USA, ISRAELE, EUROPA E LA CRISI DELLA LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

Quanto accaduto a Jimmy Kimmel non è un episodio isolato, ma un sintomo.

Un segnale d’allarme acutissimo che squarcia il velo di ipocrisia sul quale poggia, oggi, il dibattito sulla libertà di espressione nella cosiddetta “sfera democratica” occidentale.

La sospensione del conduttore da parte della Disney rappresenta l’atto conclusivo di una strategia d’intimidazione che parte dalla Casa Bianca e si riverbera, con efficacia agghiacciante, attraverso i colossi dell’intrattenimento e dell’informazione.

Stiamo osservando, in tempo reale, la normalizzazione di un meccanismo autoritario.

LA SOSPENSIONE DI KIMMEL: CRITICA POLITICA O APOLOGIA DELLA VIOLENZA? DECIDE TRUMP

Cosa è accaduto nel merito?

Jimmy Kimmel, a seguito dell’omicidio dell’attivista conservatore Charlie Kirk, ha espresso una critica ferocemente politica, evidenziando, con il sarcasmo che gli è consueto, come l’universo MAGA stesse strumentalizzando la tragedia.

Non ha incitato all’odio, non ha giustificato l’omicidio.

Ha esercitato quello che, in qualsiasi democrazia sana, è un diritto-dovere del commentatore pubblico di analizzare le dinamiche di potere e denunciare l’ipocrisia.

La reazione è stata spropositata, una macchina del fango che ha dipinto le sue parole come pericolose, finché la Disney, nella sua proverbiale avversione al rischio e al conflitto, non ha ceduto, mettendo in panchina la sua star.

Il messaggio è chiarissimo: criticare Trump e il suo movimento comporta costi inaccettabili. Un assunto pericolosissimo e anche una similitudine con Mosca e Pechino che lascia interdetti.

INTIMIDAZIONE, CAUSE MILIARDARIE E LA NARRAZIONE DEL “NON TALENTO”

La dichiarazione di Donald Trump sulla vicenda è un capolavoro di manipolazione linguistica.

“Licenziato per mancanza di talento e ascolti bassi”.

È tragico e comico allo stesso tempo, perché è la tipica negazione plausibile dell’autocrate.

Non si ammette mai la vera ragione, politica, perché sarebbe un’ammissione di debolezza, perciò si costruisce una contro-narrativa che umilia l’avversario, lo delegittima nel merito e ne svuota il potenziale simbolico di martire.

È la stessa logica delle cause faraoniche.

I 15 miliardi di dollari chiesti al New York Times non sono una richiesta legale seria; sono un’arma di distrazione di massa e, soprattutto, un segnale intimidatorio a tutti gli altri media: “Guardate cosa vi aspetta se osate sfidarci”. È l’occupazione dello spazio mentale attraverso la paura.

IL PARADOSSO VANCE: IL FREE SPEECH MAGA E LA LEZIONE AGLI EUROPEI SULLA DEMOCRAZIA DIMENTICATA

Il culmine dell’assurdo sociologico lo ha raggiunto il Vicepresidente JD Vance a Monaco di Baviera, imputando agli europei di aver dimenticato i principi base della democrazia, a cominciare dalla libertà di espressione.

È una retorica che definire cinica è poco. È la proiezione. È l’accusa speculare a ciò che si sta meticolosamente costruendo in casa propria.

Il “free speech” nella versione MAGA sta diventando sempre di più la libertà di propagandare il pensiero unico del capo. Stop.

È la libertà di chi è allineato. È l’opposto della libertà di pensiero critico, che per sua natura è scomodo, destabilizzante e dissacrante.

La lezione di Vance è la perfetta incarnazione del doppio pensiero orwelliano: la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.

IL CONTESTO GLOBALE: L’OCCIDENTE ALLO SPECCHIO DEI SUOI MOSTRI (GERMANIA E ISRAELE)

La deriva non è solo americana e Vance non aveva tutti i torti.

Lo abbiamo visto durante la pandemia e con la guerra in Ucraina: pensieri unici, negazione del contraddittorio, etichette per chiunque dissentisse.

E oggi, il cancelliere tedesco Merz annuncia un giro di vite per chi sostiene i palestinesi in nome dell’appoggio incondizionato a Israele. È la criminalizzazione del dissenso attraverso l’equiparazione tra critica politica e antisemitismo.

Ma l’episodio più disumano, sociologicamente mostruoso, è la richiesta di “definire cosa sia un bambino” da parte di un esponente israeliano chiamato a rispondere delle migliaia di morti minorenni.

QUANDO BISOGNA DEFINIRE COSA SIA UN BAMBINO, L’UMANITÀ HA GIÀ PERSO

Quella frase sarà ricordata come un monumento alla disumanizzazione del nemico.

È il punto di non ritorno di qualsiasi conflitto.

Quando si deve mettere in discussione l’evidenza ontologica di un bambino – l’archetipo stesso dell’innocenza, della vita non ancora corrotta dall’odio – significa che la macchina della propaganda ha eroso ogni residuo di empatia.

Significa che si è creato un “noi” così puro e un “loro” così assolutamente malvagio che persino le categorie fondamentali dell’umano vengono sospese quando ci si riferisce a loro.

Una società che arriva a questo ha, effettivamente, smarrito la sua anima. Sta commettendo un suicidio etico.

GLI ANTICORPI DELLA DEMOCRAZIA E LA NOSTRA RESPONSABILITÀ

Allora, cosa sta accadendo alla libertà di espressione?

Sta subendo una trasformazione autoritaria sotto la pressione coordinata di poteri illiberali. USA ed Europa stanno davvero assomigliando sempre di più a quelle realtà che dichiarano di avversare, adottando gli stessi meccanismi di controllo, intimidazione e distorsione della realtà.

Ma la storia, quella vera, non è mai lineare.

Gli anticorpi delle democrazie sono stati storicamente più resilienti del previsto.

I 12 milioni di abbonati del New York Times, le voci popolari come quelle di Colbert e Kimmel (prima o poi torneranno, più forti di prima), la società civile che si ribella alle definizioni disumane: questa è la forza che gli autocrati sottovalutano sistematicamente.

E ne sono una prova quanti non si piegano al nazismo disumano applicato da Israele, non solo a Gaza, ma nei paesi sovrani limitrofi e in tutto il mondo, con la loro campagna di propaganda.

La nostra responsabilità, come studiosi della comunicazione e come cittadini, è diagnosticare con precisione questa patologia del discorso pubblico.

Denunciare senza paura il doppio standard di cittadini, politici e giornalisti.

E, soprattutto, rifiutare con tutte le nostre forze qualsiasi “definizione” di bambino, di umanità, di verità che non sia quella dettata dalla coscienza critica e dall’empatia.

La libertà d’espressione si difende ogni giorno, proteggendo il diritto di un comico come Jimmy Kimmel a dire che il Re è nudo e quello di chiunque di trattare come bestia chiunque pretenda definizioni di bambino.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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