Dietro la cortina fumogena della lotta al narcotraffico, Stati Uniti e Francia ridisegnano la mappa del potere in America Latina. Un’inchiesta sulle reali poste in gioco, dalle immense riserve petrolifere alla nascita di un nuovo, pericoloso, paradigma delle relazioni internazionali.
L’ATTACCO, PROLOGO ALL’ABISSO
Un sottomarino nucleare classe Virginia, un mostro tecnologico da 3,5 miliardi di dollari, fende le acque calde dei Caraibi come un pugnale invisibile di una flotta da guerra che conta sette navi e 4.500 soldati.
A sorpresa, si unisce alla danza la Tonnerre, nave d’assalto anfibia francese della classe Mistral.
La narrazione ufficiale parla di lotta al narcotraffico che ha il sapore agrodolce di una fiaba per ingenui. La Francia giustifica il suo intervento con la necessità di proteggere i propri interessi e i territori d’oltremare nella regione, come la Guadalupa e la Martinica.
Ciò a cui stiamo assistendo è la prima, fragorosa mossa su una scacchiera grande quanto il pianeta che si sta riorganizzando. Una partita silenziosa per l’egemonia, dove il Venezuela, la sua crisi umanitaria e le sue ricchezze sono la posta in gioco.
Il primo capitolo di una nuova Guerra Fredda.
LA SCINTILLA NEI CARAIBI. ANATOMIA DI UN DISPIEGAMENTO SENZA PRECEDENTI
La storia si ripete, ma lo fa con un armamentario nuovo e una cinica consapevolezza. Il dispiegamento militare nell’Atlantico occidentale non è un’esercitazione, ma un messaggio in codice indirizzato al mondo.
La task force inviata dall’amministrazione Trump non è solo una squadra di polizia antidroga, ma uno strumento di proiezione di potenza puro, per esibire muscoli d’acciaio.
La sua composizione parla un linguaggio inequivocabile: il sottomarino nucleare, capace di condurre operazioni clandestine e di intelligence; le fregate e i cacciatorpediniere, scudi per la difesa aerea e di squadra; i 4.500 marines, una forza d’invasione in miniatura.
Sembra l’architettura di un blocco navale, di un’operazione di “pressione massima” che ha il solo vero obiettivo di strangolare un paese sovrano senza dichiarare formalmente guerra.

L’ENIGMA FRANCESE, IL CAVALIERE OSCURO DELL’UNIONE EUROPEA
L’arrivo della Tonnerre è la variabile che trasforma la crisi regionale in un conflitto geopolitico mondiale.
Perché la Francia, potenza mediterranea e atlantica, dovrebbe impegnarsi così a sud-ovest in un momento in cui è in crisi finanziaria e politica?
Per diversi motivi.
Primo: la difesa degli Départements et Régions d’Outre-Mer (DROM) di Martinica e Guadalupa, avamposti europei nei Caraibi, vulnerabili a qualsiasi destabilizzazione e a flussi migratori incontrollati.
Secondo, e più cruciale: Parigi sta giocando una partita di potere all’interno della NATO e dell’UE.
Allineandosi pubblicamente e militarmente a Washington, Macron cerca di ritagliarsi il ruolo di leader europeo più influente, acquistando capitale politico da spendere in future trattative, in un calcolo pericoloso, che segna una frattura nell’ambigua posizione europea sul Venezuela.
L’ESCALATION VERBALE: OLTRE LA LINEA ROSSA DIPLOMATICA
La retorica è sempre stata un’arma. Trump l’ha trasformata in un’atomica diplomatica. La minaccia esplicita di “abbattere e distruggere” gli F-16 venezuelani che osassero molestare le navi USA non è una sparata casuale, ma la deliberata distruzione di ogni protocollo di de-escalation.
Equipara un’aeronautica militare di uno stato sovrano a dei criminali da eliminare, proprio come fatto in Iran.
Questo linguaggio, studiato e rilasciato tramite Twitter, ha l’obiettivo di normalizzare l’idea di un conflitto armato, preparando l’opinione pubblica nazionale e internazionale all’inevitabile. È la militarizzazione della percezione.

IL VELO DEL NARCOTRAFFICO. LA VERITÀ UFFICIALE E I SUOI BUCHI NERI
La lotta al narcotraffico è il pretesto più nobile e conveniente della geopolitica moderna. Funziona sempre.
Ma analizziamo i dati.
Secondo la DEA statunitense, meno del 4% della cocaina diretta verso gli USA transita attraverso le rotte venezuelane. La stragrande maggioranza passa ancora per il Pacifico, dal Centroamerica e dal Messico.
Perciò, giustifica questa percentuale marginale il più grande dispiegamento militare USA nella regione dagli anni ’80?!
La risposta è, ovviamente, no.
L’operazione è sproporzionata per il fine dichiarato. È come usare un martello pneumatico per schiacciare una formica.
Esperti di sicurezza, come il venezuelano Rocío San Miguel o l’analista statunitense William Brownfield, hanno più volte sottolineato la natura prevalentemente corruttiva e non istituzionale del narcotraffico in Venezuela.
Non è uno “stato narco”, ma uno stato le cui istituzioni fragili sono penetrate dalla criminalità. Una distinzione cruciale che viene appiattita per giustificare l’intervento.
L’ORDINE ESECUTIVO DI TRUMP: LA LICENZA DI UCCIDERE
Trump emana un ordine esecutivo che equipara il narcotraffico al terrorismo, un cambiamento di paradigma legale dalle conseguenze devastanti.
In termini di regole d’ingaggio, autorizza le forze statunitensi a trattare i sospetti trafficanti come combattenti nemici, applicando una forza letale senza le limitazioni del diritto penale internazionale.
Di fatto, è una “licenza di uccidere” che bypassa le convenzioni sui diritti umani e il diritto internazionale umanitario.
Crea una zona grigia giuridica dove qualsiasi azione può essere giustificata a posteriori con la scusa della lotta al terrore. È lo stesso framework giuridico usato nei teatri di guerra mediorientali, ora importato nel “cortile di casa” americano.
IL COLPO A SORPRESA: IL SILENZIO DEI MEDIA
Quanto è stata amplificata la notizia della partecipazione francese dai grandi network internazionali? Poco. Molto poco. Quasi per nulla.
Questo silenzio mediatico non è casuale, ma una chiara volontà di non inquadrare la crisi per quello che è realmente: un’internazionalizzazione di un conflitto interno.
Includere una potenza NATO europea complica enormemente la narrazione, introducendo il fantasma di un nuovo colonialismo euro-atlantico.
È molto più comodo mantenere la facciata di un’operazione di polizia guidata dagli USA per una causa “universale” come la lotta alla droga.
Minimizzare il ruolo francese significa controllare la percezione dell’evento ed evitare di accendere pericolosi dibattiti sull’erosione della sovranità nazionale in America Latina.
“IT’S THE OIL, STUPID!”. IL VERO NOCCIOLO DEL CONFLITTO
Come mi insegnò un mio vecchio professore, nella geopolitica, seguire sempre i soldi. E i soldi, qui, sono neri, viscosi e giacciono nel sottosuolo venezuelano.
IL TESORO NERO DEL VENEZUELA: L’ELDORADO PROIBITO
Il Venezuela detiene un primato imbarazzante per le potenze globali: 304 miliardi di barili di petrolio accertati, la riserva più grande del pianeta.
In un’era come la nostra, di transizione energetica, questo non è un vantaggio, ma un’arma strategica.
Chi controllerà quella riserva controllerà una leva fondamentale sull’economia globale per i prossimi 50 anni. Forse, i prossimi 100.
Non si tratta solo di estrarre petrolio oggi; si tratta di controllare il picco della domanda futura e di dettare i prezzi.
Il potenziale del Venezuela, se sviluppato da capitali e tecnologia stranieri, potrebbe frantumare il potere di cartelli come l’OPEC+ e ridisegnare la geografia energetica mondiale.
Washington lo sa. Parigi lo sa. Pechino lo sa. E lo sa anche Mosca.
E… davvero pensate che Putin e Trump si siano incontrati in Alaska per discutere solo di Zelensky e dei fenomeni alla guida dei paesi europei?

LA GUERRA SILENZIOSA DELLE SANZIONI: L’ASSEDIO ECONOMICO
Prima delle portaerei, sono arrivati i decreti.
Le sanzioni USA non sono misure punitive, ma un’arma di guerra economica sofisticata e letale.
Il caso emblematico è la revoca delle licenze “oil-for-debt” a compagnie europee come l’italiana ENI e la spagnola Repsol.
Queste licenze permettevano alle compagnie di caricare petrolio venezuelano per ripagare i debiti contratti da Caracas nei loro confronti. Una misura umanitaria che teneva in vita un settimo dell’industria nazionale.
La revoca ha avuto un duplice, diabolico, effetto: 1) ha strangolato l’ultimo afflusso di dollari nell’economia venezuelana, accelerandone il collasso; 2) ha tagliato fuori l’Europa dall’accesso a quel petrolio, consegnando il monopolio futuro alle compagnie americane – come Chevron, a cui invece è stata rinnovata una licenza speciale – una volta che il governo Maduro sarà stato estromesso.
È un capolavoro di geopolitica economica che punisce il nemico e gli alleati simultaneamente. Ma per Trump non ci sono alleati. Ci sono solo gli americani.
CONSEGUENZE A CASCATA: IL COLLASSO UMANO
I numeri della crisi sono apocalittici.
Un’inflazione che nel 2023 ha toccato il 238%, una svalutazione del Bolivar che lo ha reso carta straccia, una dollarizzazione de facto tramite criptovalute come il USDT che segna la resa totale della sovranità monetaria.
La popolazione sopravvive, non vive.
Il dispiegamento militare non è la causa di questo collasso, ne è il colpo di grazia. È il momento in cui l’assedio economico si trasforma in un assedio fisico, militare, finale.
Il messaggio è chiaro: non ci sarà tregua, non ci sarà via d’uscita, finché la testa del regime non cadrà.
LA SCACCHIERA. CHI GIOCA E CHI STA A GUARDARE
Il Venezuela è solo una scacchiera dove si fronteggiano scacchisti. I giocatori sono molti e le loro mosse qui detteranno le regole per i prossimi decenni.
LA NUOVA DOTTRINA MONROE: IL “DESTINO MANIFESTO” DEL XXI SECOLO
L’azione di Trump non è un’anomalia, ma l’ultima, violenta, espressione della Dottrina Monroe, il principio per cui le Americhe sono di competenza esclusiva degli Stati Uniti.
Ma c’è una svolta. Se storicamente la dottrina era difensiva (“l’America agli americani”), ora è offensiva e unilaterale (“l’America agli Stati Uniti”).
L’obiettivo non è solo il Venezuela, ma è un monito chiaro e brutale a tutte le potenze regionali: il Brasile, l’Argentina, la Colombia.
Il “cortile di casa” è sotto nuova, ferrea, amministrazione. Qualsiasi velleità di autonomia o di partnership con rivali internazionali (Cina) sarà stroncata.
L’ISOLAMENTO DI MADURO: GLI ALLEATI FANTASMA
L’asse bolivariano è fragile. Cuba è stremata dalla crisi economica e dipendente dal petrolio venezuelano che non arriva più.
Il Nicaragua di Ortega è un regime paria, senza peso geopolitico. La Bolivia ha virato decisamente a destra, privando Maduro del suo alleato più importante e strategico nel continente.
Il sostegno è frammentato, retorico, ma privo di una reale capacità di proiezione militare o economica.
Maduro è solo, circondato da un cerchio di fuoco che si stringe sempre di più.
IL SILENZIO ASSORDANTE DEI GIGANTI: LA PARTITA DELLE SUPER-POTENZE
A questo punto, sorge spontanea una domanda: «Perché Russia e Cina, tradizionali sostenitori di Caracas, tacciono?»
La risposta si trova in un calcolo strategico glaciale, quanto spietato.
Per Pechino e Mosca, il Venezuela è una pedina sacrificabile in una partita molto più grande.
Il loro silenzio è un messaggio cifrato a Washington: “Non interferiremo nel tuo cortile di casa, in cambio, tu non interferirai nel nostro”. Significa mani libere per la Russia nella sua sfera d’influenza (Ucraina, Bielorussia) e per la Cina nella sua (Mar Cinese Meridionale, Taiwan).
È il ritorno alle sfere d’influenza dell’Ottocento, un baratto cinico sulla pelle dei venezuelani e degli ucraini.
Il multilateralismo è morto. Sono tornate le grandi sfere di potere.
L’ALBA DEL NUOVO ORDINE. IL MONDO AL BIVIO DEL 2030
La crisi venezuelana non è un evento isolato. È il sintomo più acuto della febbre che sta consumando l’ordine globale.
UN MONDO DI CONFLITTI CRESCENTI: LA GRANDE FRAMMENTAZIONE
Stiamo entrando in un’era di “disordine ordinato”.
La fine del predominio unipolare USA ha creato un vuoto di potere e, in quel vuoto, emergono attori regionali e super-potenze rivali che competono per stabilire nuove sfere di influenza.
Il Venezuela è il primo campo di battaglia di questa nuova era. Ma non sarà l’ultimo.
Guardate all’Ucraina, al Mar Cinese Meridionale, alla Libia, alla Siria. Lo schema è identico: pressione ibrida, guerra economica, guerre per procura e, infine, l’uso della forza militare mascherata da altre motivazioni (lotta al terrorismo, peacekeeping, intervento umanitario).
OLTRE IL VENEZUELA: I PROSSIMI CAMPI DI BATTAGLIA
Dove si replicherà questo schema?
L’Africa è il candidato principale. Un continente ricco di risorse naturali, con stati fragili e una presenza sempre più assertiva di Russia (con il Gruppo Wagner) e Cina (con la Belt and Road Initiative).
Il prossimo scontro per le risorse critiche – terre rare, cobalto, litio… – avverrà lì e userà lo stesso copione: destabilizzazione, intervento per “riportare l’ordine”, controllo delle risorse.
DOMANDE APERTE: SULL’ORLO DEL BARATRO IN VENEZUELA?
L’operazione porterà a un’invasione diretta?
Probabilmente no. Un’invasione sarebbe un pantano logistico e umanitario senza fine. Perciò, l’obiettivo è più sottile: un blocco navale de facto, un lento strangolamento che porti a una rottura interna dell’esercito venezuelano e a un colpo di stato.
Il punto di non ritorno sarà superato quando la prima nave petroliera iraniana o russa cercherà di forzare il blocco per portare aiuti a Caracas.
Quel giorno, nei Caraibi, non si tireranno più i grilletti per colpire dei narcos, ma per dare il via alla Terza Guerra Mondiale, combattuta a pezzi, un conflitto per procura alla volta.
La partita a scacchi giocata con portaerei e sottomarini nucleari nei Caraibi non deciderà solo il destino del Venezuela, ma sta già decidendo il futuro del pianeta.
E, per ora, lo sta decidendo senza il nostro consenso.

Come si inquadra in tutto ciò la piattaforma petrolifera cinese?Floating oil facility arrives in Venezuela for China Concord’s project, sources say | | | | | |
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| | | | Floating oil facility arrives in Venezuela for China Concord’s project, sources say The first new floating facility to produce crude at a $1 billion project operated by China Concord Resources Corp in Venezuela has arrived in Lake Maracaibo, the country’s second largest output region, according to two sources and images. | |
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