IO DRONO, TU DRONI, EGLI DRONA. COME UN DRONE DA 20.000 EURO DIVENTA L’INVASIONE DELLA NATO NEL CIRCO MEDIATICO, IN STILE ROBERTO MICOZZI

Dalla Romania alla Polonia, la strategia della “minaccia perpetua” ricorda la gag dei bersaglieri di “Io Tigro, Tu Tigri, Egli Tigra”.

Proprio come accaduto al manipolo di sgangherati in divisa, nella commedia comica con Enrico Montesano, anche nella nostra realtà, un non-evento viene trasformato in qualcosa che non esiste.

Tutto per giustificare riarmi e preparativi alla guerra.

Due caccia F-16 contro un drone. Uno soltanto.

Non è una barzelletta, ma l’ultimo atto del “circo mediatico” europeo, degno delle gesta maldestre di Roberto Micozzi, imbarazzante svalvolato interpretato da Enrico Montesano.

L’ILLUSIONE DELLA CRISI IMMINENTE

“Notte di terrore ai confini della NATO”. “Raid russi”. “Jet in volo per respingere la minaccia”.

Il copione sembra proprio quello del film “Io tigro, tu tigri, egli tigra”, recitato con una solennità che farebbe invidia a un telegiornale degli anni ’50.

Un brusio ansioso, un’atmosfera da ultimissima ora, da crisi imminente, costruita con il trapano dei titoli a ripetizione.

Ma cos’è successo davvero?

La risposta è così ridicola che, se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate.

E se non fosse per la macchina perfetta che trasforma un moscerino in un drago, per vendergli poi le armi per abbatterlo. È proprio il copione di “Io Tigro, Tu Tigri, Egli Tigra”, ma con conseguenze che vi costeranno miliardi anziché risate.

SEZIONE I: IL FATTO VS. LA NARRAZIONE – CRONACA DI UN NON-INCIDENTE

Facciamo quello che i nostri giornalisti “professionisti” non fanno più: il fact-checking.

Il fatto nudo e crudo è che un oggetto volante, classificato come “drone”, deviato dalle contromisure elettroniche ucraine, è finito per sconfinare di qualche centinaio di metri nello spazio aereo rumeno.

Da una parte, uno (1) drone. Costo stimato: 20.000 euro. Forse meno. ma fosse anche di più, cambierebbe poco.

Dall’altra, la risposta della NATO: due (2) caccia F-16 decollati in assetto da guerra. Costo di un’ora di volo per una simile operazione di decine di migliaia di euro.

Il bilancio dell’“attacco”?

Il drone, stanco di tanta attenzione, è scomparso dai radar riuscendo dallo spazio aereo rumeno.

Nessun abbattimento. Nessun danno. Nessuna vittima. Zero. Una perfetta metafora della guerra: tanto fragore per nulla, ma a caro prezzo.

Quanto raccontato dalle agenzie di stampa sulle parole del Ministro della Difesa rumeno è questo. Niente di più.

Poi andate a leggere i titoli dei nostri giornali e sembra la sceneggiatura di “Independence Day”.

La discrepanza tra la realtà e la sua narrazione è un abisso. E in quell’abisso, scavato a colpi di click, ci finisce la verità.

SEZIONE II: IL MANUALE DELLA PROPAGANDA – COME SI ALIMENTA “IL CIRCO”

Il metodo è scientifico e preoccupante.

Punto 1, L’Innesco (Il Drone).

Serve un pretesto per alimentare la paura e causare una guerra.

Deve essere piccolo, insignificante, ma perfettamente utilizzabile. Un drone da 20.000 euro è l’innesco perfetto: è “russo” (forse), è “volante”, evoca il pericolo remoto.

È il bersagliere interpretato da Montesano che sconfina in Svizzera. Una figura patetica di un manipolo di uomini che, nella narrazione cinematografica, diventa un intero battaglione.

Così, nella finzione della propaganda italica, un drone diventa una minaccia, la prova provata dell’aggressività della Russia e della sua intenzione di arrivare a Lisbona in tempi brevi.

Solo che non riescono neppure a fare pace col cervello, perché, mentre ci raccontano tali supercazzole, ci ricordano che la Russia non è una superpotenza in quanto è impantanata da tre anni in Ucraina.

Punto 2, il copione collaudato.

Nel 2022, toccava alla Polonia: un “razzo russo” cadde vicino al confine. Notizia martellante per giorni. Poi, le indagini smontarono la propaganda occidentale, perché si scoprì che il missile russo non era russo, ma ucraino.

Solo che nessuno invocò l’art. 5. Nemmeno il 4.

La notizia sparì con lo stesso silenzio che cala dopo una figuraccia.

Poi ci fu il Nord Stream 2, danneggiato seriamente dai russi. Anche in questo caso, tuttavia, la magistratura tedesca ha accertato che l’attentato è stato eseguito dagli ucraini. E anche in questo caso, nessun Art. 4 o 5 invocato.

La scorsa settimana, poi, i droni in Polonia. A ruota, ecco il drone in Romania.

Stessa sequenza: allarme, titoli, silenzio sulle smentite.

Si crea un pattern, un’illusione di continuità della minaccia. È la goccia che scava la pietra dell’opinione pubblica, seguendo quanto spiegato in maniera magistrale dalla teoria della Finestra di Overton.

Punto 3, l’escalation verbale. Si altera il linguaggio.

Non si parla di “oggetto”, ma di “drone da ricognizione”.

Non di “sconfinamento”, ma di “violazione dello spazio aereo”.

Non di “decollo di aerei”, ma di “risposta militare” e “vigilanza rafforzata”.

Ogni termine è scelto per massimizzare la percezione del pericolo e minimizzare l’assurdità della reazione. È la retorica della paura, quella che, con la parte di popolazione che non si informa su ciò che accade nel mondo da più fonti, funziona sempre.

SEZIONE III: CUI PRODEST? SEGUIRE IL DENARO E IL POTERE

A questo punto, anche uno studente poco sveglio dovrebbe porsi la domanda delle domande: “cui prodest? A chi giova?”

A giustificare il riarmo, è palese. Giova a chi deve vendere la necessità di spendere miliardi per l’industria bellica.

Un drone che sconfina?

Perfetto! Ecco la giustificazione per schierare 40.000 soldati alla frontiera orientale. Ecco il motivo per alzare i budget della difesa in tutta Europa. Ecco la scusa per rifornire l’Ucraina di sempre più armamenti, per quei 120 miliardi chiesti ancora da Zelensky.

Tuttavia, c’è un problema, una falla narrativa gigantesca.

Da un lato, ci raccontano di una Russia fallita, con soldati armati solo di pale, senza stivali, incapace di vincere nonostante tutto.

Dall’altro, questa stessa Russia sarebbe una minaccia esistenziale per la NATO, la più potente alleanza militare della storia, al punto che un suo drone, uno soltanto, costringe due F-16 a un inseguimento degno di uno sketch comico.

Le due cose non possono essere entrambe vere.

È una schizofrenia narrativa utile solo a giustificare qualsiasi spesa, qualsiasi intervento.

La Russia è forte e pericolosa quando serve a spaventare, ma è debole e patetica quando serve a giustificare l’invio di armi per “dare il colpo di grazia”.

Il prezzo di questa farsa lo paghiamo noi.

Mentre i nostri governi svuotano le casse pubbliche per comprare carri armati e aerei da caccia per inseguire fantasmi, la sanità crolla, le scuole cadono a pezzi, il costo della vita diventa insostenibile e si mettono in discussione le politiche di welfare.

Il vero raid ai nostri confini non è quello del drone, ma quello dei bilanci che vengono violati per finanziare un’economia di guerra che ha bisogno di nemici per sopravvivere.

Tutto per salvare il tintinnio di manette a politici che hanno fallito ogni politica possibile, ogni analisi, ogni ipotesi, ogni visione. E, in un mondo normale, dovrebbero pagarne il conto.

L’ECLISSI DELLA RAGIONE E IL PREZZO DELLA PAURA

Il vero pericolo, quindi, non è un drone fuori rotta.

Il vero pericolo per noi tutti è un sistema mediatico-politico che ha abdicato al suo dovere di informare per dedicarsi esclusivamente a suggestionare, a creare nemici e pericoli a fini politici e in favore di certe lobby.

È l’eclissi della ragione a favore dell’istinto primordiale della paura. E del dio denaro.

Si osserva, con preoccupante compiacimento, il fallimento sistematico di ogni via diplomatica, come se la guerra fosse l’unico destino possibile e, forse, persino desiderabile per chi ne trae profitto.

Chiudiamo allora con un appello alla ragione, quella che manca ai telegiornali e gran parte dei giornalisti italiani.

Mentre i nostri schermi si riempiono di minacce fabbricate e i nostri cieli di costosissimi jet a caccia di fantasmi, – alla faccia delle politiche green, – le nostre tasche si svuotano e la pace si allontana.

La domanda che dobbiamo porci non è più se siamo al sicuro dalla Russia, ma se siamo al sicuro da chi pretende di difenderci.

Che sia l’Europa il nemico di cui avere paura?

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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