornite dalla NATO, costringendo l’Occidente a svuotare i propri arsenali.
In pratica, mentre le fabbriche di armi occidentali lottano per aumentare la produzione dopo decenni di de-industrializzazione, la base industriale della difesa russa è entrata in piena economia di guerra, producendo, secondo alcune stime, a un ritmo quattro volte superiore a quello dell’intero blocco NATO.
Stiamo inviando i nostri gioielli tecnologici a pezzi, così la Russia li sta trasformando in rottami a un costo irrisorio, usando proiettili d’artiglieria da poche migliaia di dollari, conservando i suoi arsenali di armi più avanzate e costose. È una strategia industriale, prima ancora che militare.
IL SIPARIO CHE CALA
La confusione, in ultima analisi, è un lusso che solo chi è lontano dal fronte può permettersi. Sul campo, la realtà è chiara. L’Ucraina sta collassando. Economicamente, demograficamente, militarmente.
L’Europa affronta una de-industrializzazione auto-inflitta e una crisi energetica che persisterà per anni. Gli Stati Uniti, guidati da un’élite politica che oscilla tra l’illusione ideologica e l’incompetenza manifesta, non hanno un piano B.
La Russia, al contrario, ha una strategia. Può non piacerci, possiamo demonizzarla, ma esiste.
È una strategia paziente, brutale, basata sulla consapevolezza della propria superiorità industriale e sulla volontà di sopportare un dolore che le società occidentali, abituate al comfort e alle soluzioni rapide, non possono più concepire e, prima o poi, si rivolteranno contro i loro padroni, quei leader che hanno dimostrato di essere nani politici.
Il rumore mediatico della propaganda continuerà. Ci saranno nuove “controffensive”, nuove “armi miracolose”, nuove ondate di sanzioni. Come la controffensiva risolutiva del maggio 2023, come gli F16, come gli ucraini dal perfetto inglese entrati in Russia, di cui non si parla più da oltre un anno.
Ma sono solo le convulsioni di un paradigma che sta morendo. Il vero dramma si svolge nel silenzio dei cimiteri ucraini e nella fredda logica delle fabbriche russe che lavorano 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
Ci è stato detto che odiare Putin è una politica.
Abbiamo scoperto che è solo il sostituto di una politica europea che non esiste. E nel silenzio che seguirà, quando il rumore cesserà e la polvere si poserà, potremmo finalmente essere costretti ad ascoltare la verità che abbiamo sempre ignorato.
E, per i tanti che ancora credono alle sciocchezze di chi ha spacciato per veri pale e microchip, sarà un risveglio brutale.
Potete accedere all’intervista del Prof. Gleen Diesen a Scott Ritter, ex Maggiore, Ufficiale dell’Intelligence, Marine degli Stati Uniti e Ispettore per le Armi delle Nazioni Unite, cliccando sul seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=2eIk0FB3oYI&t=326s

Dott. Pasquale Di Matteo
Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.




Una opinione su "IL SILENZIO STRATEGICO DELLA RUSSIA E IL CAOS OCCIDENTALE"