Non è solo economia. È la fine della simbiosi finanziaria che ha retto l’Occidente per 40 anni.
Oggi, mentre l’attenzione collettiva è ipnotizzata dalla Fed e dalle promesse dell’intelligenza artificiale, l’infrastruttura del capitalismo mondiale sta scricchiolando in un luogo che abbiamo dato per scontato per decenni: Tokyo.
C’è un’anomalia in corso. Una di quelle che, se hai l’occhio allenato per la macro-storia, ti fa correre un brivido lungo la schiena.
Per la prima volta nella storia recente, i titoli di stato giapponesi e lo Yen stanno crollando simultaneamente.
Solitamente, questi due asset avanzano in antitesi, perciò, se uno scende, l’altro sale. Oggi, invece, cadono entrambi nel vuoto.
E non si tratta di un “aggiustamento di mercato”, ma di un urlo di dolore sistemico. È la spia rossa sul quadrante dell’economia globale che segnala una fuga di capitali e una sfiducia totale, che porteranno conseguenze sui vostri bilanci molto prima di quanto pensiate.
L’ADDIO ALLO “ZIO RICCO” D’ORIENTE
Per quasi quarant’anni, il Giappone è stato lo “zio ricco” e silenzioso dell’America.
Tokyo, gigante dell’export con surplus di cassa mostruosi, aveva bisogno di parcheggiare denaro; Washington, con la sua fame insaziabile di acquistare, aveva bisogno di prestiti a basso costo.
Il Giappone comprava debito USA, teneva basso lo Yen per favorire le sue Toyota e Sony, e l’America finanziava il suo stile di vita. Tutti vincevano. Fino ad ora.
Quello che stiamo osservando – e i dati iniziano a sussurrarlo – è che il Giappone sta vendendo.
Non sta ribilanciando. Sta liquidando miliardi di dollari di Treasury americani.
E sta vendendo perché lo zio ricco è andato in pensione e ha scoperto che la pensione non basta.
Il Giappone oggi ha bisogno di quei soldi in patria. Deve finanziare una difesa militare in espansione, sostenere una valuta che sta implodendo e pagare gli stimoli fiscali di una politica interna sempre più disperata e aggressiva (la cosiddetta Abenomics 2.0 spinta dalla nuova leadership).
IL CARRY TRADE: LA FINE DEL BANCOMAT GLOBALE
Avete mai sentito parlare del Carry Trade?
È stato il bancomat gratuito del mondo finanziario. Prendere in prestito Yen a tasso zero, convertirli in Dollari e comprare asset che rendono il 4% o il 5%. Soldi gratis. Liquidità infinita.
Un giochino che funziona solo se lo Yen è stabile e… “morto”.
Ma lo Yen si è svegliato. È volatile. È nervoso.
Se i tassi in Giappone salgono – e hanno appena sfondato il muro dell’1,7%, livelli pre-2008 – quel bancomat si chiude. E quando il bancomat chiude, la liquidità evapora istantaneamente dai mercati globali. Quello che abbiamo visto l’anno scorso, con crolli repentini dell’S&P 500, era un’anticipazione.
IL DEBITO COME ARMA NON CONVENZIONALE
Per la prima volta, i funzionari di Tokyo non parlano più delle loro riserve di Treasury USA come di un “investimento prudente” e hanno iniziato a usare termini diversi, come “leva negoziale” e “carta strategica”.
Questo è il vero cambio di paradigma. Il Giappone, messo all’angolo da una crisi demografica e fiscale, sta trasformando il debito americano da scudo finanziario a spada geopolitica. In un mondo dove chi urla di più ottiene attenzione, il Giappone sta sussurrando che potrebbe smettere di finanziare il debito pubblico americano. E questo sussurro fa più rumore di una portaerei, più paura dei missili atomici.
Se il compratore numero uno (il Giappone) si ritira, e il compratore numero due (la Cina) è un rivale strategico che sta già vendendo, – e l’Europa ha gravi problemi, impantanata nella guerra in Ucraina, – chi comprerà il debito USA?
Nessuno, se non a tassi di interesse molto più alti. Cosa che per gli USA, nazione con il più alto debito al mondo, significa tasse aumentate, tagli e crisi economica.
E tassi più alti significano anche che i mutui, i prestiti aziendali e il costo del capitale per le vostre aziende esploderanno.
Insomma, l’era del denaro facile è finita. Non perché lo ha deciso la Fed, ma perché lo ha deciso il mercato obbligazionario.
LA FRAGILITÀ DELL’ILLUSIONE TECNOLOGICA
Venerdì scorso, mentre molti erano distratti dal ponte, il CBOE si è bloccato.
Un intero mercato paralizzato. La causa? Un singolo data center andato offline.
Mentre ci esaltiamo per l’Intelligenza Artificiale e i suoi miracoli, dimentichiamo che poggiamo su infrastrutture fragili. E indovinate cosa serve per costruire quei data center robusti di cui l’IA ha fame? Rame. Argento. Palladio. Energia.
Ecco perché le materie prime stanno salendo mentre le valute tremano. Non è speculazione, ma fisica.
L’inflazione non è morta; si sta solo trasferendo dai servizi ai beni reali necessari per mantenere in piedi la baracca tecnologica su cui abbiamo scommesso il futuro.
STRATEGIE PER LEADER CONSAPEVOLI
Quindi, cosa deve fare un leader oggi?
Smettere di guardare le previsioni della Fed sui tagli dei tassi. Sono irrilevanti se il mercato obbligazionario decide diversamente. La Fed è “incastrata”: se non taglia i tassi delude il mercato azionario (che vive di aspettative), se li taglia con l’inflazione latente nelle materie prime, rischia l’incendio.
Dovete costruire posizioni Anti-Fragili.
- Monitorate il rendimento del decennale USA, perché è lui il vero elemento che determina il valore di ogni altro asset. Se sale violentemente, scappate.
- Osservate lo Yen. Non come valuta esotica, ma come canarino che vi avverte.
- Non ignorate le materie prime. Perché, in un mondo di debiti di carta che perdono credibilità, gli asset fisici industriali (non solo l’oro) diventano l’unica verità.
Il Giappone ci sta insegnando che la stabilità è apparente, spesso solo volatilità compressa. E quando quella molla scatta, non avvisa.
Non siate i passeggeri che guardano il panorama mentre l’autista sta andando a sbattere.


Dott. Pasquale Di Matteo
Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.





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