IL CONTO SALATO DELLA GUERRA IN UCRAINA CHE L’EUROPA NON VUOLE VEDERE

Le persone comuni non lo sanno o, forse, non riescono ancora a quantificarlo.

Non vedono il nesso diretto tra il carrello della spesa, sempre più vuoto, e le decisioni prese dai leader europei. Non collegano le buche nell’asfalto delle loro strade con gli stanziamenti miliardari per le armi.

Eppure, il conto è arrivato. Ed è salatissimo.

La guerra in Ucraina è entrata in una nuova fase di logoramento. Non solo sul campo di battaglia, dove l’esercito ucraino è decimato da perdite spaventose e da una crisi morale che conta centinaia di migliaia di diserzioni.

Il vero logoramento è qui, in Europa. Un logoramento economico, politico e, soprattutto, strategico. È un’emorragia. E nessuno sembra avere la volontà, o la lucidità, di fermarla.

IL TEATRO DELLA SOLIDARIETÀ E IL PREZZO NASCOSTO

Mentre le televisioni ci mostrano il tour europeo di Zelenskyy, intento a chiedere, – quasi a pretendere in verità, – nuovi e più potenti armamenti, la narrazione ufficiale si concentra sulla “solidarietà necessaria”.

Ma dietro questa retorica si cela una realtà ben più concreta e drammatica.

I 178 miliardi di euro che l’Unione Europea ha già speso – una cifra tra le otto e le dieci manovre finanziarie italiane, per intenderci – non sono un atto di generosità, come qualcuno potrebbe pensare, dopo una lettura superficiale di ciò che accade. In realtà, sono un gigantesco affare.

Un accordo decennale con la Francia per cento caccia Rafale, sistemi di difesa aerea, droni. Questi non sono regali, ma commesse per l’industria bellica francese, pagate con i soldi dei contribuenti europei, erogati all’Ucraina affinché possa “fare spesa” proprio in Europa.

È un circolo vizioso perfetto, un capolavoro di ingegneria finanziaria dove il banco, che, in questo caso, è l’industria della difesa, vince sempre.

A perderci sono i contribuenti europei con il loro potere d’acquisto e intere generazioni di ucraini mandati al macero. Altro che “solidarietà agli ucraini”!

Nel frattempo, la richiesta di maggiore trasparenza sulla gestione di questi fondi viene sistematicamente ignorata, nonostante i tanti allarmi di queste ultime settimane.

Le agenzie anticorruzione ucraine che osano sollevare dubbi su una “mafia della guerra”, interna intenta a dirottare il denaro, vengono messe a tacere o delegittimate.

Ma la risposta di Bruxelles, anziché pretendere indagini serie, è inviare più soldi. È come tentare di curare un alcolizzato inondandolo di vodka, sperando che prima o poi si disseti.

Ma quale amministratore delegato continuerebbe a dare soldi a un partner commerciale che avesse fatto sparire soldi e prodotti?!

L’ECONOMIA DI GUERRA IN TEMPO DI (NON) PACE

Non che in casa nostra le cose vadano meglio.

L’Italia, fanalino di coda per crescita economica in Europa, con stime che rasentano lo “zero virgola niente”, con le stime dimezzate dalla previsione d maggio dello 0,7% a un più realistico 0,4, approva il dodicesimo pacchetto di aiuti militari.

Aiuti secretati, ovviamente. Perché il popolo sovrano… conta come la crescita economica: lo zero virgola niente, appunto.

Occhio non vede, cuore non duole. Ma il portafoglio degli italiani, quello sì che duole!

E mentre si finanziano armamenti, le nostre infrastrutture crollano.

Le liste d’attesa nella sanità pubblica si allungano a dismisura, costringendo quegli stessi cittadini le cui tasse finanziano la guerra a rivolgersi al privato, pagando due volte.

L’unica, vera occasione di rilancio, il PNRR, viene gestita… – sembrerebbe non essere gestita affatto, – con fondi spesi a pioggia senza una visione strategica, se non forse per opere faraoniche come il Ponte sullo Stretto, quando ci sono ponti e viadotti su cui ci si fa il segno della croce prima di attraversarli.

L’enorme indebitamento pubblico schiaccia ogni possibilità di politica espansiva interna, ma non sembra essere un ostacolo quando si tratta di sostenere lo sforzo bellico.

La pacchia per l’Europa, quella che secondo gli slogan elettorali dell’attuale maggioranza di governo doveva finire, non solo continua, ma prospera sulle nostre macerie economiche.

LA FRATTURA INTERNA: MORALE, CONSENSO E VERITÀ CENSURATE

La narrazione mediatica occidentale dipinge un’Ucraina eroica e compatta, ma la realtà sul terreno racconta un’altra storia. Il gradimento di Zelenskyy è in caduta libera, crollato del 40% in una sola settimana secondo fonti parlamentari ucraine, non secondo blog russi.

Un dato che riflette la crescente frustrazione di un popolo stremato e la consapevolezza di una corruzione sistemica che prospera anche durante il conflitto.

L’esercito è al collasso. Le perdite sono immani, il morale è a terra e il fenomeno delle diserzioni ha raggiunto proporzioni epidemiche. I soldati vengono mobilitati a forza, rastrellati per le strade, in un disperato tentativo di tappare le falle di un fronte che si sgretola sempre di più.

Questa non è affatto propaganda russa, come la propaganda occidentale sbraita ogni giorno, ma sono i segnali inequivocabili di un sistema che sta implodendo dall’interno, come si comprende ascoltando ciò che raccontano i parlamentari ucraini e l’informazione ucraina messa a tacere da Zelensky.

Ma guai a dirlo. Guai a mettere in discussione il dogma. Qualsiasi analisi critica, qualsiasi dato che incrini la facciata della narrazione ufficiale, viene immediatamente bollato come “guerra ibrida”, “disinformazione”, “propaganda del Cremlino”.

Si progetta un “Ministero della Verità” europeo per filtrare le notizie, in un delirio orwelliano che confonde il giornalismo con la propaganda di Stato. Perché per qualunque potere dispotico, il dissenso non è più un pilastro della democrazia, ma un’infezione da debellare.

Perciò, secondo questa logica, le persone critiche sono il nuovo male.

EUROPA, SENZA STRATEGIA, SOLO COSTI

Siamo di fronte a un bivio storico.

Continuiamo a versare miliardi in un conflitto che non possiamo vincere militarmente, indebolendo le nostre economie e sacrificando il nostro stato sociale, oppure ci fermiamo a riflettere e cominciamo a comportarci da adulti?

Qual è la strategia?

Spendere cifre colossali in armamenti, senza un esercito europeo, senza una politica estera comune, senza un comando unificato, è pura follia.

Significa delegare la nostra sicurezza e la nostra politica a potenze esterne, principalmente agli Stati Uniti, i cui interessi industriali ed economici sono i veri beneficiari di questo conflitto, sia a livello commerciale sia sotto il profilo geopolitico.

L’Europa sta finanziando la propria irrilevanza. Sta pagando un prezzo esorbitante per dimostrare una lealtà atlantica che nessuno le aveva chiesto in questi termini suicidi.

È un paradosso letale, per cui più spendiamo per questa guerra, più diventiamo deboli, poveri e, in ultima analisi, meno sovrani.

La vera “guerra ibrida” non è quella combattuta con le fake news, ma quella che stiamo conducendo contro noi stessi. Il vero nemico non è a Est, ma sulle nostre teste. I veri nemici degli europei sono quei leader le cui politiche vanno contro il nostro futuro. Contro ogni logica.

E sono anche quei giornalisti che hanno scelto di non informare più, ma di diventare megafoni del potere, come denuncio nel libri LA FABBRICA DELLA PAURA.

Dott. Pasquale Di Matteo

Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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