L’EUROPA DORME E CI SPINGE ALL’APOCALISSE “PREVENTIVA”. IL DELIRIO STRATEGICO DI UN OCCIDENTE CHE HA SCELTO IL SUICIDIO

Siamo seduti sulla banchina della storia, a osservare un treno merci carico di esplosivo che corre verso un muro di cemento, con i macchinisti che, anziché tirare il freno, stanno discutendo animatamente su come aumentare la velocità perché sono convinti di poterlo sfondare.

Non c’è altra metafora possibile per descrivere il momento di assoluta follia geopolitica che stiamo attraversando.

La rana non è più semplicemente nell’acqua che si riscalda, ma è più che bollita, la pelle si stacca, eppure continua a gracidare convinta di essere in una spa di lusso.

Le parole dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone al Financial Times non sono un semplice aggiornamento tattico e non sono nemmeno un’uscita infelice, ma sono la pietra tombale sulla dottrina difensiva che ha retto l’Occidente per settant’anni.

Quando il capo del Comitato Militare della NATO afferma che l’Alleanza sta valutando “attacchi preventivi” contro la Russia come forma di “azione difensiva”, siamo di fronte a una mutazione genetica delle basi del Diritto internazionale e siamo entrati nella follia pura.

È un artificio retorico degno di Orwell: l’aggressione diventa difesa, la speculazione diventa certezza, la guerra diventa l’unico strumento di pace. La follia diventa la nuova normalità.

LA TRAPPOLA SEMANTICA E L’ADDESTRAMENTO DELLE MASSE

È la tecnica della “finestra di Overton” applicata alla sopravvivenza della specie.

Ricordate il 2022? Ci avevano giurato che avremmo inviato solo elmetti e aiuti umanitari, tanto la Russia era al tappeto per le nostre sanzioni dirompenti e i suoi soldati combattevano solo armati di pale ottocentesche.

Poi sono arrivati i fucili. Poi i carri armati, ma “mai i caccia” dicevano.

Poi sono arrivati gli F16a, ma “mai missili a lungo raggio”.

Poi sono arrivati i missili, ma “solo sul territorio occupato”.

Oggi, con una naturalezza che gela il sangue, discutiamo di colpire Mosca preventivamente perché forse potrebbero attaccarci. La stessa nazione che combatte solo armata di pale e al tappeto per le nostre sanzioni dirompenti.

È un’escalation costruita sulla menzogna.

Ci dicono che dobbiamo essere “più aggressivi del nostro avversario” per rispondere a minacce ibride. Ma di cosa stiamo parlando?

Di due attacchi hacker e quattro droni assemblati con lo scotch?

Davvero siamo disposti a scatenare l’inferno termonucleare per questo?

La sproporzione tra la causa, – peraltro presunta e ingigantita, senza uno straccio di prova, – e la reazione proposta – la guerra nucleare totale – è il sintomo di una patologia decisionale che ha infettato i vertici di Bruxelles e dei comandi NATO.

Siamo in mano a persone da TSO.

IL FALLIMENTO LOGICO DELLA “SENTINELLA BALTICA”

L’ammiraglio cita l’operazione Baltic Sentry come un trionfo della deterrenza: “Abbiamo pattugliato, non è successo nulla, quindi funziona”. Ma è un insulto all’intelligenza, una fallacia di logica.

È come se io vendessi un sasso “anti-tigre” a un cittadino di Milano: “Vedi? Hai il sasso in tasca e non ci sono tigri in Duomo, quindi il sasso funziona”.

Ma ci sarà ancora qualcuno ai vertici occidentali con un briciolo – almeno solo un briciolo – di intelligenza?!

La realtà, molto più banale e meno utile alla propaganda militare, è che forse la Russia non aveva alcuna intenzione di attaccare in quel frangente. Ma ai militari, se dai in mano solo un martello, tutto il mondo sembrerà un chiodo.

Non stiamo parlando di filosofi, ma, con tutto il rispetto, di gente addestrata a uccidere. Non dimentichiamolo.

Il problema è che qui il “chiodo” è una potenza nucleare, e batterci sopra potrebbe far crollare l’intero edificio della civiltà occidentale. Motivo per cui urge l’arrivo di qualche filosofo che ci salvi dalla follia di chi,c come si evince, con la Geopolitica c’entra come i cavoli a merenda.

L’EUROPA: L’ULTIMO GIAPPONESE NELLA GIUNGLA

Ma l’aspetto più grottesco, quello che manifesta più di altro l’abisso intellettuale della nostra classe dirigente, è la posizione dell’Unione Europea.

Mentre a Washington, nel circuito del realismo trumpiano, si inizia a parlare di negoziati veri – che implicano inevitabilmente concessioni territoriali e lo stop all’allargamento della NATO – l’Europa si comporta come l’ultimo soldato giapponese nella giungla, combattendo una guerra che è già finita nei fatti.

Il Parlamento Europeo approva risoluzioni surreali che chiedono la vittoria totale e la confisca di 140 miliardi di asset russi.

È nichilismo puro. È ostruzionismo alla pace. Ed è la fine del futuro dei nostri figli, che saranno costretti a ripagare la Russia per decenni per gli illeciti dei nostri leader.

Ma al di là della violazione delle norme di Diritto internazionale, come ha lucidamente notato il premier belga De Wever, confiscare quegli asset allontanerà ogni accordo diplomatico ed è un suicidio finanziario, perché destabilizzerà l’euro e farà schizzare i rendimenti dei nostri titoli di stato.

Stiamo letteralmente pagando per scavare la nostra fossa, mentre gli Stati Uniti, con cinico pragmatismo, preparano la via d’uscita.

L’IPOCRISIA DEI “VALORI” E IL DOPPIO STANDARD

E dove sono questi sacri “valori occidentali” quando attivisti italiani vengono aggrediti brutalmente dai coloni in Cisgiordania?

Israele non ha infranto il Diritto internazionale? Non ha aggredito paesi sovrani? Netanyahu non è un criminale di guerra per la più alta corte internazionale, nonché ricercato in mezzo mondo?

Lì, il nostro governo e l’UE balbettano di sanzioni inefficaci, si limitano a “condannare” con voce flebile e complice.

Non si parla di attacchi preventivi contro chi viola il diritto internazionale in Medio Oriente, perché, come si evince, la violenza è tollerata. Contro la Russia, invece, la violenza è desiderata preventivamente.

Questa schizofrenia morale non sfugge al resto del mondo e sta distruggendo quel poco di credibilità residua che l’Occidente possedeva.

IL PREZZO DELLA PELLE ALTRUI

Siamo di fronte a una classe dirigente che gioca a Risiko con la pelle degli altri.

Parlano di “leva obbligatoria”, di “riarmo”, di “offensiva”, ma lo fanno dal sicuro dei loro uffici climatizzati a Strasburgo o Bruxelles e state pur certi che i loro figli e nipoti non vedranno mai né la leva né un teatro di guerra.

La verità è che l’Europa ha abdicato al suo ruolo storico di potenza diplomatica per diventare un vassallo “più realista del re”, spingendo per una guerra che nemmeno il Pentagono vuole più combattere in questi termini.

Disinnescare questa bomba richiede un atto di coraggio intellettuale che al momento non vedo perché non vedo politici con un minimo di spessore culturale per ammettere che la strategia è fallita.

Ammettere che la sicurezza non si costruisce minacciando l’apocalisse, ma riconoscendo gli interessi di sicurezza altrui e tornando al tavolo della diplomazia.

Se non fermiamo questo treno ora, l’attacco preventivo di cui parlano sarà ricordato dagli storici futuri (se ce ne saranno) come l’ultimo, tragico errore di una civiltà che ha scelto di morire per non ammettere di aver sbagliato.

Perché, un attimo dopo quell’attacco preventivo, il mondo occidentale verrebbe spazzato via dal più devastante degli attacchi nucleari e miliardi di persone sarebbero carbonizzate nel giro di pochi minuti.

Ma questo, evidentemente, è troppo difficile da capire per chi riesce a partorire sciocchezze illogiche di pale, microchip, attacchi preventivi, beatamente ancorato in una dimensione parallela.

Biden salutava amici immaginari ed evidenziava problemi mentali, ma, a giudicare certe prese di posizione, sembra non fosse quello messo peggio.

Dott. Pasquale Di Matteo

Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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