Si chiamava Chat Control.
Un nome mite, quasi amministrativo, per un’architettura di sorveglianza di una potenza senza precedenti, un grande controllo sulle idee che stava per diventare legge dell’Europa.
Nelle intenzioni, il suo intento era nobile, ma anche Mussolini e Hitler avevano intenti nobili. Nessuno nella storia ha mai avuto intenzioni non nobili nei confronti del proprio popolo.
E il chat control voleva proteggere i bambini dalla piaga indicibile della pedopornografia. Una causa talmente sacra da accecare, da giustificare quasi ogni mezzo. Compresa la censura alla libertà d’espressione.
Infatti, il mezzo proposto era l’apocalisse della privacy.
L’ANATOMIA DI UN MOSTRO TECNOCRATICO
Immaginate un postino a cui sia ordinato per legge di aprire ogni singola busta, leggere ogni lettera, esaminare ogni foto, prima di consegnarvela. Sarebbe un oltraggio, qualcosa di inaccettabile.
Ebbene questo postino stava per essere autorizzato dall’Europa, un postino algoritmo infallibile e onnipresente, installato direttamente dentro casa vostra, pronto a scrutare la vostra penna mentre scrivete.
Questo era il Chat Control.
La proposta era di un’arroganza tecnica terrificante. Per aggirare la barriera sacra della crittografia end-to-end, quella fortezza matematica che protegge i nostri scambi su WhatsApp, Signal e Messenger, rendendoli affari solo nostri, la Commissione aveva partorito il Client-Side Scanning, ovvero la scansione lato client.
In parole semplici, l’obbligo per le aziende tecnologiche di installare una spia governativa sui nostri telefoni.
Un confessore obbligatorio che avrebbe analizzato ogni nostra foto, ogni video, ogni link, prima che venisse sigillato dalla crittografia e spedito nel mondo.
Proprio come il postino nell’esempio che ti ha fatto venire i brividi.
Avrebbe trasformato ogni smartphone in un potenziale delatore. Avrebbe creato la più grande infrastruttura di sorveglianza di massa nella storia delle democrazie occidentali, un’arma che, una volta creata, avrebbe fatto gola a ogni regime, a ogni agenzia di intelligence, a ogni futuro tiranno desideroso di silenziare il dissenso.
Perché una backdoor costruita per cercare i mostri non si chiude quando li ha trovati, ma resta aperta. E attende solo un nuovo padrone con una nuova lista di cose da cercare, in nome del business e del dio danaro.
LA SORVEGLIANZA CAMBIA NOME, NON ANIMA
Il mostro, però, spaventava.
Il coro di proteste, levatosi sia dagli anarco-insurrezionalisti digitali sia dai più grandi crittografi del mondo, da aziende come Apple, da organizzazioni per i diritti civili e, soprattutto, da diversi governi, era assordante.
Allora, la presidenza belga del Consiglio, messa all’angolo, ha tentato la mossa del prestigiatore.
Via il Client-Side Scanning e benvenuta, Upload Moderation, Moderazione al caricamento.
Un capolavoro di neolingua orwelliana. La spia sul telefono non sarebbe più stata sempre accesa, ma si sarebbe attivata solo al momento della condivisione di un file. E, dettaglio squisito, solo con il “nostro consenso”.
Un consenso estorto, ovviamente. Meglio definirlo un ricatto.
“Vuoi continuare a inviare le foto dei tuoi figli ai nonni? Acconsenti a farle analizzare dal nostro algoritmo. Rifiuti? Ottimo, la tua app da oggi può inviare solo testo. Buona fortuna”.
Questa non è una scelta, ovviamente, ma una resa sotto minaccia. È la mercificazione di un diritto fondamentale, trasformato in una funzione premium a cui si accede cedendo la propria dignità digitale.
Il meccanismo tecnico sottostante rimaneva identico, il peccato originale intatto. Hanno solo cambiato il nome sulla porta dell’inquisitore, sperando che nessuno se ne accorgesse.
Per fortuna, tuttavia, non ha funzionato.
LA RESISTENZA INASPETTATA
Non sono bastate le pressioni, le negoziazioni a porte chiuse, l’appello emotivo alla protezione dei più deboli.
Una “minoranza di blocco” si è solidificata, un muro contro cui il progetto è andato a sbattere prima il 14 ottobre, quando la votazione sulla legge è stata rimandata a dicembre.
La Germania, memore dei fantasmi della Stasi, ha tenuto la linea, definendo la proposta una minaccia inaccettabile.
A lei si sono unite Francia, Austria, Polonia, Paesi Bassi. Nazioni diverse, con agende diverse, ma unite dalla consapevolezza che ci sono linee che non possono essere oltrepassate, perché il confine tra proteggere una società e controllarla è sottile, e Chat Control lo polverizzava.
Il voto, previsto come una formalità, è stato cancellato all’ultimo minuto.
Una ritirata strategica, non una sconfitta definitiva.
LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA? IL FUTURO INCERTO DELLA PRIVACY EUROPEA
Ora la bestia dorme, ma non è morta. Il dossier, scottante e velenoso, passerà nelle mani della prossima presidenza di turno, quella ungherese.
E quanto accade in Germania e in Gran Bretagna non fa sperare gli europei, come potrete leggere nell’articolo in fondo a questo che stai leggendo.
Abbiamo assistito a una battaglia cruciale per definire che tipo di società digitale vogliamo essere.
Una società che, in nome di una sicurezza assoluta e irraggiungibile, sacrifica lo spazio sacro della conversazione privata o una società matura, che capisce che la libertà è rischiosa, ma che la fiducia è il fondamento della comunicazione umana e che la lotta contro il male non può essere vinta trasformando tutti in sospettati?
La lotta contro la pedopornografia è una guerra santa che dobbiamo combattere con ogni mezzo legittimo.
Ma delegare la nostra coscienza a un algoritmo di sorveglianza, installare un guardiano della Stasi nelle nostre tasche, significa perdere un’altra guerra, quella per la nostra umanità e per le nostre democrazie.
La conversazione non è finita, dunque. È appena iniziata e ci riguarda tutti.
Perciò, aiutaci a restare in allerta.

Dott. Pasquale Di Matteo
Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.



