LA GUERRA DEI DUE VOLTI, IL COLLASSO UCRAINO E IL FANTASMA CHE RIARMA L’EUROPA

Mentre il fronte di Kiev si sbriciola sotto la pressione russa e la popolazione gela al buio, l’Occidente viene nutrito con la narrazione di una minaccia imminente per giustificare un riarmo da migliaia di miliardi.

Le due verità, però, non possono coesistere. Si tratta di una dissonanza cognitiva orchestrata, la più grande operazione di ingegneria del consenso dai tempi della Guerra Fredda.

C’è una verità che si misura in metri di fango conquistati e un’altra che si misura in miliardi di euro stanziati, due realtà parallele, due narrazioni inconciliabili che definiscono oggi il più grande conflitto sul suolo europeo dal 1945.

Da un lato, il gelo e il caos di un’Ucraina al collasso. Dall’altro, il rimbombo mediatico di una Russia pronta a invadere la NATO, ma senza che ci diano un motivo che non sia quello proposto da un eroe da grappino al bar.

“Domani.”

Una parola sola, lapidaria, pronunciata da un generale tedesco. La Russia potrebbe lanciare un attacco su scala ridotta contro un paese NATO. Domani. E un attacco su larga scala entro il 2029.

Questa affermazione, se non fosse tragica, rasenterebbe il ridicolo. Una comicità fantozziana.

È un capolavoro di comunicazione strategica, mirato a scuotere le coscienze e, soprattutto, ad aprire i portafogli. Ma cozza violentemente, brutalmente, contro la realtà che emerge dal campo di battaglia ucraino e dall’effetto “dirompente” delle nostre sanzioni.

Per comprendere questa dicotomia, dobbiamo sporcarci gli stivali e andare lì, dove la guerra è fatta di carne e acciaio, non di conferenze stampa e propaganda.

LA VERITÀ DAL FANGO: IL FRONTE UCRAINO AL COLLASSO

Le notizie che filtrano, persino da fonti ucraine come il blog DeepState, descrivono uno scenario apocalittico. I russi avanzano. Hanno preso Pavlivka. Stringono d’assedio Pokrovsk, un nodo strategico la cui caduta rappresenterebbe per Mosca il più grande successo militare da mesi, forse anni e indicherebbe la sconfitta definitiva per l’Ucraina.

La situazione per le truppe di Kiev è disastrosa.

E non lo scrivo io. Lo urlano i fatti.

Si parla di rinforzi inviati allo sbaraglio, di unità diverse, esercito, guardia nazionale, polizia militare, gettate nella mischia senza un briciolo di coordinamento. Tanto per fare numero perché non si sa più chi mandare.

Un caos totale. Un sacrificio umano consumato sull’altare della propaganda, con il solo, disperato obiettivo di dimostrare agli sponsor occidentali che si sta combattendo ancora. Che c’è ancora speranza. Che la resistenza continua.

Ma quale resistenza?

Mentre i soldati muoiono in trincee sguarnite, il resto del Paese è al buio. Letteralmente. I bombardamenti russi hanno devastato la rete energetica in modo sistematico, chirurgico. Intere regioni sono soggette a blackout controllati che durano 10, 12 ore al giorno.

Immaginate cosa significhi?

È la conservazione del cibo che diventa impossibile. È l’acqua che smette di scorrere. Sono gli ospedali che faticano a operare.

È una crisi umanitaria silenziosa, che si consuma nel freddo e nell’oscurità, lontana dalle telecamere che preferiscono immortalare la stretta di mano di un leader in felpa che stringe mani e scatta foto in cerca di soldi e di ulteriori armi.

Eppure, dai palazzi di Kiev, la narrazione ufficiale nega.

Nega l’accerchiamento. Nega il collasso. Nega la disperazione.

Si continua a chiedere armi e aiuti, certo, ma dipingendo un quadro di tenace e quasi eroica resistenza che i rapporti dal campo smentiscono ogni giorno.

IL NEMICO ALLE PORTE: LA FABBRICA DELLA PAURA E IL RIARMO EUROPEO

Ed è proprio qui, nel punto di massima debolezza dell’esercito ucraino e di massima fragilità dello Stato, che si innesta la seconda, paradossale narrazione. Quella per noi. Per l’opinione pubblica europea e americana.

La Russia, quella stessa Russia che impiega mesi per conquistare un villaggio fantasma, quella che secondo le fonti di Kiev perde quasi mille uomini al giorno, cioè 360000 uomini all’anno, quindi oltre 1 milione di uomini dall’inizio della guerra, quella che combatte solo armata di pale e ha i carri armati tenuti insieme da microchip smontati dalle lavatrici ucraine, sarebbe pronta ad attaccare l’alleanza militare più potente della storia.

E lo farebbe domani.

Ma questa è una sciocchezza ci proporzioni galattiche. Non è un’analisi degna di considerazione, ma solo la costruzione del nemico. Un’operazione psicologica su vasta scala per creare un senso di urgenza, di minaccia esistenziale. Una minaccia che, guarda caso, richiede una sola, costosissima risposta: il riarmo.

Gli annunci si susseguono, le scadenze cambiano, a seconda dei giorni, degli umori e delle voci, – 2026, 2027, 2029, 2030 – ma il messaggio di fondo resta identico.

Dobbiamo prepararci. Dobbiamo spendere.

Mark Rutte, che fino all’altro ieri lamentava la soverchiante capacità produttiva russa, oggi cambia spartito e dichiara trionfante che la NATO ha già superato Mosca nella produzione di munizioni.

Applausi a scena aperta.

Le nuove linee di produzione sono state aperte, ci dicono. Decine di nuove fabbriche. Stiamo producendo più che negli ultimi decenni.

Ma la contraddizione logica è palese, anche se viene ignorata. Se l’esercito russo è così inefficiente e logorato in Ucraina, come può rappresentare una minaccia credibile per la NATO? Se è così logorato, perché aprire nuove fabbriche di armi?

E se, al contrario, è così forte da minacciare la NATO, come mai l’Ucraina non ha ancora perso? Oppure, ribaltando il punto di vista: se la NATO è in grado di contenere la forza della Russia, come mai non ha ancora vinto in Ucraina, con i Patriot, i carri armati i satelliti, gli F16?

Insomma, da qualunque punto di vista, la narrazione della propaganda occidentale fa acqua da tutte le parti.

SEGUIRE I SOLDI: DALLO SVILUPPO ALLA DIFESA, LA GRANDE RIALLOCAZIONE

Ce lo ha insegnato Giovanni Falcone che la risposta si trova seguendo il flusso del denaro.

Ed è qui che il quadro diventa cristallino. La “triade europea” – Commissione, Consiglio, Parlamento – si è già accordata per riassegnare fondi precedentemente destinati allo sviluppo dei paesi membri.

Verso dove? Verso progetti di “dual use”, un elegante eufemismo per indicare tecnologie e materiali che servono tanto al civile quanto, e soprattutto, al militare.

Stiamo parlando di centinaia di miliardi di euro. Stiamo parlando di portare la spesa militare al 5% del PIL, una cifra che prosciugherebbe le risorse per sanità, istruzione e welfare e cancellerebbe l’economia sussidiaria per tornare a un’economia mercantilistica. Quella che ha condotto l’Europa alla Prima e alla Seconda Guerre Mondiali.

La guerra in Ucraina, o meglio, la narrazione della guerra in Ucraina, è diventata il più grande pretesto della storia moderna per un massiccio trasferimento di ricchezza pubblica verso il complesso militare-industriale.

L’armata russa “rotta”, che non riesce a vincere in Ucraina, diventa, per magia della propaganda, un’orda inarrestabile pronta a varcare i confini della Polonia. E l’unica salvezza è comprare più carri armati, più caccia, più proiettili.

Ovviamente, in gran parte dagli USA. Vuoi mettere?!

TRA REALTÀ E NARRAZIONE: L’EUROPA SULL’ORLO DEL PRECIPIZIO

Siamo intrappolati in un paradosso letale.

La sofferenza reale del popolo ucraino, la distruzione del Paese, il sacrificio dei suoi giovani e meno giovani mandati al macello in una guerra ormai insostenibile, vengono usati come carburante per alimentare una macchina propagandistica che ha un solo obiettivo: giustificare una spesa militare senza precedenti.

Non si parla più di pace. La diplomazia è una parola dimenticata, roba da complottisti e putiniani, quasi un’eresia.

L’unica soluzione proposta è l’escalation: più armi all’Ucraina per prolungare la sua agonia e più armi a noi per prepararci a una guerra che, a detta degli stessi leader, è inevitabile.

La vera minaccia per gli europei e per gli italiani non è l’orso russo alle porte, azzoppato e sanguinante. La vera minaccia è questa pericolosa dissociazione dalla realtà dei nostri leader, europei e italiani, la loro volontà di ignorare il collasso dell’Ucraina per inseguire i fantasmi di una guerra futura.

E mentre noi discutiamo su quando e come la Russia ci attaccherà, ma mai sul perché dovrebbe farlo, con quale obiettivo, con quali mezzi e quali soldi, c’è un intero popolo che, semplicemente, sta morendo di freddo, di fame e di bombe.

Oggi.

Non domani e non nel 2029 o nel 2030.

Dott. Pasquale Di Matteo

Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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