L’IMPERO AL CREPUSCOLO: LA PERICOLOSA FUGA IN AVANTI DI UN’AMERICA IN CRISI

Non è la sceneggiatura di un film distopico, ma la realtà che si dipana davanti ai nostri occhi.

Le parole, pesanti come macigni, sono state pronunciate a Quantico, centro nevralgico dell’addestramento militare americano.

L’ordine impartito ai generali non era di prepararsi per un fronte lontano, ma di addestrare le truppe a combattere “nelle città statunitensi”.

Questa non è più solo geopolitica, ma la cronaca inquietante di un impero che, sentendo scricchiolare le proprie fondamenta e il proprio dominio sul pianeta, inizia a guardare con sospetto alle proprie stesse strade.

È il sintomo più inquietante di una superpotenza che, incapace di accettare l’alba di un mondo multipolare, sta reagendo con una fuga in avanti disperata e irrazionale, una strategia del caos che si estende dall’Ucraina al Venezuela, fino al Medio Oriente.

IL FRONTE UCRAINO: UN’ESCALATION PARADOSSALE NEL CUORE DELL’EUROPA

La strategia occidentale in Ucraina sta entrando in una fase nuova e pericolosa.

Le notizie, confermate da fonti autorevoli come il Wall Street Journal e Reuters, parlano chiaro: Washington fornirà a Kiev l’intelligence necessaria per colpire in profondità le infrastrutture energetiche russe.

Sul tavolo c’è persino la fornitura di missili a lungo raggio Tomahawk.

È un azzardo che odora di disperazione. Perché si sta scegliendo di intensificare una guerra di logoramento che l’Occidente, semplicemente, non è più in grado di sostenere.

La realtà industriale è il grande fantasma che Washington e Bruxelles si rifiutano di vedere.

Gli Stati Uniti producono circa 50 missili Tomahawk all’anno e un migliaio di intercettori Patriot. Pare che possano arrivare al massimo a 200 missili ogni 365 giorni.

Numeri irrisori se paragonati alla macchina bellica russa, che sforna migliaia di droni di ultima generazione e ha riattivato un’economia di guerra su vasta scala.

Inoltre, a differenza della Russia, che, memore dell’Operazione Barbarossa, ha mantenuto “dormienti” intere filiere industriali oltre gli Urali, l’Occidente ha delocalizzato, affidando la propria sicurezza a un sistema di appalti che massimizza i profitti delle aziende private, ma è drammaticamente inefficiente in un conflitto prolungato.

Questa escalation, quindi, non nasce da una posizione di forza, ma da una pericolosa illusione, la convinzione che la Russia sia vulnerabile nel lungo periodo, nonostante gli evidenti avanzamenti sul campo.

È una scommessa che ignora i fondamentali economici e industriali della guerra moderna.

Senza dimenticare che, se sul suolo russo cadesse un missile americano, Mosca avrebbe il pretesto giuridico per usare armi atomiche per difendersi da un evidente attacco della NATO.

IL FIANCO SUD: RIAFFERMARE L’EGEMONIA NEL “GIARDINO DI CASA”

Mentre l’attenzione del mondo è rivolta a est, la bozza della National Defense Strategy americana indica una priorità chiara: l’emisfero occidentale. Il “giardino di casa” deve essere messo in sicurezza.

E fanno piani, proprio come in Germania gli ospedali di Berlino si preparano a curare prima i soldati e solo dopo i cittadini comuni, come scoperto dal quotidiano tedesco Berliner Zeitung. (In calce a questo articolo, troverai approfondimenti).

Non è un caso che i colloqui diplomatici con il Venezuela di Maduro siano stati bruscamente interrotti. L’amministrazione Trump, secondo fonti interne, sta ora valutando un’opzione militare diretta, un’operazione che potrebbe vedere un massiccio dispiegamento di forze nei Caraibi.

Ufficialmente, l’obiettivo è contrastare il narcotraffico, ma la realtà è un’altra: si tratta di un tentativo di riaffermare un’autorità che scricchiola, di eliminare un governo non allineato e di mandare un messaggio a chiunque, in America Latina, osi sfidare la dottrina Monroe.

La pressione sul Venezuela non è un evento isolato, ma un pezzo fondamentale del puzzle per restaurare un ordine unipolare ormai tramontato, ma che né Trump né i neoconservatori che controllano davvero gli USA hanno la cultura sociologica e geopolitica necessaria per capirlo.

IL MOTORE IMMOBILE: L’INFLUENZA ISRAELIANA E IL BERSAGLIO IRANIANO

Per comprendere il vero motore di questa frenesia globale, bisogna guardare al Medio Oriente, dove la politica estera americana non agisce in autonomia, ma sembra quasi in “subappalto”, profondamente condizionata dagli obiettivi strategici di Israele e dalla visione dei neoconservatori.

L’obiettivo finale, perseguito ossessivamente fin dal 1996, è uno solo: un cambio di regime in Iran.

Ogni mossa sullo scacchiere globale acquista un nuovo significato per obiettivi USA che sono chiari.

  • Indebolire la Russia, sostenere una lunga guerra in Ucraina, con la speranza di logorare il principale alleato militare e strategico dell’Iran.
  • Fornire armi a Kiev per colpire in profondità la Russia potrebbe spingere Mosca a ricambiare, magari fornendo ai suoi alleati (come l’Iran) tecnologie militari avanzate, creando così il pretesto per un intervento.
  • Il massiccio trasferimento di assetti militari americani (caccia F-35, sistemi di difesa THAAD, aerei cisterna) in Medio Oriente non è casuale. Gli USA stanno preparando il campo di battaglia per un attacco decisivo.

L’escalation non è caos, ma una lucida, terrificante preparazione che parte da lontano e che accomuna tutte le ultime amministrazioni.

LA DIAGNOSI FINALE: LA PAURA DI UN MONDO MULTIPOLARE

Questa strategia aggressiva e apparentemente illogica non è un’esibizione di forza, bensì il suo esatto contrario. È la reazione scomposta di un establishment che non riesce ad accettare la fine di un’era, il tramonto di 500 anni di egemonia occidentale e l’avvento inevitabile di un mondo multipolare.

La Russia e la Cina, insieme all’Africa, all’India e, in parte, al Sudamerica, non propongono un nuovo impero, ma un’architettura di sicurezza basata su un principio tanto semplice quanto rivoluzionario: l’indivisibilità della sicurezza.

Un concetto, nato a Helsinki nel 1975, che sancisce un principio fondamentale, secondo cui la sicurezza di una nazione non può essere costruita a discapito di quella del proprio vicino.

Questo è il modello che l’Occidente rifiuta, perché metterebbe in discussione il suo diritto auto-proclamato di decidere chi, dove, come e quando governa nel mondo.

In questo quadro, l’Europa è la vittima principale, una potenza economica sabotata dal suo stesso alleato, privata di energia a basso costo, industrialmente disarmata e ridotta a una federazione di vassalli senza una visione strategica propria.

Il cerchio, così, si chiude e ci riporta a Quantico, dove un’élite politica che vede fallire la propria pretesa di dominio globale non ha altra scelta che prepararsi a usare la forza per gestire il dissenso e il caos che inevitabilmente nasceranno in patria.

La vera sfida, oggi, non è più vincere la prossima guerra, ma avere il coraggio di accettare un mondo che è già cambiato, prima che la presunzione di un’eterna egemonia ci trascini tutti nel baratro di una terza guerra mondiale per cui gli effetti delle prime due saranno paragonabili a quelli di una lite condominiale.

Dott. Pasquale Di Matteo

Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

3 pensieri riguardo “L’IMPERO AL CREPUSCOLO: LA PERICOLOSA FUGA IN AVANTI DI UN’AMERICA IN CRISI

  1. È vero: l’iran è il peggior incubo degli Stati Uniti da quando c’è stato l’assalto alla sua ambasciata. Uccisioni e prigionieri dei diplomatici per molti giorni. l’America non ci fece una bella figura Ma quando la folla è aizzata difficile fermarla. Siamo stati abituati a pensare che Le ambasciate siano terreno straniero anche in paesi nemici. E quindi potevano godere di immunità diplomatica

    Ma se tutto nasce da lì dobbiamo rifarci ai giorni nostri quando, per ora l’unico obiettivo centrato, sembra essere quello a Gaza. Peraltro tutto da riscrivere, interpretare, seguire con apprensione. Ma è un primo dato di fatto. Toccherà anche all’Ucraina trovare una soluzione che arrivi da oltreoceano o finalmente l’Europa potrà mettersi in testa di svolgere un ruolo attivo e meno subalterno. Al di là delle fughe dei leader europei in via di esaurimento rispetto al consenso popolare che li ha collocati in quella funzione di comando nel proprio paese e rispetto alla delega che gli è stata data da chi è andato a votare per loro, assistiamo alla triste sceneggiata in Francia dove In pochi mesi sono stati cambiati quattro presidenti del governo e si sta ora aspettando il quinto, mentre in Germania uno stanco Mertz boccheggia e in Inghilterra, che non sarà più parte dell’Europa dopo la sua brexit ma che comunque sembra voglia partecipare ad un gioco globale, Starmer non sta meglio. È un po’ il gioco di Sparta e Atene. Nessuno vince e tutti hanno da perdere. Ma in Ucraina si aspetta ancora un intervento che non sembra, ripeto,venire dalla vecchia e stanca Europa. L’impero americano rinasce con le “vittorie ” a Gaza? Bene, visto che il premio per la pace 2025 non è andato a Trump, lui avrà ancora voglia di occuparsi di Ucraina senza patacche riconosciute in ambito mondiale come il premio Nobel a cui ambiva e sembrava essere destinato?

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