Passata da poco la Milano fashion week. Ora siamo in piena Parigi fashion week. Cosa cambia? Niente e tutto.
Niente perché abbiamo assistito ad una rivisitazione di stili molto datati ma che hanno fatto nel tempo il successo delle Maison.
Possiamo dire che rappresentano le novità? A me sembra piuttosto che sia una profonda crisi di identità e di idee.
È come quando si dice che la musica ha sette note e quindi non c’è più nulla da inventare. Sappiamo bene che non è così.
Nel caso della moda, soprattutto quella che si è presentata a Milano ed ora a Parigi, a parte le presentazioni delle collezioni proposte dai nuovi stilisti “riciclati”, c’è da notare una recrudescenza di nuovi brand.
È una speranza o è solo una apertura a nuovi attori di mercato che incontreranno le stesse difficoltà. Ma non rappresentano ora una novità stilistica.
PERCHÉ TUTTI HANNO DIRITTO DI DIRE LA LORO VERITÀ. ANCHE SE È STATA GIÀ VISTA DECINE DI ANNI FA.
Con la presenza di nuovi brand si potrebbe dire che la moda non è in crisi. Purtroppo non è così. Certamente è cambiato il target.
ORA SI PARLA DI SILVER GENERATION
Avete capito bene. Non si guarda più ai giovani ma alla generazione degli over 50 che può esprimere ancora un mercato interessante e che sembrava essere sottovalutato.
Ci si è accorti, stranamente solo ora, che quella categoria di clienti possiede moneta, è più stabile ed è disposta, sovvertendo le regole imposte negli ultimi anni, di essere disponibile anche a ritornare nei negozi tradizionali.
LA FINE DEGLI ORDINI ONLINE?
Quindi bisogna riadattare lo stile di vendita riconvertendo stanche e sbadate commesse, verso nuove e più utili individuazioni di accoglienza in negozio in grado di rintracciare da subito le volontà e i desideri di questa generazione opulenta, disincantata e disponibile.
Non è una mia invenzione. Ce lo dicono le indagini di mercato e le statistiche di vendita.
Tranquilli, I giovani non verranno lasciati soli e saranno sempre “cacciati” dalle maison proponendo concetti più vicini al Green e al fast fashion sopportabile, in barba alle scorie che saremo costretti a sopportare e provare a smaltire in un futuro non troppo lontano.
La silver generazione è stanca del greenwashing raccontato in maniera impropria e a volte falsa. È più matura, ha più soldi da spendere ed è disincantata.
A quell’età ormai è preparate a capire che il surplus che viene pagato per una finta offerta Green è solamente un furto ben confezionato, impacchettato e offerto ad un target più incline a farsi influenzare dai miti della Green Generation (GG). A cui loro non appartengono più.
La GG, a volte, non sembra tanto scafata da distinguere le vere opportunità proposte di moda in tema di difesa dell’ambiente, dai finti miti contrabbandati come salute ambientale globale.
Intendiamoci. Non è sempre così ma le ultime “scoperte” di filiere produttive non propriamente etiche, l’utilizzazione di manodopera a basso costo nei paesi del terzo mondo, l’utilizzazione di prodotti fortemente inquinanti e la mistificazione di ricompense social per ripagare lo scempio generato nei paesi in via di sviluppo, hanno fatto aprire gli occhi a molti consumatori che non sono più disposti a pagare un sovrapprezzo indebito.
Nella moda, al ritmo attuale di crescita, nel 2030 avremmo un fatturato di 1,78 triliardi di dollari con una sopportazione di 700 milioni di tonnellate di scorie produttive da smaltire. Sempre in quella data, il second hand varrà 26 milioni di dollari.
Se è così, e sembra proprio essere così, il ritorno al passato della moda milanese e parigina è un sintomo di calmieramento rispetto alle esagerazioni estetiche a cui abbiamo assistito negli anni passati.
La silver generation vuole essere rassicurata su molti fronti. Il primo è certamente il richiamo ad una sobrietà lontana dalle stravaganze stilistiche a cui ci avevano abituato e che forse ci eravamo adattati a subire. Forse inconsapevolmente.
INSOMMA UNO STILE TUTTO GIORGIO ARMANI. SEMPRE DI MODA E SEMPRE ATTUALE
Un bel traguardo. In un mercato che vede sempre di più in Giappone Corea del Sud, Brasile, India paesi famelici di moda con consumatori intenti a recuperare il gap di offerta che “hanno subito” involontariamente negli ultimi decenni.
Anche in questi paesi varranno le scelte della silver generation? Sono convinto che a maggior ragione sarà così. Quindi chi si stupisce che a Milano e Parigi siano ricomparsi stili e rivisitazioni già presenti nel passato, avrà capito il motivo di queste scelte.
Vendere è l’imperativo di ogni azienda.
E per vendere, se non si hanno a disposizione le indagini che ti dicono qual è il tuo target attuale e capire come si sposta il tuo potenziale cliente, puoi anche decidere di chiudere bottega. Tanto prima o poi capiterà. Perché le tue fantasie estetiche non avranno più spazio in un mercato rivoluzionato. E finalmente maturo.
Poi lasciamo che l’eccentricità faccia comunque il suo corso. Ma non parliamo di mercato né di moda. Perché, come si diceva una volta, l’arte non è acqua. Il bicchiere va bevuto riempiendolo con ottime e sostanziali componenti. Un gusto pieno appaga l’animo e migliora le relazioni. E il fatturato. Anche nella moda.

Dott. Danilo Preto
Giornalista pubblicista, Scienze Politiche, Esperto di Comunicazione e arte concettuale.



