IL COMPLESSO DI MACRON. LA RETORICA NASCONDE LA PAURA DEL SORPASSO ITALIANO

La diatriba scatenata dalle parole del ministro Salvini hanno scaldato gli animi del presidente francese, che in patria è sempre più isolato, perciò è costretto a dedicare anima e corpo alla politica estera per mantenere alto il suo ego.

Salvini gli ha praticamente detto che, se proprio vuole andare in guerra, che vada lui al fronte.

Certamente, avrebbe potuto usare parole più consone a un ruolo istituzionale, ma il leader della Lega ha più volte dimostrato di non essere un campione di Comunicazione e Relazioni internazionali.

Tuttavia, il concetto espresso da Salvini è condiviso dalla quasi totalità degli italiani, e sono convinto che anche tanti interventisti da tastiera, che applaudono ad armi e sanzioni, qualora arrivasse il precetto militare per sé o per i figli, si provocherebbero gravi lesioni pur di non partire.

MA DAVVERO MACRON SE L’È PRESA PER IL TRAM?

Macron, si sa, ha un ego elevatissimo, come dimostra in ogni occasione, pur senza ottenere un grande successo.

Ma la politica è un palcoscenico dove si recita una commedia per distrarre il pubblico dal vero dramma che si consuma in platea e l’ultima, scomposta, reazione di Emmanuel Macron alle colorite esternazioni di Matteo Salvini – il cui invito ad attaccarsi “al tram” suona più da spogliatoio che da ministero – ne è la prova lampante.

Il presidente francese, con un’opposizione interna che avanza e un popolo che lo ripudia, ha bisogno di un nemico esterno per restare a galla, un cattivo da additare per distogliere l’attenzione dai suoi fallimenti politici.

Salvini gli ha offerto un assist.

Ma la verità, quella nuda e cruda che i numeri raccontano senza sconti per nessuno, è un’altra e afferma che Macron non ci attacca perché ci disprezza, ma perché, per la prima volta dopo decenni, ci teme.

NON È GEOPOLITICA, È PSICOLOGIA. L’EGO FERITO DI UNA POTENZA IN DECLINO

Salvini, si sa, non è un maestro di diplomazia.

Avrebbe potuto imbastire una nota formale o un comunicato per sostenere che l’Italia ripudia la guerra e sta già andando ben oltre i dettami costituzionali con il caso Ucraina.

Avrebbe potuto usare un linguaggio degno di un ruolo istituzionale, invece ha scelto la ruvidezza dell’uomo di piazza, tuttavia, al di là dei limiti del personaggio, proviamo a non perdere tempo a fissare il dito e osserviamo il firmamento della sostanza.

Il concetto espresso da Salvini tocca un nervo scoperto che ogni italiano, nel suo intimo, percepisce come vero: l’Italia e gli italiani ripudiano la guerra. E se Macron non vede l’ora di partire, che si arruoli pure, o mandi i suoi giovani.

Ma Macron polemizza per ben altra ragione.

Polemizza perché vede sfumare l’egemonia francese sul Vecchio Continente, un’egemonia culturale, economica e militare data per scontata per generazioni, ma che oggi vacilla.

IL SORPASSO ITALIANO NEI FATTI, NON NELLE PAROLE

La retorica si combatte con i dati. E qui la Francia perde a mani basse.

IL DEVASTANTE DIVARIO COMMERCIALE ITALIA-FRANCIA

Nel 2023, l’Italia ha chiuso con un avanzo commerciale record di oltre 36 miliardi di euro. La Francia, ex locomotiva d’Europa, ha registrato un deficit mostruoso, di quasi 100 miliardi.

Mentre noi produciamo ed esportiamo, loro consumano e importano.

Nel settore energetico, la strategia di ENI è un caso studio in tutte le business school del mondo.

Concessionarie in Mozambico, gasdotto EastMed, accordi in Algeria e Libia… ENI naviga da padrona nel Mediterraneo, mentre la francese TotalEnergies arranca, intrappolata in margini ridotti e difficoltà a competere a livello internazionale.

E no, non è un caso che sia una delle aziende con forti interessi in Ucraina. Non è un caso nemmeno che Macron sia così a favore della guerra.

MANIFATTURA E LUSSO, IL MADE IN ITALY TRIONFA IN BORSA

Il miracolo silenzioso è la nostra manifattura, che vale il 20% del PIL, il doppio di quella francese, tuttavia è nel tempio del capitalismo, la Borsa, che il verdetto è impietoso.

I colossi del lusso italiano, come Ferrari, Moncler, Armani.., surclassano per valutazioni e moltiplicatori i giganti d’Oltralpe e il mondo è disposto a pagare il premium price per il sogno italiano, mentre quello francese stanca e/o arranca.

I MERCATI TEMONO PIÙ PARIGI DI ROMA

E questo è il dato più umiliante per Parigi.

L’Italia, con un debito pubblico mostruoso, che ha sfondato i 3000 miliardi con il governo Meloni, mantiene uno spread stabile, tra 110 e 145 punti base, perché l’economia produce, cresce ed esporta.

La Francia, che ha sempre pontificato sui nostri conti, rischia di chiudere il 2025 con un debito superiore a 3.340 miliardi di euro, oltre il 115% del PIL.

Leonardo, che ha superato Dassault per valore complessivo e ordini acquisiti, ha chiuso il primo semestre 2025 con ordini pari a circa 11,2 miliardi di euro, con + 9,7% sugli ordini e + 12,9% sui ricavi, rispetto allo stesso periodo del 2024, raggiungendo un portafoglio ordini complessivo di circa 45-46 miliardi di euro.

I mercati, quei mercati spietati che Macron ama citare spesso, stanno dicendo che, oggi, il rischio default è più concreto a Parigi che a Roma.

La “croissant-economy” ha le ore contate, perciò Macron è così nervoso.

FONTI: Public Senat; Insee; Banca d’Italia; Finanza Digitale; Leonardo.

IL NERVO SCOPERTO. L’AFRICA NON È PIÙ FRANCESE

Ma il vero, grandissimo, nervo scoperto di Macron è la perdita dell’“Africa Francese”.

Per decenni, Parigi ha trattato il continente come il suo cortile di casa, un serbatoio di risorse e un mercato per i suoi prodotti.

Oggi, la pragmatica diplomazia italiana, fatta di investimenti, partnership paritarie, energia e infrastrutture, sta scalzando la presenza coloniale francese.

Ogni accordo firmato da Roma in Algeria, in Libia, in Mozambico, è una pugnalata al cuore di un modello di egemonia obsoleto, ancora legato all’epoca coloniale degli imperi.

Macron polemizza sull’immigrazione e sulla Libia perché vede sfumare il suo ultimo, grande, giardino di casa, il che si traduce in perdite di leadership, economiche, industriali, e di peso politico.

LA PAURA DI MACRON È UN’AMMISSIONE DI DEBOLEZZA

Macron non inveisce contro l’Italia per le parole di Salvini, ma perché l’Italia non è quella che vorrebbe. Non solo perché non segue la sua linea bellicista, ma anche, e soprattutto, perché è un competitor commerciale più forte del previsto.

Non è questione di Salvini, o di Meloni, o di chiunque sia al governo. È questione di trend. Di forza economica. Di visione.

Macron ci attacca perché non sa più come competere sul campo. Usa la retorica perché i numeri non gliela danno vinta, né a livello economico e nemmeno in Ucraina.

Il suo “treno dei volenterosi” è inconsistente contro la Russia, che sta vincendo in Ucraina; il suo partito è stato preso a calci nelle ultime elezioni, dove i francesi hanno votato per estrema destra ed estrema sinistra pur di non votare per Macron.

E l’Africa sta scappando da Parigi.

Perciò, il suo nervosismo non è per Salvini, ma per la sua lenta caduta.

La vera notizia, dunque, non è che la Francia ci detesta, ma che, finalmente, ci teme. E quando un avversario che ha paura comincia a offendere, significa che ha già perso metà della partita.

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Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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