SCACCO ALLA REGINA. A RISCHIARE ORA SONO I FONDI PENSIONE E I CONTI DELLE AZIENDE OCCIDENTALI

Preparatevi a una grande guerra come quella che hanno vissuto i nostri nonni.

No, non solo perché è una frase folle detta dal Segretario della NATO, Rutte, ma perché a Bruxelles alzano la voce come chi ha paura. E c’è motivo di averne, perché, al di là della sicurezza con cui Kaja Kallas avverte Putin che «l’Europa resisterà alla Russia», Mosca può bloccare 300 miliardi di dollari delle aziende e dei fondi pensione occidentali.

E sarebbe il caso di chiedere ai cittadini europei se abbiano voglia di rinunciare a quei soldi – ammesso che sappiano che la Russia può bloccarli, – prima di mostrarsi spavaldi.

Dopo tante tarantelle sui 200 miliardi russi bloccati in Belgio, la Banca Centrale Russa ha sbottato e ha dato mandato ai suoi legali. Ma non si è limitata a un esposto; ha trascinato Euroclear davanti al Tribunale Arbitrale di Mosca. Per ora.

Il tempismo è perfetto, quasi diabolico. Siamo alla vigilia di quel 18 dicembre che dovrebbe sancire il destino di Kiev e il Cremlino ha appena fatto capire che l’Europa sta giocando col fuoco e il rischio di bruciarsi è elevatissimo.

L’ARTE DELLA GUERRA LEGALE E PSICOLOGICA

La vera guerra, quella che decide chi mangia e chi fa la fame, si combatte nei tribunali e sui bilanci.

Elvira Nabiullina, la governatrice della Banca Centrale russa, è una tecnocrate di altissimo livello e sa benissimo che non può fermare politicamente l’Europa, ma può spaventarla a morte. E in mano ha carte molto buone.

Intentando causa contro Euroclear, la cassaforte belga che custodisce la maggior parte dei quasi 200 miliardi di euro russi congelati, Mosca non cerca solo un risarcimento, ma il caos e la paura degli europei.

L’obiettivo è quello di frammentare il fronte europeo. La Russia sta dicendo a ogni singolo Stato membro, e in particolare ai banchieri terrorizzati del Belgio: «Se toccate quei soldi, vi trascineremo in un inferno legale che durerà decenni e vi costerà tanti, tantissimi soldi».

È una guerra di logoramento psicologico. Euroclear si trova ora con una pistola puntata alla tempia: da una parte la Commissione europea, con l’acqua alla gola e senza più soldi, che cerca disperatamente di finanziare la resistenza ucraina, dall’altra la certezza matematica di vedere i propri bilanci aggrediti da cause risarcitorie miliardarie. E non è un bluff. È il Diritto internazionale usato contro i suoi stessi creatori.

IL TREMORE DEL BELGIO E IL “CAVEAU” DI EUROCLEAR

Il Belgio è l’anello debole della catena e Mosca lo ha individuato con la precisione di un cecchino.

Immaginate, per un istante, di essere a capo del governo belga: ospitate un’istituzione come Euroclear, che detiene 185 miliardi di asset russi. Bruxelles vi chiede di usare quei soldi come garanzia per un prestito all’Ucraina.

Sembra facile, sulla carta. Ma nella realtà, sapete che il rischio di trovarvi costretti a pagare una montagna di soldi di risarcimenti è elevatissimo. E lo sa anche il premier Bart De Wever, che vive un incubo.

Se l’Europa forza la mano, Euroclear rischia di implodere sotto il peso di contenziosi infiniti, destabilizzando l’intero sistema finanziario europeo e non occidentale.

A quel punto, l’Europa si troverebbe nelle stesse condizioni di Hitler quando le cambiali Meifo, che servirono per finanziare il riarmo e la ripresa industriale, divennero insostenibili nel 1939.

Guarda caso, proprio l’anno in cui la Germania invase la Polonia e scatenò la più grande guerra mai vissuta sul pianeta, a oggi. Perché nessuna guerra è mai stata provocata da un pazzo, ma solo e sempre per denaro.

Per usare una metafora, la richiesta di von der Leyen di usare i fondi russi congelati è come entrare in un’ambasciata straniera e rubare mobili, computer, cancelleria, soldi.

Ed è una metafora azzeccata, così come è facile ipotizzare che il derubato non se ne stia con le mani in mano.

Se il Belgio cede senza garanzie blindate che Bruxelles fatica a dare, perché significa che tutti i paesi europei pagherebbero il conto, – e tutti i cittadini, anche tu – si espone a ritorsioni devastanti.

La causa avviata a Mosca è solo l’antipasto. La minaccia russa è quella di inseguire gli asset di Euroclear in ogni giurisdizione del pianeta, trasformando la clearing house belga in una giungla di cause in tutto il mondo. Ecco perché il Belgio frena.

Non per amore di Putin, come potrebbe ipotizzare il classico analista da trattoria in stile “Gigi il troione”, ma per paura della bancarotta.

Inoltre, Avvocati russi hanno riferito all’agenzia Reuters che migliaia di altre azioni legali potrebbero essere intentate da parte di privati contro Stati ed entità europee, e non solo in Russia, ma in tutto il mondo.

L’AZZARDO DI BRUXELLES: L’ARTICOLO 122 E LA FUGA IN AVANTI

Dall’altra parte della barricata, Ursula von der Leyen e la Commissione giocano d’azzardo. Hanno capito che l’unanimità è una trappola mortale, con l’Ungheria di Viktor Orban pronta a sabotare ogni mossa.

Dunque, la soluzione partorita dalla Presidente della Commissione sarebbe tirare fuori dal cilindro l’articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, una mossa audace, al limite della disperazione.

Permettere il voto a maggioranza qualificata aggirerebbe il veto di Budapest e Bratislava, trasformando il congelamento degli asset da una decisione semestrale precaria a una misura sine die, a tempo indeterminato.

È tecnicamente brillante, ma politicamente esplosiva e potenzialmente il peggior disastro della storia dell’euro.

Stanno cercando di blindare un prestito da 90 miliardi per Kiev usando come garazie beni che, legalmente, appartengono ancora a uno Stato sovrano. È come se pretendeste un prestito astronomico da una banca dando in garanzia azioni e case che non sono vostre, ma del vostro vicino.

In pratica, l’Europa vuole commettere un furto che potrebbe pagare carissimo, trovandosi costretta a restituire il bottino con gli interessi e a renderne conto alla giustizia internazionale e dei singoli stati.

In tale contesto, i mercati rischiano di allontanarsi dal Vecchio Continente, per diversi motivi, a cominciare da due in particolare: in primo luogo perché nessuno investe da chi ruba denaro degli altri. Oggi tocca ai soldi dei russi, domani chissà a chi altro.

Secondo, se l’Europa viene condannata e sarà costretta a pagare multe insostenibili, a rischiare sarebbero anche i capitali investiti o, comunque, il loro valore.

Il Commissario europeo per l’Economia, Valdis Dombrovskis, cerca di rassicurare i mercati, dicendo che «Euroclear potrà rivalersi sui beni russi», ma è la semantica priva di fondamento giuridico di chi non ha capito nemmeno il nocciolo del problema, e la verità è che stiamo navigando in acque inesplorate.

Nessuno ha mai tentato un’operazione di ingegneria finanziaria di questa portata. Un furto che l’Europa vorrebbe legalizzare.

LA RAPPRESAGLIA SIMMETRICA: I CONTI DI “TIPO C”

Ma attenzione, perché in questa partita a scacchi, ogni azione genera una reazione uguale e contraria.

La Russia non è inerme. Mentre l’Europa guarda ai 200 miliardi a Bruxelles, Mosca tiene in ostaggio circa 300 miliardi di dollari di investimenti occidentali nei cosiddetti conti di “Tipo C”.

Sono i soldi delle nostre aziende, dei nostri fondi pensione, – sì anche dei guerrafondai da divano – bloccati nella Federazione Russa dall’inizio del conflitto.

Se l’UE tocca gli asset della Banca Centrale, il Cremlino ha già pronto il decreto per espropriare tutto. E non si fermeranno alle aziende.

Il rischio concreto è che la ritorsione colpisca i privati cittadini europei, anche quelli che con la guerra non c’entrano nulla, innescando una catena di confische incrociate che riporterebbe il Diritto commerciale al Medioevo.

E i ricorsi dell’Europa sarebbero ridicoli, perché avrebbe innescato lei la cosa. Sarebbe il colpevole che querela se stesso.

La banca Sberbank ha già fatto i conti: ci sono miliardi di dividendi pronti per essere sequestrati. È la dottrina della “distruzione economica mutua assicurata”. E sono molti più soldi di quelli russi in mano all’Europa

IL CREPUSCOLO DEL DIRITTO O L’ALBA DI UN NUOVO ORDINE?

Guardando al Consiglio del 18 dicembre, la situazione è critica. L’Ucraina ha un bisogno disperato di liquidità entro marzo; senza quei fondi, il collasso economico e militare è una certezza matematica, al di là delle frasi da film hollywoodiano di Kallas e Rutte.

L’Europa deve scegliere tra due mali: tradire i principi dell’immunità sovrana e rischiare una crisi finanziaria e di sistema con il Belgio come vittima sacrificale, oppure lasciare Kiev al suo destino.

La causa intentata dalla Russia contro Euroclear non è un semplice atto giudiziario, ma un primo stiletto piantato nel petto dell’Europa.

Mosca scommette sulla nostra divisione, sulla nostra paura dei tribunali, sulla nostra incapacità di accettare che le vecchie regole del gioco sono finite.

Il 18 dicembre non decideremo solo un prestito. Decideremo se l’Europa è pronta a svendere la sua esistenza, i cittadini europei e le nostre imprese.

Il tempo è scaduto. E il denaro, come sempre, è l’unica arma che serve davvero.

E l’Europa di soldi non ne ha più, perciò la disperazione potrebbe prendere il sopravvento.

Ma si sa: chi è disperato non sceglie mai la via migliore.

Dott. Pasquale Di Matteo

Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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