OMBRE SUL FRONTE ORIENTALE. I DRONI FANTASMA CHE HANNO RISCHIATO DI INCENDIARE LA NATO

Mentre il mondo tratteneva il respiro temendo un attacco russo contro la Polonia e la Romania, le prove sul campo raccontavano una storia diversa. Una storia scomoda che noi di Tamago avevamo ipotizzato già all’indomani, mentre il mainstream parlava di attacco russo senza uno straccio di prova credibile.

(PUOI VERIFICARE IL NOSTRO ARTICOLO SULL’ACCADUTO QUI.)

Un’inchiesta sulle anomalie tecniche, i calcoli strategici e il silenzio assordante che suggerirono una verità inconfessabile: una disperata operazione sotto falsa bandiera per trascinare l’Occidente in guerra.

L’ALLARME – L’ORA PIÙ BUIA DELLA NATO

Il buio non era solo meteorologico, sulla linea orientale dell’Alleanza Atlantica, ma un buio strategico, denso e soffocante.

Telefoni che squillavano nelle cancellerie di Washington, Bruxelles, Varsavia. Le agenzie battevano la notizia: “Droni russi in territorio NATO”.

Panico.

Era il momento che tutti temevano e che, segretamente, qualcuno forse attendeva.

L’ombra dell’Articolo 5 – quella clausola di mutua difesa che avrebbe trasformato un conflitto regionale in una guerra mondiale – si allungava sull’Europa. Il mondo tratteneva il fiato, mentre i pennivendoli che per tre anni hanno raccontato di pale e microchip aumentavano la lista di fake alla narrazione, parlando di attacco russo.

Poi, il miracolo. O forse, più prosaicamente, un frettoloso dietrofront.

Nel giro di poche ore, la narrazione ufficiale ha eseguito la più rapida inversione a U della storia recente. Da “attacco deliberato” a “incidente”, da “missile russo” a “probabile frammento della contraerea ucraina”.

Un raffreddamento così repentino da ustionare qualsiasi logica.

I toni si sono smorzati, le accuse evaporate, un velo di imbarazzato silenzio è calato sulla vicenda.

Cos’hanno visto gli analisti della NATO in quelle prime, frenetiche ore per premere con tanta urgenza il freno d’emergenza? Hanno visto i fatti. E i fatti, semplicemente, non tornavano.

L’ANOMALIA SUL CAMPO – LE PROVE CHE NON SONO STATE TROVATE PERCHÉ NON ESISTONO

Quando la propaganda si scontra con la fisica, la fisica, alla lunga, vince sempre. Per capire cos’era realmente accaduto, non bisognava ascoltare i portavoce e nemmeno i pennivendoli della propaganda, ma indagare sui rottami.

La prima, colossale anomalia, riguardava la natura stessa degli oggetti caduti. I droni recuperati in Polonia non erano armi, ma droni esca (decoys).

Oggetti leggeri, economici, costruiti con schiuma e compensato, progettati con un unico, umile scopo: farsi abbattere per saturare le difese aeree nemiche e permettere ai veri missili di passare.

Molti di questi relitti sono stati trovati quasi integri. Innocui.

Ora, fermiamoci un istante e usiamo quella facoltà apparentemente in disuso chiamata logica.

Quale stratega sano di mente, al Cremlino o altrove, avrebbe orchestrato una provocazione contro la più potente alleanza militare della storia usando delle pistole ad acqua?

Sarebbe stato come minacciare un T-Rex con un bastoncino. Un’azione del genere era da ritenere un’assurdità tattica dopo il primo secondo. Una barzelletta militare.

A meno che, ovviamente, l’obiettivo non fosse fare rumore, ma senza rompere nulla di veramente importante.

LA TRAIETTORIA IMPOSSIBILE: GEOGRAFIA CONTRO PROPAGANDA

Il secondo chiodo sulla bara della versione ufficiale si trova nella geografia. La matematica, a differenza della politica, non è un’opinione.

I modelli di drone esca in questione avevano un’autonomia stimata di circa 700-800 chilometri. Se avessimo tracciato questo raggio dalle più vicine basi di lancio russe conosciute, il territorio polacco sarebbe risultato al limite estremo, se non oltre, la portata operativa.

Un lancio rischiosissimo e destinato al fallimento.

Se però avessimo provato a spostare il compasso, posizionando il punto di partenza nell’Ucraina occidentale, improvvisamente, la traiettoria non era più solo possibile, ma diventava perfettamente logica, a conferma della nostra analisi sull’accaduto, che ipotizzava il coinvolgimento di Kiev.

I droni avrebbero avuto carburante a sufficienza per raggiungere l’obiettivo, volare per un po’ e cadere.

I SEGRETI SIGILLATI: IL RUMORE DEL SILENZIO

Le autorità polacche e rumene, dopo le dichiarazioni iniziali, si sono chiuse in un silenzio tombale. Un silenzio che fa più rumore di un’esplosione.

Quando le prove scagionano il tuo avversario e puntano il dito verso il tuo alleato, la migliore strategia comunicativa è, evidentemente, non comunicare affatto. Perché l’alternativa significherebbe accusare il vero colpevole: l’Ucraina.

IL CALCOLO STRATEGICO – A CHI È GIOVATA QUESTA ENNESIMA FAKE NEWS CONTRO LA RUSSIA?

Ogni analisi seria parte sempre da una domanda vecchia quanto il mondo: “chi ne trae beneficio?”

La Russia, impantanata in un conflitto estenuante e sotto sanzioni, avrebbe avuto tutto da perdere da un’escalation diretta con la NATO.

Soltanto un dilettante di geopolitica poteva avanzare l’ipotesi che Mosca volesse provocare l’Alleanza atlantica, dunque.

Un’operazione così grossolana, con droni innocui, sarebbe stata strategicamente idiota, offrendo alla NATO il pretesto perfetto per un intervento.

La smentita secca e immediata del Cremlino, in questo contesto, era paradossalmente più credibile del solito e, di certo, più credibile delle accuse mosse da chi ha raccontato di dita usate come baionette e di microchip smontati dalle lavastoviglie ucraine.

LA MOSSA DI KIEV: UN CAPOLAVORO DI DISPERAZIONE

Spostiamo ora lo sguardo su Kiev.

L’Ucraina, eroica nella sua resistenza, si trova in una posizione disperata. La controffensiva non è mai partita, le perdite umane sono immense e il flusso di aiuti occidentali, per quanto massiccio, non è infinito.

L’unica cosa che potrebbe salvare Kiev, come abbiamo ricordato nell’articolo sui droni in Polonia, è l’intervento diretto della NATO.

Ecco che l’ipotesi della false flag da noi esposto fin dal principio adesso smette di essere complottismo e diventava un’opzione strategica quasi obbligata.

D’altronde, le forze ucraine catturano regolarmente droni esca russi quasi intatti. È logico e sensato ipotizzare la cosa più ovvia, cioè che gli ucraini li abbino riprogrammati per una nuova missione e poi lanciati dal proprio territorio verso la Polonia e la Romania.

Una mossa geniale è stata utilizzare esclusivamente droni innocui, per non uccidere cittadini NATO – un atto che sarebbe stato imperdonabile e facilmente smascherabile, decretando la fine di ogni supporto – ma per creare l’incidente perfetto.

Un incidente che sembrasse un attacco russo, che generasse panico e che spingesse l’opinione pubblica occidentale a chiedere “più sicurezza”, quindi un maggiore coinvolgimento nella guerra in Ucraina.

IL SEGRETO INCONFESSABILE

Se l’ipotesi era così logicamente solida, perché ne abbiamo parlato solo noi e pochissimi altri?

Perché la verità è più esplosiva degli stessi droni. E la verità non piace.

Perché bisognerebbe attuare l’Art. 5, proprio come dopo l’attacco al Nord Stream. Ma, proprio come allora, i leader europei fanno finta di nulla. Altro che sicurezza per i cittadini europei!

IL DILEMMA DI WASHINGTON E BRUXELLES

Immaginiamo per un momento che i servizi segreti della NATO avessero capito tutto nel giro di poche ore. Cosa avrebbero dovuto fare?

Beh, smascherare pubblicamente l’alleato ucraino. Ma sarebbe stato un suicidio politico. L’ennesimo.

Il sostegno pubblico, già minato dal tempo e dai fatti, sarebbe imploso.

Come possono spiegare ai cittadini che si stanno svenando per un alleato che inscena attacchi per trascinarli in guerra?

Un’ammissione avrebbe fratturato la NATO. I paesi più cauti, come Germania e Francia, si sarebbero scontrati con i “falchi” Polonia e Baltici, con l’elmetto in testa da mesi.

Raccontare la verità avrebbe regalato a Putin la più grande vittoria propagandistica della sua vita.

Di fronte a questo scenario, la verità comoda dell’ennesima fake è diventata l’unica opzione per i nostri eroi.

Un “incidente” nebuloso, una colpa che si dissolveva nell’aria, una pagina da girare in fretta. Meglio un mistero irrisolto che una certezza catastrofica.

La narrazione dell’attacco russo a scapito della verità. Proprio come le quattro tipologie di cancro di Putin e i muli usati al posto dei mezzi corazzati.

La frontiera orientale della NATO non è stata solo il luogo di un incidente militare, ma il palcoscenico di una sofisticata operazione di guerra ibrida, dove i veri proiettili non erano nei droni, ma nelle narrazioni. Come assistiamo da tre anni e mezzo.

La domanda che resta, terrificante, non è tanto cosa sia caduto dal cielo, ma cosa accadrà la prossima volta che qualcuno, disperato, deciderà di forzare la mano.

Perché, se la disperazione porterà i colpevoli a utilizzare droni carichi, la prossima volta?

IN DEFINITIVA, I DRONI CADUTI IN POLONIA ERANO UN ATTACCO RUSSO?

No. Le prove disponibili lo rendevano altamente improbabile fin dall’inizio, proprio come avevamo ipotizzato.

Ancora una volta, il tempo e i fatti ci hanno dato ragione.

I droni erano del tipo “esca”, privi di esplosivo, e la loro traiettoria era più compatibile con un lancio dall’Ucraina. La narrazione di un attacco russo deliberato è stata ritrattata dalla stessa NATO.

Fine dei giochi. Almeno per ora. Fino alla prossima, disperata, provocazione.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Una opinione su "OMBRE SUL FRONTE ORIENTALE. I DRONI FANTASMA CHE HANNO RISCHIATO DI INCENDIARE LA NATO"

  1. Noi insistiamo molto sulla verifica che viene fatta quando tentiamo di raccontare la verità vera. Quello che in questo pezzo il dottor Pasquale Di Matteo scrive è la pura verità documentata, scomoda per alcuni, ma Vera. Per tutti gli altri diversamente distratti, è inutile che ci si affanni per raccontare una verità di comodo con il misero tentativo di essere sbugiardati, forse derisi, senza nessuna possibilità di movimentare l’intelligenza e le decisioni che dovrebbero essere naturali in una situazione del genere. Confessare di essersi sbagliati. O più propriamente essersi inventati una situazione che giustifichi un intervento. Una situazione talmente pericolosa che sbagliare le valutazioni potrebbe sfociare in una erronea iniziativa bellica.

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