E SE FOSSE LA FINE?

Se nel business ci sono sempre stati alti e bassi, nell’alta moda il pendolarismo dei gusti e degli stili ha riflettuto il percorso della sua storia economica. Una cosa scontata, persino ovvia. Ovvio perché parliamo di effimero.

COSA VUOLE RAPPRESENTARE LA MODA E A CHI PARLA 

Sono stati scritti fiumi di saggi e giustificazioni credibili. Quindi non ne parlerò. Vi lascerò il gusto di ricercare: libri, riviste, mostre, on line,… Ma qualche riflessione va fatta.

La moda rappresenta se stessa o è chi la pensa e la propone che fa la moda?

Per se stesso, per la propria vanità, per il mercato, per il proprio conto in banca, per la collettività, per lasciare un segno, per trovare un posto nello Star System, per vestire le Super-Star presenti alle sfilate?

Il rischio è di parlarsi addosso. E fine della fiera delle vanità.

SENZA RISPOSTE

Oggi se non si tiene conto della rapidissima trasformazione dei mercati, dello stile, delle motivazioni d’acquisto influenzate da quello che succede sugli scenari internazionali, e anche quelli di casa nostra, si rischia il default. 

E qui sì, basta leggere i giornali. Non quelli di moda, ma i quotidiani locali con cronache di chiusura di laboratori e di licenziamenti conseguenti.

A quegli ex lavoratori bastava la paga regolare ogni mese. Paga da dipendente. Non certo per l’acquisto degli abiti di lusso che loro producevano, ma per vivere degnamente.

Errori di visione aziendale o miopia imprenditoriale che parte da lontano?

QUINDI, QUAL È IL TARGET? 

Come detto, l’imitazione senza criticità da parte del 90% di chi non se la può permettere (l’alta moda) è il risultato ovvio. Quel mondo (il 90%) fa sempre più fatica a mettere insieme le necessità quotidiane, e le illusioni ferragostane guardando i rotocalchi, forse, non bastano più.

NUOVI GESTORI ETICI 

Si va affermando una tendenza obbligatoria verso un minor consumo di inquinanti per la produzione dei tessuti e delle confezioni. La moda è fra i produttori industriali più inquinanti al mondo.

La tendenza alla riduzione è già in atto, ma la strada da fare è ancora molto lunga. Così vale per il consumo di energia e per l’uso di manodopera non sfruttata con filiere produttive controllate direttamente dal committente finale.

Ma questa è un’altra dimensione.

LA MODA DEL RIUSO, DEL RICICLO E DEL VINTAGE CHE SCONFIGGE LA MODA 

Si recuperano eccedenze di produzione, tessuti a magazzino non più utilizzabili, capi ora impossibili da vendere per ottenere filamenti per una nuova idea produttiva o per il vintage.

E Le istanze si moltiplicano. È un nuovo mercato molto gradito se si è andati incontro ad un aumento dell’11% in un solo anno, secondo i dati ufficiali, contro una tendenza in negativo rispetto al mercato tradizionale. 

LE VENDITE ONLINE 

L’affidabilità, la tracciabilità, la riduzione dei costi della logistica, e l’enorme disponibilità di offerta riscontrabile oggi, unitamente a prezzi di vendita vantaggiosi, stanno ridefinendo rapidamente le nuove tendenze e opportunità di acquisto.

C’È MODA E MODA

Evitiamo confusioni.

L’alta moda, con le sue regole auree (e le sue perdite), sembra soffrire di noia e dell’incapacità di individuare un orizzonte credibile. E non è un caso se spesso la descrizione delle nuove sfilate indica “ispirata a …”. 

Basterà il ricambio degli stilisti 2025 a riproporre qualcosa di nuovo o vinceranno gli uomini di marketing delle grandi case di moda?

Perché nuove collezioni di alta moda e vendite devono andare di pari passo. Anche perché, poi, le perdite diventano miliardarie.

E se fosse la fine dell’alta moda così come l’abbiamo concepita dal 1940 in poi? Si può parlare di inadeguatezza globale?

Rispondi