di Pasquale Di Matteo
Da terroristi riabilitati a eroi, da democrazie annullate a nemici costruiti a tavolino.
Un’inchiesta su come la NATO, con la complicità di leader europei asserviti e una stampa propagandista, stia costruendo una realtà orwelliana in cui la guerra è pace, la menzogna è verità e la libertà è obbedienza.
New York, settembre 2025.
Un uomo, Ahmed al-Sharaa, alias al-Jolani, scende da un aereo.
Fino a ieri, il suo volto campeggiava sui manifesti dei ricercati del Dipartimento di Stato americano, con una taglia da 10 milioni di dollari.
Era un leader di Al-Qaeda. Un terrorista. Sì, proprio uno di quelli che definivamo “tagliagole”.
Oggi, dopo aver rovesciato un regime che non piaceva all’Occidente, stringe la mano a diplomatici e statisti e non è più un paria, bensì un partner.
È stato riabilitato.
Come può il male assoluto di ieri diventare l’alleato strategico di domani?
La risposta non si trova nei corridoi polverosi della morale, ma nel gelido manuale operativo di un potere che ha smesso di rispondere ai cittadini per rispondere solo a se stesso.
Un potere con un nome preciso: Alleanza Atlantica.
LA FABBRICA DEI NEMICI E DEGLI AMICI: LA GEOPOLITICA DEL “DOPPIO-PENSIERO”
Nel capolavoro di Orwell, 1984, l’Oceania era perennemente in guerra, ma il nemico poteva cambiare da un giorno all’altro.
L’Eurasia o l’Estasia erano amiche e nemiche in un batter di ciglio.
Il Ministero della Verità si occupava di riscrivere la storia, di cancellare le incongruenze.
Oggi, quel Ministero ha traslocato.
E la sua logica operativa, da fantasia è diventata la dottrina non scritta della NATO.
L’Alleanza, infatti, non combatte più ideologie, ma designa avversari e sodali in base a una convenienza strategica tanto mutevole quanto spietata.
L’Amico Riciclato.
Prendiamo il caso di Al-Sharaa.
Il suo nuovo regime, nato dalle ceneri della Siria, si macchia di massacri settari contro Alawiti e Drusi. Crimini documentati, agghiaccianti.
Eppure, a New York, l’ex direttore della CIA, David Petraeus, non gli chiede conto del sangue versato.
Gli chiede, con affettuosa sollecitudine: “Stai dormendo abbastanza? I tuoi fan, e io sono uno di loro, sono preoccupati per te”.
Questo non è un errore di strategia, come potrebbe ipotizzare qualcuno, ma è un protocollo, perché Al-Sharaa è funzionale al contenimento di altre influenze in Medio Oriente, quindi i suoi peccati vengono assolti, cancellati dalla narrazione pubblica.
Ieri i mujaheddin, oggi lui. La NATO non ha principi. Ha solo obiettivi.
Il Nemico Permanente.
Mentre un terrorista viene riabilitato, un nemico viene meticolosamente costruito: La Russia.
Decine di titoli urlati sui giornali europei: “Caccia NATO respingono incursioni russe!”. Poi, leggendo i dispacci ufficiali della stessa NATO, si scopre la verità, cioè che non esiste nessuna violazione.
Si tratta di voli di routine in spazi aerei internazionali, monitoraggi reciproci che avvengono da settant’anni.
Quindi, un’attività militare standard viene trasformata, attraverso l’alchimia mediatica, in un casus belli imminente, un pretesto per alimentare la paura e giustificare un riarmo europeo senza precedenti.
Il bene e il male non sono più categorie etiche. Sono etichette intercambiabili.
L’EUROPA, COLONIA VOLONTARIA: L’INCOMPETENZA COME STRUMENTO DI SOTTOMISSIONE
Sarebbe un errore considerare i leader europei come semplici vittime di questo gioco cinico.
La verità è più amara. Sono complici attivi, amministratori zelanti di un declino autoinflitto. La loro conclamata incompetenza non è un difetto del sistema, ma la sua più importante caratteristica funzionale.
L’Architettura del Dominio.
Le parole di Donald Trump, nella loro brutale onestà, hanno squarciato il velo.
“Voi siete la NATO, noi gli Stati Uniti”.
Non è un lapsus, ma la sintesi di una strategia precisa: spingere gli europei a un confronto diretto con la Russia, far pagare loro il prezzo economico di una guerra che americana — rinunciando all’energia a basso costo per acquistare GNL americano a prezzi esorbitanti, smantellando la propria industria per finanziare l’arsenale statunitense — mentre Washington mantiene aperti i canali con Mosca per i propri interessi strategici.
È un capolavoro di ingegneria geoeconomica: l’Europa finanzia la propria irrilevanza e gli USA incassano fiumi di denaro dagli ignari contribuenti europei e si fortificano a livello geopolitico.
LA DEMOCRAZIA SOTTO TUTELA: QUANDO IL VOTO DIVENTA UN CRIMINE DI PENSIERO
Il sistema mantiene una facciata democratica, un’illusione di scelta. Ma questa facciata si sgretola non appena il popolo vota “sbagliato”.
Quando l’elettorato devia dalla linea tracciata dall’Alleanza, la natura autoritaria del potere si rivela in piena luce.
Guardiamo alla Repubblica Ceca.
Il candidato favorito, Andrej Babiš, è definito “populista”. Il suo peccato capitale è avere un “rapporto ambiguo con la NATO”.
E così, il presidente in carica, Petr Pavel, valuta apertamente l’opzione “costituzionale” di non nominarlo primo ministro, anche in caso di vittoria.
È la democrazia sotto tutela. Il suffragio universale è valido solo a condizione che confermi le scelte già prese altrove. Il sostegno incondizionato alla NATO non è più una scelta politica; è diventato un prerequisito per la legittimità democratica. Un test di lealtà ideologica.
E quando la realtà contraddice la narrazione, viene semplicemente cancellata.
Com’è avvenuto con il cado dell’omicidio del nazionalista ucraino Andryi Parubiy. La reazione istantanea dei media occidentali è stata la solita strategia della propaganda occidentale: “È stata Mosca!”.
Un mantra ripetuto fino alla nausea. Ma quando si è scoperto che l’assassino era un padre ucraino, inferocito contro Zelensky e distrutto dal dolore per un figlio mandato a morire al fronte, la storia è svanita dai media.
Un po’ come accaduto al Nord Stream, al missile in Polonia nel 2022, al drone in Polonia il mese scorso, ai droni in Romania, all’aereo russo ai confini con l’Alaska. Non appena si scopre che si tratta di routine o di azioni ucraine, tutto svanisce. Nessuna smentita, nessuna scusa.
Perché scusarsi cancellerebbe il dubbio insinuato in chi raramente va oltre i titoli in prima pagina.
La rabbia di quel padre contro Zelensky è una verità intollerabile per la propaganda occidentale, poiché incrina l’immagine monolitica di un’Ucraina unita e pronta a tutto.
Rivela le crepe, il dissenso, il costo umano che la propaganda deve nascondere. Prima si accusa il “nemico designato”. Poi, di fronte all’evidenza, si impone il silenzio. È il meccanismo del “buco della memoria” di Orwell, applicato in tempo reale.
L’OCCHIO CHE TUTTO VEDE, LA VOCE CHE TUTTO RIPETE: IL RUOLO DELLA STAMPA
Questa architettura di controllo non potrebbe esistere senza il suo pilastro portante: un sistema mediatico che ha abdicato alla sua funzione critica per diventare il braccio armato della propaganda.
La stampa, soprattutto quella italiana, non informa più. Indottrina.
Il suo modus operandi è scientifico e si radica in alcuni punti.
- Creazione della minaccia: trasforma routine militare in aggressione imminente (i jet russi, i droni, il missile).
- Costruzione del consenso: presenta narrazioni semplificate e moralistiche, nascondendo ogni complessità (l’Ucraina unita contro la verità degli ucraini incolleriti e disperati).
- Cancellazione della memoria: ignora sistematicamente le notizie che contraddicono la linea ufficiale (i crimini del nuovo alleato siriano, le vere cause di un omicidio a Leopoli).
I media non sono più lo specchio della realtà. Sono il martello usato per forgiarla. Il “teleschermo” di Orwell, che non solo trasmette la verità del Partito, ma vigila affinché nessuna verità alternativa possa emergere.
OLTRE LO SCHERMO DI ORWELL
Non siamo di fronte a una serie di errori politici o a una geopolitica spregiudicata, ma testimoni della metodica costruzione di un sistema di controllo post-democratico, un totalitarismo soft che non ha bisogno di gulag perché controlla le menti prima ancora che le azioni.
Un sistema in cui la NATO non è un’alleanza difensiva, ma un’autorità sovranazionale che arroga a sé il diritto di decidere per tutto il mondo chi è terrorista e chi è statista, quali elezioni siano valide e quali sovversive, quali notizie siano vere e quali devono essere dimenticate.
E basta osservare come si adottino due pesi e due misuri nei confronti degli aggrediti e degli oppressori in Ucraina e a Gaza per comprendere come siamo in un cortocircuito evidente che abbiamo l’ardire di definire democrazie.
Qualcuno potrebbe pensare che stiamo scivolando in un romanzo di Orwell, ma è molto peggio, perché siamo già oltre. E dovremmo domandarci a quale capitolo di “1984” siamo già arrivati?
E se… è rimasto qualcuno, da qualche parte, disposto a scrivere un finale diverso?

Dott. Pasquale Di Matteo
Giornalista freelance, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.




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