CACCIA GROSSA NEL MONDO DELLA MODA

Da quando qualcuno ha avuto il coraggio di parlare chiaro, nella moda si susseguono i richiami, i suggerimenti, le rivisitazioni. 

Il chiacchiericcio dei salotti buoni delle Maison sta lasciando il posto alle analisi per prendere delle decisioni che potrebbero anche ridefinire tutti i contorni finora praticati.

O buona parte di essi.

In questo intervento si parla degli ultimi 30 anni come epoca alla quale far risalire l’inizio della deformazione del comparto. 

È un lancio di concetti inevitabili dopo le variabili individuate, con l’incrocio dei dati dei tabulati di vendita e sulle analisi delle tendenze dei consumatori. 

Frazionando i consumatori e classificandoli secondo norma (gen z, baby boomers, silver gen,..), non sfuggirà che c’è una spasmodica necessità di individuare nuovi idiomi, nuove “sirene” per ammaliare un consumatore sempre più distratto o meno incline ad ascoltare il canto lusinghiero degli affascinatori. 

Sembra quasi che si giochi al contrario.

Una volta erano le maison che dettavano le regole della nuova stagione a cui i consumatori dovevano adeguarsi. Ora sembra che siano gli acquisti che informano cosa sarebbe giusto produrre e a quale criterio sarebbe corretto uniformarsi per realizzare qualcosa di vendibile e che arrivi subito al mercato.

Con buona pace dei bilanci e dei resti di magazzino che pesano anche per il pianeta perché comunque vanno smaltiti oltre che per i bilanci delle aziende stesse. E qui si direbbe: finalmente.

Chi fa le indagini di mercato per aiutare chi produce, arriva normalmente con un po’ di ritardo rispetto a quello che è già successo e viene recepito con altrettanto ritardo nella logica della catena di produzione.

Non va certo imputato a chi fa analisi di mercato e a chi tenta di rispettare quei risultati proponendo l’adeguamento con formule più o meno stratificate nella logica della propria visione aziendale. 

Il mercato poi cambia molto più rapidamente rispetto a chi fa analisi con dati che diventano obsoleti dopo poco tempo.  Quasi mai quello che cambierà domani mattina e che permetterebbe di anticipare  le linee produttive con evidenti grandi risparmi nella filiera, viene percepito ed adattato ai propri criteri produttivi con altrettanta rapidità. 

Quello a cui stiamo assistendo ascoltando i “formatori” sono concetti base da sviluppare. Ma sembrano anche lanci di ipotetici ganci per una nuova stagione produttiva.

Cioè da prodotto a benessere, a rappresentazione della autenticità, a simbolo di etica e mettiamoci pure tutti gli aggettivi di cui ci riempiamo la bocca oggi.

Se non li citi non sei nemmeno degno di bere un caffè al bar. Potrai solo disquisire del mancato Gol nel derby rimediato dalla tua squadra del cuore! E ti sentirai disperato, emarginato, fuori dal coro. Una nullità consumistica insomma. 

Passare dai bei vaporosi concetti proposti nei convegni di settore ad un esercizio produttivo concreto che tenga conto di tutto quello che “ti abbiamo insegnato”, non è problema da poco.

E allora avanti.

Perché la caccia grossa, che ti fa ragionare su tutto quello che sei e quello che fai, non è mai finita e non puoi permetterti di essere stanco perché altrimenti la macchina (la tua azienda) potrebbe iniziare a scricchiolare e la rottamazione potrebbe essere dietro l’angolo. 

Buona “caccia grossa” a tutti!

Intanto, potete approfondire come operano i cinesi e perché leggendo questo articolo: https://it.fashionnetwork.com/news/Perche-i-consumatori-cinesi-preferiscono-i-brand-locali-a-vuitton-e-gucci,1783337.html

Dott. Danilo Preto

Giornalista pubblicista, Scienze Politiche, Esperto di Comunicazione e arte concettuale.

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