IL GRANDE BLUFF DELL’ALASKA. TRUMP E PUTIN HANNO IMBALSAMATO LA PACE E L’EUROPA

L’incontro Trump-Putin in Alaska è un capolavoro di realpolitik che ha smontato in anticipo ogni replica dell’incontro europeo di oggi.

Chi si aspettava dettagli, accordi scritti, concessioni pubbliche, dimostra una candida incomprensione della diplomazia moderna. O forse, semplicemente, non ha mai aperto un libro di storia.

E non sembra che tra i nostri leader europei vi sia qualcuno che spicchi per relazioni internazionali.

Anche perché, sono quelli che non vedono di buon occhio la mano tesa da Trump a Putin, gli stessi che non hanno fatto nulla per la pace, in tre anni, mentre inseguivano Ursula nelle sue politiche che combattevano le nostre industrie con il “green deal”.

L’EUROPA, QUELLA CULLA DI NEURONI IN LETARGO

L’establishment europeo pretende la resa incondizionata russa. La famosa “pace giusta”, quella in cui Mosca si ritira da tutti i territori conquistati. Una posizione grottesca, degna di un fanciullo che crede alle fiabe.

Nel 1945, gli Alleati non chiesero alla Germania di annettersi Parigi né al Giappone di prendersi la Manciuria.

Perché è chi vince le guerre che detta le condizioni. Il resto è aria fritta e ignoranza sia della storia sia di relazioni internazionali.

Oggi, Bruxelles si lamenta dell’assenza di Zelensky.

Ma dimentica che, in Svizzera, pretesero di parlare di pace senza Mosca.

Qualche giornalista parla di mancanza di moralità. Proprio mentre Israele agisce impunemente… Che dire?

D’altronde sono gli stessi giornalisti che ci hanno raccontato le fiabe sulle pale, sui microchip e sulle “sanzioni dagli effetti dirompenti”. Vanno capiti…

Ma la geopolitica non è un concorso di bellezza morale: è l’arte del possibile!

Chi invoca la “purezza etica” mentre applaude ai bombardamenti israeliani su Gaza, è solo un ipocrita con la bava alla bocca, probabilmente ancora con le lacrime agli occhi per la netta sconfitta di Kamala.

E ve la immaginate la Harris in questa trattativa? Lei che in Africa è riuscita a compiere un disastro di diplomazia?!

L'Alaska non è un fallimento: è la trappola perfetta. Trump e Putin tacciono, l'Europa impazzisce. Perché il silenzio sul vertice è un capolavoro di realpolitik che smaschera l'ipocrisia occidentale.

L’OPACITÀ: L’ARMA SEGRETA DI CHI VINCE LE GUERRE

Trump e Putin hanno taciuto sui dettagli?

Bravi. I grandi accordi della storia si tengono al chiuso.

Oggi più che mai, ogni parola sarebbe diventata un proiettile nel summit Ue di oggi.

Se Trump avesse svelato l’accordo, i funzionari europei lo avrebbero smontato in diretta Twitter prima del caffè di stamattina e sarebbe stato oggetto di minuziosa attenzione al summit dei “volenterosi”.

Invece, nulla. Silenzio.

Un vuoto che fa impazzire i predicatori della trasparenza e anche quelli che erano pronti a smontare anche questo tentativo di pace, perché le politiche visionarie europee sono ancora in modalità “riarmo”.

Ma l’opacità di Trump e Putin sembra l’antidoto alla stupidità altrui.

Definire “surreale” questa strategia è come accusare un giocatore di scacchi di barare perché non urla le sue mosse.

KIEV ASSENTE È UNA CRUDELTÀ NECESSARIA

Sì, l’Ucraina è stata esclusa.

Come Mosca in Svizzera, però.

Però la mediazione di pace non è un picnic inclusivo, ma una partita a poker dove i deboli restano fuori dalla stanza. E oggi, Kiev ha perso la guerra. E basta valutare la situazione sul campo di battaglia per capirlo.

Se poi aprite un libro di storia, potete ripassare chi siano i leader che scrivono gli accordi di pace.

Trump e Putin sono usciti dalle oltre tre ore di colloquio sorridenti e con i volti distesi.

Benissimo!

Chi ha studiato semiotica sa che le espressioni facciali sono i trattati non scritti e valgono molto più delle tante parole che certi giornalisti avrebbero voluto sentire.

Così come il saluto iniziale mostrava già chiaramente come i due abbiano un accordo in tasca già da tempo.

Quei sorrisi dicono: “Un accordo lo abbiamo raggiunto e voi europei non siete nel club”.

Significa anche che non sarà un bell’accordo per l’Europa, ma sicuramente lo sarà per gli USA, stritolati economicamente dalla guerra in Ucraina, da cui devono uscire il prima possibile, e lo sarà per la Russia, che porta a casa la legittimazione di Washington come potenza vincitrice.

L’EUROPA PARALIZZATA DAL NULLA

Oggi, a Bruxelles, si dibatterà sul… nulla.

Nessun accordo da smontare, nessuna dichiarazione da stravolgere.

Sarà il solito incontro inconcludente del teatrino dei volenterosi. L’ennesimo carrozzone inutile a spese dei contribuenti europei.

Trump e Putin hanno lasciato solo briciole e i pappagalli del moralismo si strozzeranno di vuoto tra un bicchiere di vino costoso e una prelibatezza stellata.

Chi grida al “fallimento” dell’Alaska, dovrebbe chiedersi perché due superpotenze dovrebbero regalare spunti ai burocrati di un continente in declino che hanno avuto tre anni per organizzare tavoli di pace alternativi, invece hanno gettato solo benzina sul fuoco.

PER FAVORE, SVEGLIATEVI

Questo summit in Alaska non era per i titoli di giornale, ma era un messaggio all’Europa: “La pace la facciamo noi, perché Putin ha vinto e voi restate a guardare”.

E lo si è capito quando, dopo le minacce di sanzioni alla Russia urlate da Trump e lo spostamento dei sottomarini russi, Putin ha risposto intensificando i bombardamenti in Ucraina e puntando missili ipersonici contro l’Europa.

Come a dire «Tu imporre sanzioni, io distruggere te e tuoi alleati.»

Chi giudica l’incontro in Alaska un “buco nell’acqua” è lo stesso che, durante un uragano, si lamenta di dover mettersi al riparo.

Trump e Putin hanno appena scritto il manuale per neutralizzare i rompiscatole.

E l’Europa “virtuosa”, “morale” e “volenterosa” può solo prenderne atto.

Quanto alla pace, c’è ancora da aspettare. Perché nell’accordo raggiunto e in quei sorrisi ‘ è scritto anche «Ok, Vladimir. Prendi ciò che ti serve e fallo in fretta. Poi chiudiamo. Nel frattempo, ci penso io agli europei. Si agitano e sbraitano, ma poi vengono qui come cagnolini. Come con i dazi.»

Perché la politica non è ciò che si dice, ma ciò che si fa.

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

Rispondi