LA QUARTA DI MAHLER ALLA FENICE: L’INFANZIA CELESTE DI RUSTIONI E FEOLA

VENEZIA – Un dialogo tra il cielo e la terra, tra l’innocenza infantile e la più profonda malinconia.

Questa è la sintesi della Quarta Sinfonia di Gustav Mahler, opera che il Teatro La Fenice di Venezia ha affidato all’estro del direttore Daniele Rustioni e alla voce del soprano Rosa Feola.

Dopo il successo della prima del 5 settembre, la replica andata in scena sabato 6 settembre è stata un appuntamento speciale, interamente dedicato a un pubblico under35.

Un’occasione unica per accostarsi a un capolavoro che non smette di interrogare l’anima.

UN CAPOLAVORO DI TRANSIZIONE: TRA INCANTO E DISINCANTO

Composta tra il 1899 e il 1900, la Quarta Sinfonia di Mahler rappresenta un punto di svolta essenziale nella sua produzione, poiché chiude il ciclo delle sinfonie ispirate alla raccolta poetica Des Knaben Wunderhorn (Il corno magico del fanciullo).

Allo stesso tempo, inaugura un nuovo ciclo, caratterizzato da una scrittura più essenziale, da un contrappunto severo e da un’orchestrazione trasparente ed esaustiva.

La sua genesi, però, è più lunga e intricata. Il movimento finale, il lied Das himmlische Leben (La vita celestiale), fu infatti composto nel 1892, ben otto anni prima.

Un brano che non è una semplice conclusione, ma il seme da cui germoglia l’intera sinfonia.

Mahler costruisce i tre movimenti precedenti come un immenso preludio tematico e spirituale a quella visione finale, capovolgendo la logica sinfonica tradizionale. Il paradiso, con tutte le sue ambiguità, diventa il punto di partenza e al contempo l’approdo.

L’ANALISI: UN VIAGGIO NELL’ANIMA TRA SONAGLI E VIOLINI MACABRI

IL PRIMO MOVIMENTO (BEDÄCHTIG. NICHT EILEN) si apre con un tintinnio di sonagli. Un suono fanciullesco, ma che il filosofo Theodor W. Adorno leggeva come un segnale d’ironia: «nulla di ciò che state ascoltando è vero».

È l’ingresso in un mondo di finzione, di ricordi o forse di sogno.

La struttura è quella classica della forma-sonata, ma il trattamento è tutto mahleriano: gli strumenti sono usati in modo “improprio”, i temi si intrecciano in una complessa polifonia che maschera un’inquietudine sottile sotto un velo di serenità.

IL SECONDO MOVIMENTO (IN GEMÄCHLICHER BEWEGUNG. OHNE HAST) è uno Scherzo grottesco. Il ritmo è quello di un Ländler, una danza popolare, ma resa sinistra e spettrale.

Il protagonista è un violino solista accordato un tono sopra il normale, il cui suono acuto e stridente imita il violino dei suonatori ambulanti.

Una figura allegorica della morte nella tradizione tedesca, che qui guida i bambini in una danza macabra verso l’aldilà.

IL TERZO MOVIMENTO (RUHEVOLL) è un Adagio di struggente bellezza. Lo stesso Mahler lo considerava tra le pagine meglio riuscite di tutta la sua produzione.

È una melodia serena e triste al tempo stesso, costruita su una serie di variazioni. Momenti di quiete assoluta si alternano a passaggi oscuri, spettrali, fino a un improvviso e traumatico fortissimo degli ottoni che squarcia il velo e anticipa il tema del paradiso.

È la crisi prima della (presunta) redenzione.

IL QUARTO MOVIMENTO (SEHR BEHAGLICH) è la voce del cielo. Il soprano entra in scena per intonare Das himmlische Leben. La voce deve avere un’«espressione infantilmente serena, assolutamente senza parodia».

Il testo, visto attraverso gli occhi di un bambino, descrive un paradiso fatto di delizie gastronomiche: pane, vino, pesci che appaiono miracolosamente, angeli che infornano il pane.

Ma è un’innocenza perturbante, che mescola immagini giocose a dettagli macabri (si macella un agnello senza che soffra).

Non c’è un trionfo eroico, ma una visione ambigua, sospesa, che apre a una crisi esistenziale più che chiuderla.

RUSTIONI, FEOLA E L’ENERGIA UNDER35: UN CONCERTO NECESSARIO

Affidare questa sinfonia così intima e complessa al Maestro Daniele Rustioni è stata una scelta azzeccata. La sua direzione, chiara, energica e attenta alla trasparenza delle trame orchestrali, è stata una guida ideale per districare i molti piani emotivi della partitura.

Al suo fianco, un’interprete d’eccezione: Rosa Feola, soprano tra i più acclamati della sua generazione, dalla tecnica impeccabile e dalla rara capacità di donare purezza e profondità a ogni frase.

La sua voce è stata lo strumento che ha dato vita all’ambigua innocenza del finale.

La scelta di dedicare la replica di sabato 6 settembre al pubblico under35 non è stata solo una brillante operazione di marketing, ma soprattutto un’estroflessione della stessa sinfonia, poiché questa particolare opera di Mahler, con le sue domande sull’infanzia, sulla perdita, sulla ricerca di un paradiso forse irraggiungibile, parla direttamente alle nuove generazioni.

È musica che non offre certezze, ma costringe all’ascolto attivo, alla riflessione.

Il Teatro La Fenice si conferma così non solo tempio della tradizione, ma luogo vivo e aperto al futuro, dove la complessità di Mahler può trovare un nuovo, vitale, pubblico.

E dove la Musica vera dimostra anche all’era superficiale e digitale che esiste un’alternativa all’oblio culturale.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Rispondi