EUROPA AL BIVIO. CHAT CONTROL, LA CURA PEGGIORE DEL MALE CHE VUOLE COMBATTERE

Bruxelles.

Il voto era fissato per il 14 ottobre, data cerchiata in rosso sui calendari di attivisti, ingegneri informatici e statisti.

Ma il voto al regolamento ribattezzato “Chat Control” è stato rinviato a dicembre, perché l’Europa, questa grande e fragile confederazione di storie e ideali, non è riuscita a guardarsi allo specchio e a decidere se vuole tornare a essere un faro della democrazia e dei popoli o proseguire sul controllo sociale in stile dittatura.

Non stiamo parlando di una direttiva secondaria, infatti. Stiamo parlando di una proposta che, con la nobile e inattaccabile scusa di proteggere i bambini, si prepara a installare un occhio onniveggente nelle nostre vite: le nostre conversazioni private e non solo.

IL CAVALLO DI TROIA NELLA NOSTRA TASCA

La chiamano “Child Sexual Abuse Regulation”, un nome rassicurante. Chi oserebbe opporsi?

Ma spogliata della sua veste retorica, la proposta della commissaria Ylva Johansson è un’architettura di sfiducia.

Un mandato, imposto per legge, che obbligherebbe ogni fornitore di servizi di messaggistica – da WhatsApp a Signal, da Telegram a Messenger – a distruggere il santuario che protegge la nostra intimità digitale: la crittografia end-to-end.

Il meccanismo è di una semplicità brutale.

Funziona così. Le aziende tecnologiche sarebbero costrette a integrare una “backdoor”, una porta di servizio, nel loro software. Una vulnerabilità deliberata.

Attraverso questa porta, algoritmi di intelligenza artificiale scandaglierebbero ogni singola parola, ogni foto, ogni video che inviamo. Anche quelli scambiati in una chat che credevamo sicura.

È l’equivalente digitale di un postino autorizzato dallo Stato ad aprire ogni busta, leggere ogni lettera, esaminare ogni fotografia di famiglia, prima di consegnarla al destinatario. Per la nostra sicurezza, naturalmente.

Questo non è un bug. È una feature. Uno spyware di Stato legalizzato, installato di default su miliardi di dispositivi.

E una porta di servizio, per sua stessa natura, non obbedisce a un solo padrone. Una volta creata, diventa un bersaglio. Per governi autoritari, per hacker al soldo del miglior offerente, per chiunque abbia le risorse per forzarla. Si apre una fessura per guardare i mostri e si finisce per spalancare un portale a tutti i demoni.

L’ILLUSIONE TECNOCRATICA DELLA SICUREZZA ASSOLUTA

Il vero dramma di Chat Control non è solo la sua natura invasiva, ma la sua profonda, quasi infantile, ingenuità tecnologica.

È il prodotto di una mentalità burocratica che crede di poter risolvere un problema sociale complesso, qual è la piaga degli abusi su minori, con una soluzione tecnologica totale. Una grave, pericolosissima sopravvalutazione delle capacità degli algoritmi.

Gli stessi addetti ai lavori suonano l’allarme. L’FBI, non esattamente un’organizzazione nota per il suo lassismo, ha avvertito il Parlamento Europeo: siamo già sommersi di segnalazioni, non abbiamo le risorse per gestire quelle attuali. Aggiungere un flusso indiscriminato di dati non aumenterebbe le nostre capacità di intervento. Li annegherebbe.

Il Chaos Computer Club, una delle più autorevoli comunità di hacker etici al mondo, ha fatto i conti. Anche con un ipotetico, e ottimistico, tasso di errore dell’1%, un sistema che analizza miliardi di messaggi al giorno produrrebbe decine di miliardi di falsi allarmi. Un rumore di fondo così assordante da rendere impossibile distinguere il segnale.

Non solo inutile, dunque, ma addirittura controproducente.

Si finirebbe per dare la caccia alla nonnina e allo zio che si scambiano foto private, a conversazioni ambigue tra amanti, a ironie fuori contesto tra amici, mentre i veri criminali, da sempre maestri nell’arte di eludere la sorveglianza, troverebbero nuovi e più oscuri canali per comunicare.

Stiamo costruendo la più grande rete a strascico del mondo per pescare un pesciolino, finendo per distruggere l’intero ecosistema marino.

IL MERCATO DELLA PAURA E LA SOVRANITÀ DIGITALE SVENDUTA

E qui, la lente si sposta dall’analisi sociologica a quella geopolitica ed economica. Chi costruirà questa colossale infrastruttura di sorveglianza?

L’Europa non possiede, oggi, la capacità tecnologica per farlo su questa scala. La risposta è ovvia: l’appalto finirebbe nelle mani dei giganti della Silicon Valley o di aziende collegate.

In un colpo solo, l’Unione Europea violerebbe i diritti fondamentali dei suoi cittadini e svenderebbe la propria sovranità digitale ad aziende private.

Affiderebbe le chiavi delle comunicazioni più intime di 450 milioni di persone a entità extra-comunitarie private, con tutte le implicazioni che ciò comporta in termini di spionaggio industriale e controllo geopolitico.

La verità è che Chat Control è l’apice di un modello di governance basato sul “mercato della paura”.

Si prende una paura legittima e sentita – la protezione dei più vulnerabili – e la si usa come leva per giustificare misure altrimenti inaccettabili. È un baratto avvelenato: cedete un pezzo della vostra libertà, e noi vi daremo un’illusione di sicurezza. Un’illusione costosissima, inefficace e che erode le fondamenta della società liberale.

L’ECOSISTEMA DELLA FIDUCIA: UNA VOLTA INFRANTO, IRREPARABILE

Forse è questo il punto. Il rinvio del voto e la spaccatura tra gli Stati membri, con la Germania contraria e un blocco ispano-francese a favore, non sono solo un intoppo procedurale, ma il sintomo di una frattura profonda.

La battaglia su Chat Control è una battaglia per l’anima del progetto europeo dei popoli e delle democrazie. Da un lato libertà e democrazia, dall’altro controllo totale, pernicioso e viscerale in stile cinese.

Una società dove ogni conversazione è potenzialmente sospetta è una società chiusa in una dittatura. È una società che inibisce il dissenso, che scoraggia la confidenza, che congela l’intimità.

Che ne sarà del giornalista che comunica con la sua fonte? Del paziente che si confida con il suo psicoterapeuta? Dell’avvocato che discute una strategia con il suo assistito? Che ne sarà di due amanti, di un genitore e un figlio, di due amici che si raccontano le loro paure più profonde?

Vivere sotto una presunzione di colpevolezza digitale cambia il nostro modo di essere umani. E cambia le regole del gioco, perché diventeremo tutti colpevoli e sorvegliati H24.

Il regolamento che gli stati membri dovrebbero recepire e convertire in legge non è stato approvato il 14 ottobre, ma non è stato nemmeno archiviato. Anzi, una nuova votazione è stata rimandata a dicembre.

La tregua è fragile. A dicembre, i leader europei saranno di nuovo chiamati a quella scelta. Sarà una scelta tra la scorciatoia autoritaria e il difficile, impervio sentiero della democrazia.

Tra la costruzione di un apparato di controllo digitale e la difesa di quello spazio di libertà, privato e inviolabile, senza il quale non può esistere né un cittadino, né una persona.

Tanto meno una democrazia.

Guarda la mia intervista sul tema su CrazyNet

Dott. Pasquale Di Matteo

Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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