CON I MICROCHIP SMONTATI DALLE LAVASTOVIGLIE, HANNO COSTRUITO IL MISSILE NUCLEARE

MENTRE I NOSTRI LEADER DECANTAVANO LE SANZIONI DIROMPENTI CHE AVEVANO RIDOTTO LA RUSSIA A CERCARE RIFIUTI TRA GLI ELETTRODOMESTICI, MOSCA HA TESTATO UN’ARMA A PROPULSIONE ATOMICA. UN TRIONFO DELLA STRATEGIA OCCIDENTALE E UNA LEZIONE PER IL PENTAGONO: BASTA MILIARDI PER LA DIFESA, ANDATE DA MEDIAWORLD.

Signore e signori, compagni di sventura, cittadini dell’Impero del Bene, gioite.

Avevano ragione i guru del mainstream, i leader, gli esperti. Tutti quanti.

I generali da salotto televisivo, gli analisti geopolitici con l’abbonamento a Topolino per conoscere la storia, i ministri degli Esteri con la profondità strategica di un tweet, i nostri leader, quelli che ci guardano negli occhi promettendoci un futuro radioso, di pace armata e pagato a rate con le nostre bollette.

Soprattutto, avevano ragione i grandi giornalisti, quelli che ci dicevano «vedete, la Russia non ha più soldi, tant’è che è costretta a smontare microchip dalle lavastoviglie ucraine e a combattere con i soldati armati solo di pale dell’800.».

Avevano tutti ragione: la Russia è al collasso. Le sanzioni, quelle “dirompenti”, quelle “devastanti”, hanno funzionato alla perfezione.

(Poi, non si spiega come mai abbiano avuto bisogno di altri diciotto pacchetti di sanzioni da allora, ma il motivo sarà certamente aulico e non raggiungibile per noi comuni mortali).

Noi ridevamo, ma avevano ragione loro.

Ce lo hanno ripetuto fino allo sfinimento. Ricordate? I soldati russi, poveri diavoli, costretti a saccheggiare le cucine di Mariupol per trovare i preziosi semiconduttori della Bosch e della Candy, unico modo per far puntare un cannone altrimenti fermo. Un’epopea commovente. La vittoria della nostra superiorità morale, tecnologica ed economica.

Poi, nel bel mezzo di questa festa, è arrivata la notizia.

Una bazzecola. Un dettaglio trascurabile che gli stessi guru dell’informazione tengono sotto traccia, come fosse cosa da niente.

Mosca ha appena testato con successo il “Burevestnik”.

Un nome esotico per un aggeggio piuttosto banale, un missile da crociera a propulsione nucleare, con una gittata praticamente illimitata. Roba da poco. Ha volato per 15 ore filate, coprendo 14.000 chilometri, giusto il tempo di un caffè e un cornetto, vero?.

Putin, con la consueta modestia, lo ha definito “invincibile”. Difficile da intercettare, grazie a una traiettoria di volo imprevedibile.

A questo punto, anche le nostre piccole menti vacillano.

Ma come? Se sono ridotti a frugare tra i cestelli delle posate, come diavolo hanno fatto a costruire un’arma che sembra uscita da un film di fantascienza hollywoodiano, ma che purtroppo vola davvero?

La risposta, cari miei, è di una semplicità disarmante, accessibile persino a un editorialista del Corriere della Sera.

È ovvio: quel missile funziona con i microchip delle lavastoviglie. In pratica, è grazie alle sanzioni europee che Mosca ha potuto inventare questa nuova arma invincibile.

È la quadratura del cerchio. Un capolavoro di ingegneria Whirlpool.

Mentre i nostri cervelloni del Pentagono bruciano trilioni di dollari per sviluppare tecnologie che faticano a intercettare un drone degli Huthi, i russi hanno trovato il modo di alimentare un reattore nucleare miniaturizzato con il processore del ciclo “lana delicata” studiando i manuali d’istruzioni della Miele.

È un trionfo. Dovremmo essere orgogliosi. Le nostre sanzioni non hanno solo messo in ginocchio l’economia russa, ma hanno anche stimolato una creatività degna di MacGyver.

La lezione per l’Occidente è straordinaria.

Biden dovrebbe immediatamente tagliare i fondi a Lockheed Martin e Raytheon e investire tutto in una task force per saccheggiare i magazzini di Euronics. I futuri caccia di sesta generazione potrebbero essere guidati dal chip di un frigorifero No-Frost, che ha il vantaggio di mantenere fresco anche il pilota.

LA PROPAGANDA È L’OPPIO DEI POPOLI (E DEI GIORNALISTI)

Ora, usciamo per un istante dal reparto elettrodomestici e torniamo nel mondo reale, per quanto sgradevole possa essere.

Quello che Mosca ha fatto non è una dichiarazione di guerra. È qualcosa di molto più sottile e, per noi, molto più umiliante: sta mostrando i muscoli.

È un gesto plateale, un atto di comunicazione strategica che serve a dire al mondo, e soprattutto a noi europei, pagliacci adoratori dello Zio Sam: «Vedete? Mentre voi vi raccontate la favola del nostro crollo, noi continuiamo a sviluppare armi di cui non potete nemmeno sognare l’esistenza. E lo facciamo mentre sosteniamo una guerra su larga scala e la nostra economia, secondo voi, dovrebbe essere in macerie. Tutto mentre le vostre industrie annaspano e il vostro costo della vita aumenta.»

Non è un messaggio per Kiev, ma per Bruxelles, per Roma, per Berlino. È un calcio negli stinchi a chi, per oltre tre anni, ha basato la propria intera politica estera su un’assunzione tanto arrogante quanto falsa: la nostra superiorità economica avrebbe schiacciato la Russia in pochi mesi.

Previsione sbagliata. Analisi fallita. Risultato disastroso.

Il punto, vedete, non è se il missile russo sia una minaccia. Certo che lo è, come lo è ogni arma nucleare.

Il punto è l’uso che i nostri governi fanno di questa minaccia. Perché la brandiscono come una clava per terrorizzarci, per convincerci che l’unica soluzione sia un riarmo folle e inarrestabile. Per farci accettare che i soldi per la sanità, le pensioni, le scuole, debbano essere dirottati verso l’acquisto di armi.

Armi che, guarda caso, compriamo in gran parte proprio da chi ci spinge a sentirci minacciati. Un affare perfetto.

Il missile di Putin non colpirà mai le nostre case, perché un minuto dopo la Russia sarebbe bersagliata da armi atomiche. Ma il suo “effetto annuncio” sta già colpendo i nostri portafogli, il nostro stato sociale, il nostro futuro.

Ci stiamo impoverendo non per difenderci da un’invasione imminente, che esiste solo nelle fantasie di qualche stratega da talk show che ci raccontava di pale e microchip, ma per alimentare un’industria bellica che prospera sul conflitto perpetuo.

L’ARTE DI SBAGLIARE TUTTO E DARE LA COLPA A PUTIN

È la commedia dell’assurdo.

Prima ci dicono che Putin ha i giorni contati. Poi ci dicono che sta per invadere l’intera Europa con sette soldati senza divisa al confine estone.

Prima ci assicurano che l’economia russa è a pezzi. Poi la stessa Russia testa un’arma che richiede un livello di ricerca e sviluppo che noi, evidentemente, non riusciamo più a sostenere se non a costi esorbitanti.

E noi? Noi cosa facciamo?

Invece di chiedere conto ai nostri leader di questo cumulo di fallimenti strategici, di questa sequela di previsioni ridicole, di rivedere completamente l’informazione mainstream, che non ne azzecca mezza da anni, ci accodiamo al coro.

«Visto? Putin ci minaccia!».

Certo che ci minaccia. È il mestiere di un leader di una nazione minacciata da chi parla di riarmi e di annessioni ai suoi confini. Il problema è che i nostri leader, invece di fare il loro di mestiere, cioè garantire la nostra prosperità e sicurezza attraverso la diplomazia e l’intelligenza, fanno solo gli interessi delle lobby delle armi.

La verità è che l’unica cosa veramente “invincibile” e a “gittata illimitata” che vediamo oggi è l’incompetenza di chi ci governa e dei professionisti dell’informazione, capace di attraversare continenti e generazioni. Loro ci hanno messo in questo pasticcio, raccontandoci che si poteva vincere una guerra contro una potenza nucleare senza subirne le conseguenze. Al più, rinunciando al condizionatore.

Forse dovremmo smettere di ascoltarli.

E mentre loro giocano a Risiko con le nostre vite e i nostri soldi, a noi non resta che controllare la lavastoviglie.

Anzi, oltre al condizionatore, potremmo rinunciare alla lavastoviglie, alla lavatrice e ai forni.

Così, voglio vedere se i russi riusciranno a costruire ancora armi così sofisticate.

Dott. Pasquale Di Matteo

Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Una opinione su "CON I MICROCHIP SMONTATI DALLE LAVASTOVIGLIE, HANNO COSTRUITO IL MISSILE NUCLEARE"

Rispondi