DRONI IN POLONIA: INCIDENTE, ERRORE O PROVOCAZIONE? L’OMBRA DI KIEV DIETRO L’ULTIMO CASUS BELLI

Dai microchip al “missile russo” in Polonia, dalle pale dell’Ottocento fino al Nordstream danneggiato da Mosca e al GPS dell’aereo di von der Leyen, abbiamo assistito a una lunga scia di disinformazione che rischia di trascinare la NATO in guerra.

Mentre l’Occidente condanna Mosca per “presunti” droni russi, i fatti presentano una realtà più complessa e inquietante.

I cieli polacchi sono diventati teatro di droni “non identificati” che hanno violato lo spazio aereo NATO.

Il buonsenso avrebbe richiesto un’indagine per accertare la reale provenienza di questi droni prima di sbilanciarsi, invece, si è subito scatenata una reazione dei media occidentali contro Mosca, come fosse un’azione propagandistica preparata da tempo.

Ma non esistono prove che i droni siano russi, se non presunte scritte in cirillico sui rottami che potrebbero essere state applicate da chiunque, così come l’esercito di Kiev avrebbe potuto facilmente utilizzare droni catturati al nemico.

Inoltre, questi droni vagavano senza bersagli, come smarriti per un’interferenza, perciò parlare di attacco è una fake news.

Varsavia parla di “violazione senza precedenti”. Von der Leyen annuncia 6 miliardi di aiuti e un’alleanza sui droni con l’Ucraina.

I falchi occidentali gridano all’aggressione russa. Zelensky accusa Mosca di attaccare direttamente la NATO e punta tutto sulla guerra mondiale, la sola cosa che potrebbe salvare la sua carriera politica.

Ma tante cose non tornano.

I droni russi erano privi di testata esplosiva, perciò non regge la tesi dell’attacco deliberato.

Il Ministero della Difesa russo nega qualsiasi obiettivo in Polonia, inoltre, le forze bielorusse hanno avvertito Varsavia in tempo reale, avvisando di droni fuori controllo, cosa incompatibile con un attacco coordinato. E anche i sassi sanno che se la Russia volesse colpire e far male alla Polonia, basterebbero un paio dei suoi missili ipersonici caricati con testate vere.

Perciò, fa sorridere sentire tesi per cui la Russia vorrebbe testare le capacità di risposta della NATO, in primo luogo perché Washington e Mosca hanno apparati che conoscono il nemico in maniera quasi chirurgica, in second’analisi, Mosca ha a disposizione missili ipersonici imprendibili per i sistemi di difesa NATO, motivo per cui la Russia non ha bisogno di provare alcunché.

Per quale motivo, dunque, la Russia dovrebbe colpire la Polonia? Quale vantaggi otterrebbe?

Nessuno. Ecco perché anche solo ipotizzare un attacco russo è analisi da bar.

La NATO e Tusk, dopo le prime parole irresponsabili, ora sembrano meno convinti e parlano di “provocazione”, non più di “attacco”.

Ma cosa è accaduto in maniera più probabile?

Proviamo a valutare i fatti.

Kiev è in difficoltà militare quasi tragica. La sua unica speranza è un intervento diretto della NATO. E questo è dimostrato dal campo di battaglia.

I droni in Polonia, territorio NATO, potrebbero fornire il pretesto perfetto per un’escalation.

Le “scritte in cirillico”, facilmente falsificabili o applicate su droni catturati alla Russia, e la rapida diffusione di video allarmistici da parte di provocatori ucraini in Polonia suggeriscono un’operazione preparata nei minimi particolari, in netto contrasto con quanto ci si aspetterebbe in casi del genere, cioè riprese concitate dopo la scoperta improvvisa di oggetti non identificati nei cieli.

LA LUNGA SCIA DELLE “FAKE NEWS” RUSSOFOBE

D’altronde, quelli che in queste ore parlano di attacco russo sono gl stessi che hanno raccontato frottole per tre anni.

Si può ancora credere loro?

Il missile del 2022, piovuto in Polonia, fu inizialmente identificato come russo, poi si accertò che era ucraino. Il danneggiamento del Nord Stream, attribuito inizialmente a Mosca, è stato, invece, un atto terroristico ucraino, come accertato dalle indagini tedesche.

Poi, dai microchip rubati dagli elettrodomestici alle pale dell’800, di panzane ne hanno raccontate così tante che la loro credibilità è pari a quella di un baro professionista.

IL DOPPIO STANDARD GEOPOLITICO

Droni disarmati che violano lo spazio aereo senza una meta precisa, perciò, se fossero davvero russi, è chiaro che avevano perso il controllo e che si è trattato di un incidente, ma ecco che l’Europa grida compatta all’atto di guerra.

Intanto, Israele viola la sovranità del Qatar per omicidi mirati, ma non ci sono riunioni né sanzioni, neppure un avvertimento concreto, se non parole di fuoco e post ai quali, per ora, non è seguito niente di tangibile.

Lo stesso recente discorso di von der Leyen, che ha annunciato lo stop all’accordo commerciale con Israele, non trova riscontro reale tra la volontà dei governi europei.

Anche un cerebroleso comprende che si applicano due pesi e due misure, accanendosi contro la Russia e cercando ogni pretesto per alimentare lo scontro, mentre si perdona tutto a Israele.

Il che dimostra perché è molto probabile che i droni con le presunte scritte in cirillico non siano affatto partiti dall’esercito russo, ma che si tratti di un ennesimo tentativo di attirare la NATO nel conflitto e di giustificare spese per armi e politiche belliciste che servono a salvare dal fallimento gli attuali leader europei.

Si dice che la tesi più logica e più semplice sia anche la più probabile, perciò l’incidente dei droni in Polonia appare come un pericolosissimo tentativo di provocazione orchestrato da chi avrebbe tutto da guadagnare e niente da perdere da un ingresso della NATO nel conflitto ucraino.

E c’è solo un governo che corrisponde a questo profilo. E no, non è affatto quello di Mosca, che da un coinvolgimento della NATO avrebbe solo da perdere.

L’Occidente, accecato dalla retorica russofoba, rischia di cadere in una trappola che potrebbe trascinarlo in una guerra mondiale e, con questa cecità politica, la domanda non è più “se” accadrà l’incidente decisivo, ma “quando”.

E se saremo abbastanza lucidi da riconoscere una provocazione di chi sta cercando con ogni mezzo di trascinarci in guerra per salvarsi.

Forse, invece di invocare l’art. 4 per droni che vagano senza meta, sarebbe stato il caso di invocare l’art. 5 per l’aggressione all’Europa con l’attentato al NordStream?

Ma ciò avrebbe distrutto le politiche del riarmo e la narrazione bellicista del nemico russo a ogni costo.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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