IL GRANDE RISVEGLIO

Il mondo guarda alla Silicon Valley per l’innovazione e a Wall Street per la direzione del vento, eppure, se volgiamo lo sguardo a Oriente, lo puntiamo verso il tragitto che faranno ingenti capitali nel prossimo futuro.

Verso un Paese che, per trent’anni, ha vissuto un lungo periodo di deflazione e stagnazione. Quel Giappone che si è svegliato. E non è un risveglio gentile, ma un cambio di paradigma.

Perché quanto che sta accadendo a Tokyo non è una semplice “correzione tecnica”, bensì la fine di un’era finanziaria.

LA MORTE DELLA DEFLAZIONE E LA PSICOLOGIA DEL MERCATO

Per quindici anni, dal 1998 al 2013, il Giappone è stato prigioniero della certezza che domani i prezzi sarebbero stati più bassi di oggi, condizione che blocca i consumi e uccide l’innovazione.

Oggi il quadro si è capovolto.

L’inflazione “sottostante” viaggia al 3%. Le aziende, storicamente riluttanti, aumentano i salari. Non è un caso.

La Banca del Giappone (BoJ) ha orchestrato un capolavoro di ingegneria finanziaria: ha lasciato correre l’inflazione post-Covid invece di soffocarla subito come hanno fatto Fed e BCE, perché aveva bisogno di questo shock termico per bruciare le vecchie aspettative deflazionistiche.

Ora, il governatore Kazuo Ueda si prepara a normalizzare la situazione. Il tasso di interesse, inchiodato a zero o sottozero per un’eternità, si sta muovendo verso lo 0,75% e oltre. L’obiettivo è un tasso “neutrale” dell’1% entro l’estate del 2026.

Sembra poco, in un mondo abituato ai tassi statunitensi. Ma per il Giappone, passare da tassi negativi all’1% è come passare dalla bicicletta a un Frecciarossa.

Significa che il denaro ha di nuovo un costo. E quindi, un valore.

IL PARADOSSO DEL DEBITO: PERCHÉ IL 250% È UN NUMERO BUGIARDO

La narrativa mainstream vi dirà di scappare dal Giappone perché ha il debito pubblico più alto del mondo industrializzato: il 250% del PIL e oltre.

È una lettura superficiale. Perché quel debito è quasi interamente interno. Inoltre, il debito “netto”, ovvero quello che rimane dopo aver sottratto la liquidità e gli asset finanziari detenuti dal governo e dai fondi pensione, crolla intorno al 130%. Siamo ai livelli dell’Italia, non lontani dagli Stati Uniti.

E, a differenza dell’Italia, il Giappone non ha sprecato il suo debito, ma lo ha usato per comprare asset che rendono più di quanto costi il debito stesso. È una leva finanziaria su scala nazionale. E con quasi metà dei titoli di stato in pancia alla stessa BoJ, e gran parte del debito detenuto dagli stessi giapponesi, il rischio di un default tecnico è, in termini pratici, inesistente.

Il mercato obbligazionario si sta adeguando al successo della reflazione, non al panico del debito.

LO YEN: L’ASSET PIÙ SOTTOVALUTATO DEL PIANETA

Goldman Sachs stima che lo yen sia sottovalutato del 30% circa.

Dall’era Abe, lo yen ha perso oltre il 40% del suo valore. È stato il carburante dell’export, certo. Ma ora è diventato un problema politico e sociale a causa dell’inflazione importata. Con il differenziale dei tassi che si restringe, la Fed taglia, la BoJ alza e la gravità farà il suo corso.

Lo yen è una molla compressa pronta a scattare, ma un apprezzamento della valuta non ucciderà l’economia giapponese; cambierà solo i nomi dei vincitori in borsa. Le multinazionali esportatrici soffriranno nel breve termine, ma il potere d’acquisto interno esploderà.

LA PARTITA A SCACCHI DI SANAE TAKAICHI E KAZUO UEDA

Siamo di fronte a una dinamica affascinante tra politica fiscale e monetaria. Da un lato, abbiamo la prospettiva di una politica fiscale espansiva sotto la leadership del Primo Ministro Sanae Takaichi, pronta a iniettare liquidità, aumentando il deficit “temporaneamente” per sostenere la crescita. Dall’altro, la BoJ che toglie il piede dall’acceleratore monetario.

Sembra una contraddizione, ma non lo è.

La politica monetaria si ritira per evitare bolle speculative, mentre la politica fiscale interviene per garantire che la transizione non faccia deragliare l’economia reale. È un equilibrio precario, certo. Ma se eseguito correttamente, porterebbe il Giappone a una “normalità” che non vede dagli anni ‘80.

COSA SIGNIFICA PER LE IMPRESE OCCIDENTALI

Banche e assicurazioni giapponesi sono i veri beneficiari del rialzo dei tassi.

Per anni, hanno prestato a margine zero. Ora, i loro margini di interesse netti sono destinati a espandersi drasticamente. Ed è lì che si trova il valore.

In secondo luogo, il rialzo dei rendimenti a lungo termine, in particolare sui 30 anni, creerà scosse. Non è il momento di essere lunghi su bond giapponesi a lunga scadenza, senza copertura.

Infine, c’è un rischio per le economie occidentali che pochi calcolano. I fondi pensione giapponesi detengono trilioni in asset esteri (USA, Europa).

Se i rendimenti in patria diventeranno attraenti e lo yen si rafforzerà, potremmo assistere a un rimpatrio massiccio di capitali, una situazione che drenerebbe liquidità dai mercati occidentali proprio mentre ne hanno più bisogno. Situazione tutt’altro che rosea per Europa e USA.

IL CODICE GIAPPONE

Mentre l’Occidente – in particolare l’Europa – combatte con mancanza di soldi e incertezze politiche, il Giappone applica al Paese una ristrutturazione aziendale, vedendo la fine della deflazione e valutazioni ancora ragionevoli.

Il Giappone non dorme più. Si sta stiracchiando. E quando un’economia da trilioni di dollari cambia direzione, la terra trama in tutto il mondo.

Dott. Pasquale Di Matteo

Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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