Qual è la verità dietro Gaza?
Alla vigilia del secondo anniversario dell’attentato terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, sarebbe bene cogliere tutti gli aspetti del genocidio che si compie a Gaza da due anni, cogliendo la verità che è lì, davanti agli occhi di chiunque abbia la dignità e la volontà di vedere.
Perché la verità urla. E lo fa attraverso immagini che squarciano il velo dell’ipocrisia e delle tante, troppe parole del politichese di chi si arrampica agli specchi per non staccare la spina all’amico Bibi.
Piccole barche a vela, cariche di cibo e incubatrici, senza armi, senza violenza, con l’unico intento di attivare un corridoio umanitario e di attirare quel clamore mediatico riservato solo all’Ucraina.
L’hanno chiamata “Freedom Flotilla”.
I suoi protagonisti sono stati definiti “provocatori” e irresponsabili. Eppure, fossero partiti su camionette alla volta di Kiev, sarebbero stati chiamati eroi che tentavano di portare un messaggio di pace a un popolo assediato, sfidando Putin.
In questo caso, invece sfidando un uomo, Benjamin Netanyahu, che un tribunale internazionale vuole processare e che si crede Mosè, ma contro i cui i leader europei non sono ancora riusciti a emettere una sola, misera sanzione.
Questa non è una storia di buoni contro cattivi, ma una vicenda molto più oscura, una storia di interessi inconfessabili, patti scellerati e bugie sistematiche che hanno trasformato una terra martoriata in un cimitero a cielo aperto. E per capirla, dobbiamo seguire il denaro, come ci ha insegnato Falcone. E, in questo caso, il gas.
“IRRESPONSABILI” EROI E LA MEMORIA STORICA CHE L’ITALIA DIMENTICA
A Genova, vicino allo scoglio di Quarto, un monumento celebra mille “irresponsabili” che fecero l’Italia.
Erano provocatori, sovversivi per chi deteneva il potere di allora. Gli stessi Carabinieri sarebbero stati considerati disertori e traditori, se avesse prevalso il fascismo.
Oggi, chi tenta di portare aiuti umanitari viene marchiato con lo stesso disprezzo da chi detiene il potere. Ma la storia, per chi la studia, ovviamente, è lì a ricordarci che, a volte, per cambiare le cose, bisogna essere irresponsabili per forza.
E il mondo sembra averlo capito.
Mentre l’Italia si nasconde dietro un’assordante neutralità che fa sempre più rima con complicità, 157 Paesi delle Nazioni Unite su 193 hanno già riconosciuto lo Stato di Palestina.
Due popoli, due Stati. Suona bene e sarebbe la cosa più logica.
È una richiesta di giustizia che rimbalza nelle piazze di Roma e Milano, riempite da una folla che l’Italia non vedeva da anni, ma che le stanze del potere si ostinano a non voler ascoltare, puntando gli occhi solo sui soliti facinorosi che colgono ogni occasione per spaccare vetrine e dare sfogo alla loro nullità.
IL PIANO DI PACE DEI PIROMANI: IL PARADOSSO TRUMP-NETANYAHU
Poi, arriva il piano di pace. Scritto dai piromani per spegnere l’incendio che loro stessi hanno appiccato.
Benjamin Netanyahu e Donald Trump, l’architetto della guerra e il suo più grande sponsor, hanno redatto le regole per la pace. Da soli. Escludendo l’altra parte. Mentre si attendeva la risposta di Hamas, Israele faceva saltare il tavolo delle trattative in Qatar.
Non in senso figurato. Lo ha fatto saltare in aria, bombardando i funzionari di Hamas a Doha, proprio lì dove si negoziava una tregua.
Come può un dialogo sopravvivere quando una delle parti uccide i negoziatori dell’altra? Non può. E forse, non doveva.
LA RIVELAZIONE: NON È LA STRISCIA DI GAZA, MA LA “STRISCIA DI GAS”
Perché questa guerra non riguarda solo la terra. Riguarda ciò che si trova sotto il mare.
Il piano di ricostruzione post-bellico, secondo il progetto di Trump, verrebbe affidato a un uomo: Tony Blair. L’idea è trasformare la Striscia in un resort di lusso. Ma perché proprio lui?
La risposta gela il sangue. Perché al largo delle coste di Gaza si trova un’immensa ricchezza. Si trova una quantità enorme di gas.
Tony Blair, l’ex premier britannico, è uno dei principali sponsor della British Petroleum. Una compagnia che, con macabro sarcasmo, alcuni hanno ribattezzato “Blair Petroleum”.
Il quadro, improvvisamente, si fa chiaro. Terribilmente chiaro. Non si combatte per la Striscia di Gaza. Si combatte, e si muore, per la Striscia di Gas.
Decine di migliaia di innocenti, tra cui tantissimi bambini, potrebbero essere stati uccisi per il controllo del gas.
Una condizione per cui bisognerebbe interrogarsi tutti su cosa significhi democrazia e su chi sia davvero buono e chi cattivo, chi terrorista e chi più terrorista ancora.
IL PATTO SCELERATO: NETANYAHU, IL PADRINO DI HAMAS
Ma è qui che la storia assume i contorni di un tradimento cosmico. Perché l’attacco del 7 ottobre è stato un atto orrendo e criminale, ma chi ha messo Hamas nella posizione di compierlo? Chi ha armato la mano del mostro?
Le prove, schiaccianti, puntano in una sola direzione: Benjamin Netanyahu.
E le accuse non arrivano solo da personaggi considerati anti israeliani, ma direttamente da Ehud Olmert, ex Primo Ministro di Israele, che lo ha dichiarato nel 2023 senza possibilità di smentita: “Negli ultimi 15 anni Israele ha fatto di tutto per declassare l’Autorità palestinese e per rafforzare Hamas. Bibi ha fatto un accordo con il Qatar e hanno iniziato a spostare milioni e milioni di dollari a Gaza”.
La strategia era diabolica: finanziare il nemico estremista per indebolire l’interlocutore moderato, l’Autorità Palestinese, e rendere così impossibile la soluzione dei due Stati. Uccidere la pace sul nascere, alimentando l’odio.
E se una confessione di un ex premier non bastasse, c’è la prova video più recente e inconfutabile. Nel parlamento israeliano, l’ex ministro Avigdor Lieberman si è alzato in piedi, puntando il dito contro Netanyahu seduto di fronte a lui, e urlando con rabbia “TU PERSONALMENTE HAI ORGANIZZATO IL TRASFERIMENTO DEI SOLDI DAL QATAR AD HAMAS! QUESTO ERA IL TUO ORDINE PERSONALE!”
Netanyahu è rimasto impassibile, in un silenzio più colpevole di qualsiasi ammissione.
E allora, come si può non capire perché la gente scenda in piazza?
Oltre 50.000 bambini uccisi o feriti. “Orrori inimmaginabili”, denuncia l’UNICEF. Più dell’80% delle vittime sono civili. Interi quartieri cancellati dalla faccia della Terra.
Una commissione indipendente delle Nazioni Unite ha usato la parola terribile, quella che molti in Italia non riescono a pronunciare.
“Genocidio”.
Dicono che per parlare di genocidio non basti uccidere migliaia di civili, ma serva la “volontà di sterminio dichiarata apertamente”.
Ebbene, come abbiamo ricordato nell’articolo di ieri, il ministro israeliano Smotrich ha dichiarato: “Annientamento totale di Gaza, mi offro come boia”.
Il ministro israeliano Ben Gvir: “I palestinesi meritano solo una pallottola in testa”.
La volontà non è solo dichiarata, ma è urlata al mondo con arroganza.
Di fronte a questo, il primo passo per restare umani è chiamare le cose con il loro nome. Perché non si tratta più di una guerra, ma di un genocidio. E si consuma davanti ai nostri occhi.
E non si compie perché c’è stato il 7 ottobre.
Si compie per il gas.
E ripensare a cosa accadde settant’anni fa con il gas e con un altro sterminio non fa che rendere ancora più macabro e disumano restare silenti di fronte all’orrore.

Dott. Pasquale Di Matteo
Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.



