Nella guerra di Israele contro Hamas, Iran, Siria, Libano, Yemen, hanno vinto tutti. In breve e non in maniera pedissequa.
Partiamo dal 7 ottobre 2023, quando i miliziani di Hamas sfondano le barriere protettive con Israele, uccidono 1200 israeliani e rapiscono 210 persone che poi diventano ostaggi. Stupri, decapitazioni, uccisioni indiscriminate, ma mirate colpiscono civili e militari israeliani.
Inevitabile, la rappresaglia israeliana, con conseguente invasione dei territori di Gaza, con bombardamenti indiscriminati che colpiscono inevitabilmente anche la popolazione civile generando una carneficina con oltre 60.000 morti.
Questo evento dà origine ad una escalation militare che coinvolge le milizie di Hezbollah con attacchi che partono dal Sud del Libano, colpendo anche la missione Unifil, dove sono dislocati i soldati italiani, con lanci di droni ed azioni belliche partite anche dal territorio dello Yemen e dell’Iran a difesa della causa palestinese.
Come si diceva, Israele ha bombardato la striscia di Gaza, lasciando sul terreno decine di migliaia di morti, secondo le stime del Ministero della Salute di Hamas.
La dirigenza dello stesso movimento ha comunque subito gravi perdite, ha preferito far morire i propri concittadini piuttosto che rimettersi ad un cessate il fuoco e riconsegnare gli ostaggi ancora in vita e i corpi dei deceduti per far cessare le armi e porre fine alla guerra con Israele.
Fino ai giorni nostri, per la verità fino ad oggi, 13 ottobre, con il rilascio degli ultimi ostaggi israeliani ancora in vita, e con il rilascio dei prigionieri di Hamas come contropartita, compresi 250 ergastolani, e soprattutto in attesa della seconda fase dell’esecuzione dei negoziati.
Quindi tutti i vincitori e nessun perdente. Siamo proprio sicuri che sia andata così?
Fra i vincitori vi è certamente il presidente degli Stati Uniti, Trump, che ha voluto fermamente questo risultato (ma i cui esiti finali sono tutt’altro che scontati e sicuri), convincendo Netanyahu e la Knesset, Il Parlamento monocamerale israeliano, che fosse la soluzione più conveniente per riportare a casa gli ultimi ostaggi ancora in vita.
Per quelli defunti ci vorranno ancora 14 giorni di ricerche in giro per la Striscia di Gaza per riconsegnarli alla pietà dei parenti.
Anche Netanyahu possiamo dire che sia fra i vincitori nonostante fosse compresso fra i ministri ultraortodossi del suo governo. Fra 1000 difficoltà, le sfuriate di Trump, che rischiava una ulteriore brutta figura dopo aver pensato che si potesse raggiungere un accordo di pace fra Hamas e Israele come fra Ucraina e Russia nel giro di qualche giorno, dopo il suo insediamento nello studio ovale, ora Netanyahu ne esce vincitore.
Era facile da prevedere che a Trump non sarebbero bastati un paio di giorni per risolvere le due vicende ormai incancrenite e molto pericolose soprattutto dal punto di vista politico.
Hanno vinto i paesi moderati arabi che hanno insistito per una accettazione del piano di pace in 20 punti proposto da Trump.
In primis Il Qatar, che ha ospitato molte tornate negative dei negoziati di pace, seguito dall’Egitto, che pure si è adoperato convintamente per fornire la propria mediazione e dove, va ricordato, passano i rifornimenti di viveri in superficie per la striscia di Gaza (e forse di armi che transitano attraverso i tunnel scavati da Hamas al confine con L’Egitto), e da un redivivo politico come Erdogan, il Presidente della Turchia.
Ma saranno presenti anche altri paesi come la Giordania, il Bahrein, l’Indonesia, l’Arabia Saudita, Gli Emirati Arabi UNITI, i primi ministri di mezza Europa, i plenipotenziari dell’UE, il primo ministro canadese, quello Armeno, quello Pakistano…
Hanno vinto i paesi europei che più sono stati vicini alla dimensione trumpiana rivendicando un ruolo anche per il dopo.
Al di là delle fughe in avanti inutili e spesso dannose, così come è stato per Macron, Starmer, Merz, Sanchez, forse, e qui oso, la vincitrice potrebbe risultare proprio Giorgia Meloni, paradossalmente, e in barba a Landini, il capo popolo italiano dell’ultima ora, con invenzioni di scioperi generali a favore di Hamas e non contro Israele, alla Sumud Flottilla…
Intendiamoci nessun “Osanna” per Meloni, ma c’è poco da scegliere in alternativa.
Meloni ha sempre mantenuto una visione coerente su questo tema ed è stata accusata da più parti di essere lo scendiletto di Trump. Ma Trump è il vincitore indiscusso, fino a questa tornata.
Quindi teniamoci la Meloni. Sembra che non ci sia niente di meglio. Ma se qualcuno preferisce Landini, Schlein o Conte, facciano pure. Intendiamoci, è una mia idea. Ma i fatti sono questi.
Nessuna giustificazione per i violenti che sono scesi in piazza, sbagliando, confondendo il target da colpire.
Viva gli oceanici cortei pacifici, magari senza bandiere di Hamas, che isolano gli infiltrati violenti.
Nessun perdente?
Pia illusione personale?
Penso proprio di sì. Purtroppo!
E allora chi sono i perdenti? Non vi viene in mente nessuno? A me sembra che siano più di 60.000 incolpevoli perdenti.
La vita ha ancora un prezzo?

Dott. Danilo Preto
Giornalista pubblicista, esperto di Comunicazione e di arte concettuale. Laureato in Scienze Politiche, ha gestito Comunicazione e rapporti istituzionali di grandi gruppi industriali e istituzioni.




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