L’architettura invisibile di un conflitto che tanti rifiutano di capire Un’analisi della co-belligeranza de facto che sta ridisegnando il futuro dell’Europa, un ucraino alla volta. Un cadavere alla volta.
La verità è scomoda e si nasconde sotto la superficie della narrazione mediatica, un corpo freddo che nessun leader europeo vuole dissotterrare.
Per tre anni, ci è stata servita una storia semplice, da scuola dell’infanzia: un aggressore e un aggredito.
Una democrazia eroica contro un impero malvagio.
Ma questa favola, per quanto rassicurante, si sta sgretolando sotto il peso delle sue stesse contraddizioni, e a fornirci il piccone per rompere la crosta non è un oscuro blog di propaganda russa, ma il tempio del giornalismo liberale americano: il New York Times.
E ciò che emerge è il racconto di una guerra completamente diversa. Una guerra pensata, preparata e gestita ben prima che il primo carro armato russo attraversasse il confine.
LA GENESI DI UN CONFLITTO ANNUNCIATO: LE BASI SEGRETE DELLA CIA
Dimenticate la favola della propaganda di casa nostra, la retorica dell’intervento d’emergenza.
La realtà, documentata dal Ner York Times è agghiacciante, e rivela che la CIA aveva già costruito e reso operative ben dodici basi segrete lungo il confine ucraino con la Russia.
Ben prima dell’invasione.
Ora, riuscite a immaginare cosa avrebbero fatto gli USA se la Russia avesse costruito proprie basi in Messico o in Canada?
E non si tratta di avamposti difensivi, ma di una rete capillare di centri d’intelligence e operazioni speciali, progettati con un unico, inequivocabile scopo: sostenere incursioni e attacchi destabilizzanti direttamente in territorio russo.
Questa non è una speculazione e non è un’ipotesi, ma un fatto.
Questo singolo dato demolisce l’intera impalcatura narrativa della “reazione” occidentale, perché trasforma un presunto atto di solidarietà in una calcolata mossa sulla scacchiera geopolitica.
Una provocazione strategica. Una preparazione meticolosa al conflitto che, inevitabilmente, sarebbe seguito e che dà ragione a chi, come noi, lo sostiene fin dal 2022.
L’ILLUSIONE DEI NUMERI: OLTRE 150 MILIARDI DI DOLLARI E UNA GUERRA PER PROCURA
Ci hanno parlato di 66 miliardi di dollari in aiuti. Una cifra enorme, certo. Ma la verità, ancora una volta, è un multiplo di quella menzogna ufficiale.
Il flusso reale di denaro e armamenti supera i 150 miliardi di dollari. Più del doppio di quanto ci hanno raccontato.
Una litania di morte che il New York Times elenca con precisione chirurgica: 500 milioni di proiettili, 10.000 missili anticarro Javelin, 3.000 Stinger, centinaia di obici, elicotteri, sistemi d’artiglieria avanzati.
Questo arsenale non serve a “difendere”, ma a perpetuare la guerra.
La propaganda ha fatto il resto, creando l’illusione che l’Ucraina, da sola, potesse vincere una guerra di logoramento contro una superpotenza nucleare.
È il modello della guerra per procura perfezionato per il XXI secolo: combattere fino all’ultimo ucraino, finanziando il coraggio altrui dal comfort di un ufficio a Langley o a Bruxelles. Un modello di business basato sui cadaveri degli altri.
IL COMANDO OMBRA: QUANDO IL CAMPO DI BATTAGLIA È GESTITO DA REMOTO
La rivelazione più devastante, tuttavia, riguarda la catena di comando.
Il Pentagono, la NATO, l’intelligence americana e britannica non sono semplici fornitori, ma sono la spina dorsale operativa dell’esercito ucraino.
Ogni mattina, in basi remote e sicure, ufficiali statunitensi e ucraini si siedono allo stesso tavolo, scelgono i bersagli, analizzano i dati dei satelliti, le intercettazioni, le informazioni in tempo reale. Decidono dove, come e quando colpire.
Non si tratta di consulenza, spiega il New York Times, ma di co-belligeranza de facto.
L’affondamento dell’incrociatore Moskva non è stato un colpo di genio ucraino, ma un’operazione di targeting eseguita con la precisione dell’intelligence americana.
Il bombardamento dei quartieri generali russi è stato possibile grazie a coordinate fornite da Langley.
È un videogioco geostrategico giocato con vite umane reali, dove il joystick è saldamente in mani occidentali, mentre il popolo ucraino paga il prezzo di ogni mossa.
IL COSTO UMANO DI UNA STRATEGIA FALLITA: LA FRATTURA ZELENSKYY-ZALUZHNYI E L’ORGOGLIO CHE UCCIDE
Questa strategia ha avuto un effetto psicologico letale. Ha nutrito l’hybris.
Ha convinto la leadership politica di Kiev che la vittoria militare totale non fosse soltanto possibile, ma addirittura inevitabile, rendendo ogni ipotesi di negoziato un atto di tradimento.
È in questa crepa che si è consumato lo scontro tra il presidente Zelenskyy e il suo capo di stato maggiore, il generale Zaluzhnyi.
Zaluzhnyi, l’uomo sul campo, capiva la brutale matematica della morte e del logoramento e vedeva la realtà senza i filtri della propaganda. Vedeva i suoi uomini morire per una vittoria irraggiungibile.
Zelenskyy, sostenuto dalla promessa di un supporto illimitato, non poteva e non voleva fare un passo indietro.
Il pragmatismo del soldato contro l’azzardo del politico, un dramma che ha portato alla rimozione del generale più competente, lasciando alla guida dell’Ucraina un comico usato come pupazzo dall’Occidente.
Il leader che incita i suoi uomini ad avere coraggio di morire, alimentato da chi non rischia nulla.
L’EUROPA AL BIVIO: NEGOZIARE O DIVENTARE CARNE DA CANNONE?
Oggi questo modello strategico è fallito. Il logoramento sta consumando l’Ucraina, e la Russia, nonostante tutto, avanza. Le sanzioni hanno causato danni economici all’Europa e limitato il potere d’acquisto degli europei, e basta dare un’occhiata alle bollette e all’aumento dei prezzi al supermercato per capirlo.
Le tante sciocchezze raccontate dalla propaganda, in merito a soldati russi armati solo di pale e costretti a smontare microchip dalle lavastoviglie sono state smontate dal tempo e dai fatti e non funzionano più.
Cosa resta?
Resta l’escalation.
Ma per cambiare le sorti del conflitto, alla NATO non basteranno più armi. Serviranno soldati. Americani ed europei. Un grande, insensato spargimento di sangue occidentale sul suolo europeo.
Ecco perché i vertici militari americani, e persino una figura come Trump, ora sussurrano la parola “pace”. Hanno visto il fallimento del loro stesso piano. Hanno capito che il prossimo passo è un abisso che ricorda il Vietnam.
E l’Europa?
L’Europa si trova nuda di fronte a una scelta che non può più rimandare.
Può continuare a essere il docile finanziatore di questa strategia fallimentare, preparandosi a diventare il prossimo “asset” da sacrificare sul campo. Oppure può riscoprire la propria sovranità e la propria vocazione.
Dovrebbe agire. Subito.
Dovrebbe avvicinarsi al nemico e trattare. Per gli europei. Per l’Ucraina. Per fermare il massacro.
Questa non è più una guerra tra Russia e Ucraina, ma il banco di prova del futuro del nostro continente. O ritroviamo il coraggio della diplomazia, o ci prepariamo a contare i nostri morti.
Ma per dare voce alla diplomazia, servirebbero leader all’altezza. E non si vedono leader nel Vecchio Continente.
Nei prossimi giorni, uno speciale su come e perché è nata la guerra in Ucraina.
FONTI: Adam Entus per il New York Times.; New York Times: Punti chiave della partnership militare segreta degli Stati Uniti con l’Ucraina.

Dott. Pasquale Di Matteo
Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.




Una opinione su "NEW YORK TIMES. LA STORIA SEGRETA DELLA GUERRA IN UCRAINA"