GIORNALISMO E FAKE NEWS. L’ARSENALE DELLA MENZOGNA CHE ARMA L’EUROPA

Tutta la propaganda russofoba in un solo articolo, per ricordarci perché la credibilità di buona parte dei giornalisti italiani è precipitata sotto un punto di non ritorno.

Tre anni di bombe, di morti, di propaganda.

Tre anni in cui i cittadini italiani, incollati alla tv o agli schermi dei computer, hanno cercato di capire tra articoli e telegiornali.

I giornalisti, quelli che avrebbero dovuto informare, ci hanno detto tutto e poi il suo contrario.

Ci hanno raccontato di una Russia allo sbando, di un esercito di straccioni allo sbaraglio, di una nazione economicamente in ginocchio.

Poi, senza un attimo di esitazione, ci hanno presentato la stessa Russia come una superpotenza inarrestabile, pronta a marciare su Varsavia, Berlino, Parigi, per arrivare a Lisbona in nome di non si sa quale strategia e quale motivo.

Questa non è la cronaca di una guerra, ma la cronaca di come il giornalismo italiano ha abdicato al suo ruolo di cane da guardia del potere per diventare il suo megafono più zelante. È la storia di una credibilità perduta, barattata per un posto al sole nel salotto buono della narrazione atlantista.

È la dimostrazione, potente, quanto terribile, di come la prima vittima di ogni guerra non sia la verità, ma la nostra intelligenza.

IL CROLLO MAI AVVENUTO: CRONACA DI UNA SCONFITTA ANNUNCIATA

Ricordate? All’inizio doveva essere una passeggiata.

La Russia, che avrebbe conquistato Kiev in due settimane senza armi, mezzi, uomini e satelliti NATO, con l’intervento dell’Alleanza Atlantica era, invece, spacciata.

La Russia era al tappeto. I suoi missili, ci assicuravano dai talk show, stavano per finire.

I suoi soldati combattevano con le pale. Ma non recenti, bensì costruite alla fine dell’800.

La sua tecnologia era un bluff, tenuta insieme da chip smontati dalle lavatrici. – E tu pensa gli americani, che da decenni gettano miliardi in ricerca e sviluppo per la Difesa, quando basterebbe usare chip per elettrodomestici anche per le armi.

La Russia era in frantumi, prossima alla sconfitta perché guidata da un leader perennemente malato, forse morto, sostituito da un sosia.

Le tipologie di cancro di cui i nostri abilissimi giornalisti ci hanno raccontato sono almeno quattro. Qualcuno, nel 2022, arrivò a dire che Putin aveva al massimo tre anni di vita. Beh, fate un po’ voi i vostri calcoli.

Ogni giorno, una nuova certezza. O, visto il tempo e i fatti, ogni giorno una nuova sciocchezza.

Ogni settimana, una nuova, imminente vittoria ucraina. Ricordate la famosa, quanto imponente, controffensiva ucraina del 2023? Sono poi arrivati a Mosca?

Ovviamente no. Era l’ennesima sciocchezza che si è dissolta contro l’esercito russo. Perché, evidentemente, le pale dell’800 sono un’arma invincibile.

I nostri portentosi esperti dei giornali mainstream ci hanno nutrito con l’epica del Fantasma di Kiev e dei martiri dell’Isola dei Serpenti, eroi la cui esistenza si è poi dissolta come nebbia al sole, ammessi come propaganda dagli stessi che li avevano creati.

Ci hanno fatto sentire superiori, parte di un mondo giusto e tecnologicamente avanzato contro un’orda primitiva che saccheggiava water e lavatrici. Noi che abbiamo bombardato il Kosovo senza uno straccio di mandato ONU e invaso l’Iraq sulla base di una balla colossale inventata dalla CIA, qual era l’esistenza di armi chimiche.

I nostri giornalisti hanno costruito un castello di carte con ognuna delle fake news che hanno spacciato per verità e hanno preteso che noi lo chiamassimo realtà.

L’ARSENALE DELLA MENZOGNA: LA LISTA COMPLETA DELLA DISINFORMAZIONE

Quello che segue è il casellario giudiziale di un giornalismo che ha smesso di verificare per iniziare a credere. Anzi, per diventare discepoli della propaganda.

È la prova schiacciante di una campagna di disinformazione veicolata non da oscuri bot russi, ma dalle prime pagine dei nostri quotidiani e dai nostri telegiornali. Leggete, ricordate e giudicate voi.

CAPACITÀ MILITARI E EQUIPAGGIAMENTO

  1. “La Russia sta finendo i missili”. Una narrazione ciclica, apparsa ogni tre mesi dall’inizio del conflitto e sistematicamente smentita da nuovi, devastanti attacchi su larga scala.
  2. Chip delle lavatrici nei missili. L’iperbole umiliante per dipingere l’industria bellica russa come disperata e arretrata, una fake news tecnica smontata da qualsiasi analista militare serio.
  3. Uso di carri armati T-62 come segno di collasso. La decontestualizzazione di una scelta tattica (usare vecchi mezzi per ruoli di seconda linea) trasformata nella prova definitiva di un’imminente sconfitta.
  4. Soldati russi che combattono con le pale. La manipolazione di immagini di soldati con vanghe da trincea per suggerire, in modo grottesco, una mancanza totale di armamenti.
  5. Inefficacia totale dei missili ipersonici Kinzhal. Il passaggio da “inarrestabili” a “sistematicamente abbattuti” nel giro di una notte, seguendo il flusso della propaganda e non quello delle evidenze balistiche. Solo dopo mesi, alti funzionari del Pentagono hanno ammesso che la NATO, compresi gli Stati Uniti, non dispongono di difese contro i missili ipersonici russi.
  6. I soldati russi al fronte non avevano divise di ricambio. Non arrivavano nemmeno i calzini invernali.
  7. I collegamenti tra il fronte e le retrovie non avvenivano più con mezzi corazzati, poiché erano stati distrutti tutti dall’esercito ucraino, perciò i soldati russi si spostavano a dorso di muli. Una sciocchezza di proporzioni bibliche.

CONDOTTA, MORALE E COMPORTAMENTO DEI SOLDATI

  1. Il Fantasma di Kiev (Ghost of Kyiv). Il mito dell’asso dei cieli, ammesso dalle stesse forze armate ucraine come una leggenda creata ad arte per sollevare il morale.
  2. I 13 martiri dell’Isola dei Serpenti. Eroi che si sarebbero sacrificati insultando il nemico. Peccato si sia scoperto che erano stati catturati vivi e poi rilasciati.
  3. Stupri di massa come politica di guerra sistematica. Una narrazione terribile, poi risultata falsa, per cui il parlamento ucraino è stato spinto a rimuovere la propria commissaria per i diritti umani per aver diffuso quelle “informazioni non verificate”. Chiamarle fake news contro la Russia sembrava strano.
  4. Morale a terra e diserzioni di massa. Notizie costanti su un esercito in ammutinamento che, tuttavia, continua a combattere e ad avanzare da tre anni. Saranno sempre le pale. Vuoi vedere che sono magiche, perciò le usano?

LEADERSHIP, POLITICA INTERNA E STABILITÀ

  1. Putin gravemente malato o morto. Voci continue e mai provate su quattro tipologie di cancro, Parkinson o decessi, mirate a suggerire un’instabilità interna che non si è mai materializzata.
  2. Collasso imminente dell’economia russa. Una profezia che si auto-smentisce dal 2022. Le sanzioni, descritte come “dirompenti”, non hanno fermato né l’economia di guerra né la stabilità sociale del Paese. In compenso, hanno ridimensionato il potere d’acquisto degli europei e mandato le loro bollette alle stelle. E no, anche la balla “pace o condizionatore” si è rivelata, appunto, una balla.

INCIDENTI SPECIFICI E FALSE FLAG

  1. Sabotaggio del gasdotto Nord Stream (Settembre 2022). Attribuito immediatamente, e senza logica, alla Russia stessa. Una narrazione surreale, di Mosca che distruggeva un’infrastruttura importante per Mosca, poi smontata da inchieste internazionali che hanno dimostrato che l’attentato è stato pianificato e realizzato dall’Ucraina. Un attentato che ha devastato l’economia europea, vendutoci come un atto di autolesionismo di Mosca. Un attentato che è il più grave attentato all’Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e per cui c’erano tutti i presupposti per invocare l’art. 5.
  2. Missile in Polonia (Novembre 2022). Ore di panico mediatico per un presunto attacco russo a un paese NATO. Ore di editoriali infuocati sulla necessità di una risposta attuando l’art. 5. Si è poi scoperto che il missile era ucraino. Il silenzio che ne è seguito è stato più assordante delle balle veicolate per giorni.
  3. Presunto attentato all’aereo di Ursula von der Leyen. Una fake news pura, circolata e poi scomparsa senza scuse né rettifiche. Noi di Tamago lo abbiamo immediatamente denunciato come atto di propaganda occidentale. Noi e pochi altri. Mentre i soliti illustri giornalisti del mainstream uralavano alla necessità di organizzarci contro Mosca.
  4. Presunto omicidio del leader Parubiy. Attribuito ai russi, si è poi scoperto essere opera di un altro ucraino. Anche in questo caso, è calato il silenzio, nella speranza che gli italiani non si informino.

IL VOLTAFACCIA: DA PAESE ALLO SBANDO A MINACCIA INARRESTABILE

Avrete notato come si sia improvvisamente passati dall’esercito di straccioni, quello con le pale e i chip delle lavatrici, a un’inarrestabile macchina da guerra. Il leader morente è diventato uno stratega diabolico pronto a conquistare l’Europa intera.

Ma come? Putin non dovrebbe morire prima che finisca il 2025, stando ai calcoli di chi ci ha raccontato di tutte le sue patologie mortali?

Ma perché tante fake news?

La risposta è nei nostri parlamenti e nelle decisioni di Bruxelles.

Mentre ci raccontavano la favola della Russia debole, le élite europee avevano bisogno di una giustificazione per la più grande corsa al riarmo dalla fine della Guerra Fredda.

E quando la favola non è bastata più, perché il tempo passava, ma Mosca non crollava, ne hanno scritta un’altra. Quella del nemico alle porte.

La giustificazione perfetta per un riarmo senza precedenti. La scusa ideale per sacrificare le politiche sociali, la sanità, l’istruzione, le pensioni sull’altare delle spese militari, per fare quanto desiderano le lobby delle armi, proprio come l’Europa ha fatto con le lobby del farmaco.

Ricordate i contratti con i messaggini di von der Leyen per i vaccini?

I giornalisti italiani ci hanno detto che dovevamo scegliere tra la pace e i condizionatori.

Ora ci dicono che dobbiamo scegliere tra i cannoni e gli ospedali. Perché porre domande ai politici che veicolano tali messaggi assurdi non rientra più nel loro mestiere. Perché non informano, ma propagandano.

Ma la domanda, quella che nessun giornalista sembra voler fare, rimane: perché mai una nazione, che secondo le stesse fonti è impantanata in Ucraina da tre anni, avrebbe dovuto pianificare la conquista dell’Europa? Con quali soldi? Con quali armi superiori a quelle impiegate finora?

Per quale logica strategica, per quale vantaggio, la Russia avrebbe dovuto attaccare la NATO, un’alleanza militare molto più numerosa e potente?

Nessuna. Non esiste un solo motivo logico.

Ma la logica non serve, quando c’è la paura. E i nostri media sono diventati maestri nell’alimentarla.

Perché l’unica cosa che vogliono non è informare, ma instillare la paura.

Perché la paura è quell’elemento che aiuta a imporre norme e politiche di riarmo e di controllo sociale che altrimenti sarebbe impossibile far digerire.

IL PREZZO DELLA CREDIBILITÀ: IL GIORNALISMO AL BIVIO

Il danno è fatto ed è profondo.

Non riguarda solo la percezione di una guerra lontana. Riguarda noi.

Riguarda la fiducia, quel patto invisibile tra chi informa e chi viene informato, che oggi è in frantumi. Chi crederà più a un telegiornale? A un editoriale? A un “esperto” militare che per tre anni ha predetto tutto e il suo contrario senza azzeccarne mezza?

I giornalisti hanno trasformato l’informazione in tifo da stadio, il dibattito in un processo per disfattismo, dove a trionfare non sono state le analisi, ma le etichette, come al bar.

Hanno fallito nel loro compito più sacro di porre domande, dubitare, indagare il potere. E hanno preferito servirlo.

Ci hanno trattato non da cittadini, ma da bambini a cui raccontare una favola della buonanotte, una favola con un cattivo ben definito e un finale già scritto. E, proprio come ai bambini, quando qualcuno dissentiva e criticava, hanno risposto sorridendo e affibbiando etichette.

Ma la realtà e il tempo sono testardi e hanno presentato il conto. Un conto fatto di miliardi spesi in armi invece che nel sociale, di una pace sempre più lontana e di una credibilità giornalistica che, forse, non tornerà più.

Il primo dovere di un cittadino è dubitare. Il primo dovere di un giornalista è informare. E oggi, grazie a loro, che hanno preferito propagandare sciocchezze anziché informare, siamo diventati tutti dubbiosi e critici.

E questa è l’unica buona notizia.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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