LA MODA NEL PALLONE

di Danilo Preto

Nessun pallone da calcio o di calcio.

Qui parliamo di moda.

Ma non di abiti che indossiamo o che indosseremo la prossima stagione. Ma nemmeno di belle donne a cui è destinata molta parte di quel mercato. Nemmeno di uomini che vorrebbero essere all’altezza delle attenzioni dell’altra metà del cielo.

Parliamo di…

UN CALCIO PATINATO E PER POCHI ELETTI.

Senza immodestia, l’avevamo intravisto e descritto molti mesi fa. Un tourbillon di situazioni con tonfi clamorosi, per certi aspetti inattesi, per molti altri molto prevedibili.

E la colpa di chi è? Come nel calcio: dell’allenatore. Cioè quello che prepara il gioco per la partita del mercato e non ci azzecca un’h.

IL CAMBIO DEGLI ALLENATORI

Squadra che vince non si cambia. Squadra che perde…: proviamo a cambiare allenatore.

In questo caso gli allenatori sono gli stilisti, i deus ex machina, del mondo dell’alta moda, ma, scusate,  anche del fast fashion.

Se i fatturati non tornano (o peggio, crollano) perché i mercati non rispondono come ci si aspettava, “peste lo colga” (allo stilista).

Se poi anche gli investitori non la vedono bene le borse scappano. Mamma li turchi! E via tutti. Verso nuove avventure finanziarie!

IL CAROSELLO. IL NUOVO SPORT NELLA MODA

Chi ha un po’ di voglia e  tanta pazienza, sfogliando qualche rivista tecnica di settore (non di moda) forse ha già capito cosa potrebbe o può, o sta accadendo.

Al di là dei mercati che cambiano, che la Cina non compra più, che l’Asia ci ripensa, che gli arabi si comprano le squadre ma non gli allenatori (nella moda), forse è il caso di pensare ad una nuova realtà.

Quando un amministratore delegato di un notissimo marchio, dopo sei mesi dalla sua assunzione, febbraio 2025, pochi giorni fa, dà le dimissioni, al di là delle classiche dichiarazioni di rito con i reciproci ringraziamenti e non conoscendo le reali motivazioni, qualche dubbio su un mondo che non può più essere autoreferenziale, autodescrittivo, auto-risolutivo ci deve essere.

UNA NUOVA REALTÀ È POSSIBILE NEL MONDO DELLA MODA?

Sembra quasi essere alle soglie di un nuovo movimentismo che genera nuovi fattori di competizione culturale e si adatta con estrema facilità a nuovi linguaggi e quindi a nuovi comportamenti.

È quella che sorge dalle e nelle nuove periferie. Non solo quelle suburbane, ma quelle culturali, sociali e comportamentali.

E qui il vecchio continente si dimostra non adatto a cogliere i nuovi cambiamenti che si sviluppano in ambito mondiale.

LE FASHION WEEK

Ritorniamo in Europa, con le piazze che contano a livello moda. Parigi, Milano, Londra. La dimostrazione più classica è che a Londra quest’anno, per chi ci vuole andare, partecipa gratis.

E non solo per questo è un sintomo che io definirei inquietante se lo guardiamo con gli occhi di ieri, ma che penso possa essere foriero di nuove lucidità in tutti i sensi e in ogni ambito.

Non dimentichiamoci dei nuovi casi con le “scoperte” che si conoscevano già, delle produzioni a bassissimo costo e con l’utilizzazione di manodopera sfruttata, anche in Italia, oltre che nel resto del mondo: Bangladesh, Thailandia, Vietnam, Indonesia, India, Cina…

I ciechi improvvisamente ci vedono.  Miracolo, miracolo!

Sui moltiplicatori fra il costo industriale del prodotto e il prezzo di vendita al cliente finale non metto bocca semplicemente perché lungo la filiera della definizione del prezzo ci sono talmente tanti elementi che non è il caso qui di dilungarci.

Ma se volete, la prossima volta…

LA LETTURA DELLA MODA

Che senso ha continuare a leggere le riviste di moda nella maniera tradizionale.

Cioè guardando le foto, leggendo i nomi delle modelle, osservando i dettagli dei capi, beandoci del fatto che qualche accessorio che ho nel guardaroba assomiglia vagamente a quello che vedo, cercando di immaginarmi di fianco all’attore o all’attrice di turno.

O leggendo l’oroscopo immancabilmente positivo che magari compare alla fine della rivista e in cui mi ci ritrovo?

È il mondo dei sogni che ci appaga o che ci fa fuggire dalla realtà o che come termini di integrazione e assimilazione mi fa sentire in un pallone dorato ma sgonfio dell’aria di cui avrei bisogno per ricreare o mantenere il mio spazio mentale scorporato delle fantasie di turno.

Perché sognare è bello, ma confrontarsi con la propria realtà è meglio. E se ora non può sembrare il massimo per noi, cerchiamo di raggiungere con il lavoro il nostro nuovo status.

Uno status sociale, comportamentale, relazionale, economico consono alle nostre possibilità. Senza forzature.

Dormiremo più riposati e tranquilli senza fantasie di improbabili, improvvisi successi, o coinvolgimento retorico in inimmaginabili, irraggiungibili traguardi? Consci che sarà così.

Cambia poco: noi siamo noi e valiamo per quel che siamo. E magari non ce ne accorgiamo nemmeno. Sarà la persona al vostro fianco che magari ve lo farà notare.

E se non c’è, sappiamo bene che il succedaneo editoriale non sarà poi così definitivamente appagante. Ci sono molti altri positivi modi per vivere bene la vita.

Magari con la nuova creazione  del “nuovo” stilista di Dio(r)?

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