INDAGINE SUL SILENZIO DEL PITTORE POP E SULLA RIVOLUZIONE CHE VERRÀ
Il mondo dell’arte ha fame di notizie. E da mesi, c’è una domanda che serpeggia tra galleristi, collezionisti e operatori del settore: che fine ha fatto Marcos Gutiérrez?
L’artista, noto per la sua dirompente Pop Art astratta, è svanito dai radar da qualche mese.
Nessuna mostra, nessun vernissage, nessuna nuova opera sui social, se non dettagli, spaccati, anteprime che hanno il sapore della tortura, ma, al tempo stesso, delle grandi attese, poiché lasciano i fan sulle spine.
Un silenzio assordante. Fino a poche settimane fa, quando siamo riusciti a strappargli una rara intervista, durante la quale Marcos ha ammesso di essere in un ritiro creativo totale poiché sta forgiando una linea di opere completamente nuova, che vedrà la luce solo il prossimo anno.
Ma cosa sta creando Gutiérrez in questo esilio volontario?
La curiosità è tanta e la risposta, forse, non è nel futuro, ma possiamo cercarla già qui, nascosta in bella vista nelle sue tele passate. Analizzarle oggi non è più soltanto un esercizio critico, dunque, ma un’indagine.
IL RUMORE ASSORDANTE DELLA SUPERFICIE: ANALISI DI UNO STILE UNICO
Guardare un’opera di Marcos Gutiérrez è come fare zapping tra l’anima di una persona e il caos del mondo.
La sua firma stilistica più vicina a noi nel tempo è inconfondibile. Prende un volto, spesso femminile, con occhi di un realismo magnetico e quasi doloroso, e lo trasforma in un muro metropolitano. Una tela su cui la nostra epoca vomita i suoi simboli, le sue ossessioni, le sue contraddizioni.
Ma lo fa sempre mantenendo quell’armonia cromatica che lo ha sempre contraddistinto, quella che ti fa sentire che tutto è in ordine e ogni cosa al suo posto.
LOVE. HATE. SMILE. THIS IS HELL.
Le parole, scritte con la furia della street art, si sovrappongono come tag vandalici.
Icone pop come Minnie Mouse e loghi del lusso come Prada diventano parte di questa epidermide culturale, tatuaggi imposti su una pelle che non li ha scelti.
Il colore è acido, industriale, una scarica di adrenalina visiva. I volti emergono da un magma cromatico fatto di velature, graffi, strati su strati, colature.
Sono ritratti dell’uomo contemporaneo, figure che cercano disperatamente di esistere sotto il peso assordante degli stimoli esterni.
Marco Gutiérrez raccoglie le nostre ansie, le nostre paure, le percezioni, perché non dipinge persone, ma la nostra condizione esistenziale.
GLI OCCHI, UNICO VARCO SULL’ANIMA
Eppure, in mezzo a questo rumore calcolato, c’è un punto di fuga. Un centro di gravità emotivo. Gli occhi.
Sempre.
Gli occhi nei ritratti di Gutiérrez sono un’isola di quiete in un oceano in tempesta. Sono vividi, profondi, disperatamente umani. Fissano lo spettatore con una richiesta silenziosa: “Mi vedi? Riesci a vedermi oltre tutto questo?”.
Ma non è una richiesta estetica, ma la domanda è se riesci a vedere oltre lo strato apicale della pelle, al di là dell’involucro corpo, per arrivare all’anima.

È qui che l’artista smette di essere un cronista del caos e diventa un poeta dell’introspezione. Perché quello sguardo è l’ultimo baluardo dell’identità individuale prima che venga completamente fagocitata dal “pop”, dalla moda, dai messaggi urlati del vivere comune.
È un grido di aiuto dipinto con la delicatezza di un maestro fiammingo nel cuore di un’esplosione punk rock.
È questo contrasto radicale, tra la superficie caotica e il nucleo intimo, la vera chiave per decifrare il suo futuro.
L’INDAGINE: DAI VOLTI ALLA STRUTTURA. COSA C’È SOTTO LA MASCHERA?
La nostra inchiesta ci porta a credere che Gutiérrez si sia stancato di raccontare solo la superficie. Ha passato anni a dipingere la maschera, ora è pronto a strapparla.
Gli indizi sono in quelle opere apparentemente anomale, quelle puramente astratte, geometriche. Composizioni fatte di poligoni trasparenti che si sovrappongono, creando nuove forme e nuovi colori. Sembrano esercizi di stile, ma non lo sono. Sono la mappa per il suo prossimo viaggio.
La nostra ipotesi è questa: Marcos Gutiérrez sta per fondere i suoi due linguaggi.
Immaginiamo per un attimo. Immaginiamo che le geometrie trasparenti diventino il nuovo strumento per costruire, o meglio, de-costruire il volto umano.
Invece di graffiti spruzzati sopra un ritratto, potremmo assistere a ritratti fatti di strati cristallini e frammentati. Non più il caos che copre l’identità, ma l’identità stessa rivelata come una struttura complessa, sfaccettata, contraddittoria.
Il prossimo passo della sua evoluzione non sarà aggiungere più rumore, ma analizzare la sua origine. Le nuove opere potrebbero abbandonare la violenza del graffito per abbracciare un’analisi quasi architettonica dell’anima.
Vedremo forse volti composti da frammenti di emozioni trasparenti, dove la gioia, il dolore, l’amore e la paura non sono più slogan urlati, ma strati geologici della personalità, visibili l’uno attraverso l’altro.
L’UOMO DIETRO IL CAOS: UNA NUOVA SINTESI PER IL 2026
Il silenzio di Marcos Gutiérrez non è un’assenza. È un’immersione. Sta andando più a fondo. Ha scrutato così a lungo le persone, ha assorbito così tanto dal vivere comune, che ora è pronto a restituirci qualcosa di più del riflesso del nostro mondo, perciò aspettiamoci la radiografia del nostro essere.
Le nuove opere saranno, con ogni probabilità, più silenziose, ma infinitamente più potenti.
Meno aggressive in superficie, ma più radicali nella sostanza. L’artista che ci ha mostrato come il mondo ci ricopre, sta per mostrarci di cosa siamo fatti veramente?
La Pop Art astratta lascerà il campo a un “Cubismo Psicologico” del ventunesimo secolo, dove il soggetto non è più un volto bombardato dalla cultura di massa, ma l’architettura fragile e complessa di un’identità in perenne costruzione?
Il rumore sta per finire.
Preparatevi ad ascoltare.
Ancora pochi mesi. Marcos Gutiérrez sta tornando.
Puoi visitare il sito dell’artista, cliccando: QUI.
Di seguito, l’intervista a Marcos Gutiérrez.

Dott. Pasquale Di Matteo
Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.



Una opinione su "DOV’È FINITO MARCOS GUTIÉRREZ?"