Dite la verità, vi sentivate davvero in democrazia.
Pensavate che il progresso fosse una linea retta, che la sanità pubblica fosse un diritto acquisito, che lo Stato, nel momento del bisogno, fosse lì per voi. Per il nonno con l’anca rotta, per la madre che ha bisogno di una chemio, per vostro figlio con una brutta polmonite.
Con medici carini e coccolosi.
Ingenui!
Mentre noi ci baloccavamo con l’inflazione e le beghe di cortile, a Berlino, nell’efficientissima Germania, si preparava il futuro.
E non sembra un granché.
I giornalisti di “Berliner Zeitung” hanno scoperto che i tedeschi hanno scritto un documento, un capolavoro di ingegneria burocratica dal nome che suona come un ordine: “Rahmenplan Zivile Verteidigung Krankenhäuser Berlin“. “Piano quadro di difesa civile per gli ospedali di Berlino.”
Tradotto nella lingua della sostanza: “piano per farvi capire che, se scoppia la guerra, voi esseri umani, cittadini comuni, non contate più una beata fava”.
È tutto nero su bianco. Ventisei pagine di squisita, gelida programmazione teutonica.
La sostanza è semplice, quanto brutale.
Se arriva il “momento X”, quello che un generale zelante definisce come una situazione in cui “non siamo più in pace, ma non ancora in guerra”, gli ospedali cambiano mestiere. Non sono più luoghi di cura per la gente, ma diventano “officine” per riparare soldati.
Avete capito bene.
Il soldato ferito ha la priorità assoluta. Assoluta!
Voi, inutili civili, siete in fondo alla lista.
Siete un ingombro, un letto occupato, un costo.
Il piano prevede, testualmente, di “dimettere” o “trasferire” i pazienti comuni per fare spazio alla carne da cannone da rimettere in piedi e rispedire al fronte.
La chiamano Triagierung. Sembra una procedura medica avanzata, invece è solo il vecchio, caro triage di guerra, dove la domanda non è “chi sta peggio?”, ma “chi mi serve di più?”.
E voi, operai, impiegati, manager, avvocati, meccanici… non servite.
Questo non è un film e nemmeno una supposizione, ma la pianificazione meticolosa di uno Stato che, preparandosi al peggio, rivela la sua vera natura.
Il patto sociale è ormai un optional da tempo di pace.
Il giuramento di Ippocrate è diventato un semplice consiglio, non un obbligo. La dignità della persona è solo una variabile dipendente dallo scenario strategico.
E il bello è che ce lo dicono pure.
La dottoressa Angelika Claußen, una che evidentemente non ha ancora barattato la coscienza con la Ragion di Stato, lo dice chiaro e tondo: “Si tratta di un passaggio dalla medicina individuale alla medicina di guerra, con l’obiettivo di rendere i soldati nuovamente idonei al combattimento. La popolazione civile sarà l’ultima a essere considerata”.
L’ultima. Dopo i soldati, dopo le necessità logistiche, dopo la colla per gli stivali e le razioni per i combattenti.
Forse. Se i medici avranno ancora voglia e non saranno troppo stanchi. Tanto, se morite, non importa niente a nessuno. Se non siete soldati, non servite.
Anzi, se morite è meglio. Non darete più noia.
Quindi, tutte le volte che vi capita di leggere o di sentire in merito alla “difesa europea”, alla “preparazione”, alla “resilienza”, al “riarmo”, non pensate a soldati valorosi che vi proteggono.
Pensate a questo manuale per cui voi contate meno di zero.
Pensate al vostro letto d’ospedale che diventa merce di scambio. Pensate che la vostra vita, in caso di necessità, vale meno di quella di un soldato, perché lui è un asset, una risorsa.
Voi siete solo un costo e un problema.
E noi che pensavamo di esserci lasciati alle spalle le pagine più buie del Novecento.
Che illusi!
Aprite gli occhi.
E, nel dubbio, fatevi una scorta di bende e aspirina. Potrebbero servire.




Dott. Pasquale Di Matteo
Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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