L’ASTENSIONISMO STRATEGICO È L’UNICA CAMPAGNA IN CUI TUTTI I PARTITI ITALIANI ECCELLONO. ABOLIRE IL QUORUM.

REFERENDUM: LA SCENA È NOTA, IL COPIONE MAI CAMBIA.

Quorum non raggiunto. Ancora.

Referendum sulla cittadinanza e sul lavoro, sepolti dall’indifferenza pilotata dalla campagna per l’astensione.

Un misero 30% ha varcato i seggi. E mentre i pochi coraggiosi (o testardi) esprimevano un chiaro 80% di SÌ sui temi del lavoro e un più tiepido 60% sulla cittadinanza, il vero vincitore è stato, ancora una volta, il CALCOLO POLITICO DELL’ASSENZA.

Un’arma bipartisan, affilata e spietata, usata con maestria da tutti, destra, sinistra e sostenuta persino dal Colle più alto.

LA STORIA DELLA POLITICA ITALIANA È UN MANUALE DI REALPOLITIK DELL’ASTENSIONE.

Da oltre vent’anni, non votare è diventato il voto più intelligente per chi punta sul NO.

Il socialista Craxi, nel ’91, invitò gli italiani ad andare al mare e non a votare.

I Democratici di Sinistra (l’attuale PD), nel 2003, sotto la regia di Piero Fassino, fecero campagna attiva per affossare il referendum sull’articolo 18. “Dannoso”, dichiarò il leader. “Rendiamolo inutile non votando”.

E il partito distribuiva locandine con uno slogan che non lasciava adito a dubbi: “… non votare è un diritto di tutti, lavoratori e non.”

Una lezione di cinismo applicato.

Rifondazione Comunista, nel 2009, non ebbe remore: chiamò esplicitamente a far fallire il quorum. Renzi, nel 2016 sul referendum “trivelle”, elevò l’astensione a diritto sacrosanto.

E persino il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un’intervista a Repubblica nello stesso 2016, diede la sua augusta benedizione all’opzione del non voto: se il quorum è la regola, disertare le urne è un legittimo giudizio sull'”inconsistenza” dell’iniziativa.

Una giustificazione costituzionale per la diserzione di massa, firmata dal Garante Supremo della Carta. Capolavoro.

La cosa esilarante è che oggi qualcuno ha accusato la destra di negazione della democrazia.

Ma quel qualcuno, stando alla tesi per cui invitare al non voto ai referendum sia antidemocratico, è il primo dei nemici della democrazia, come ricordato poco sopra.

OGGI LA MUSICA È CAMBIATA? NO SOLO L’ORCHESTRA.

Questa volta il coro astensionista è partito dalle destre.

Risultato identico: deserto elettorale.

Ma ecco il secondo dato, TALMENTE EVIDENTE DA FAR RIDERE (AMARO): quel 30% che ha votato, spesso associato a posizioni progressiste, si è espresso solo timidamente a favore dell’accelerazione delle procedure di cittadinanza.

Il segnale inequivocabile di un Paese stremato, diffidente, che guarda con sospetto a facilitazioni percepite come ingiustificate.

Basti pensare che persino in Nigeria, per diventare cittadini, servono 15 anni, padronanza linguistica e culturale, nonché fedina penale immacolata. Mentre da noi, alcuni hanno pensato di regalarla anche a chi parla solo con i verbi all’infinito e a chi fa indossare veli e anche di peggio alle proprie donne.

Se avessero votato tutti, anche quelli per il No, sarebbe stato un NO fragoroso. Un plebiscito.

E la politica, se vuole essere credibile, non può non tenerne conto. Ammesso che ci siano ancora politici in grado di analizzare il voto.

SUL LAVORO, POI, IL TEATRO DELL’ASSURDO RAGGIUNGE VETTE INARRIVABILI.

I promotori del referendum erano gli stessi che quelle norme le avevano votate, approvate, o lasciate intatte per anni, al governo.

Un tentativo maldestro di rifarsi una verginità politica agli occhi di un elettorato che li ha abbandonati.

Il PD, da Renzi in poi, è percepito (a ragione o torto) come il braccio destro di Confindustria. Elly Schlein ha provato a riagganciare il treno della “sinistra” con referendum dal sapore anni ’70, con lotta tra tute blu e “padroni”. UN pellegrinaggio verso un passato che non c’è più.

E questo è il dato più allarmante: il fatto che il segretario del maggiore partito di sinistra viva indietro di trent’anni e non si accorga del presente, è drammatico.

PERCHÉ QUI ENTRIAMO NELL’IDIOZIA PURA.

Siamo nel 2025, signori miei!

L’Intelligenza Artificiale non è fantascienza, è la scure che sta già tranciando milioni di mansioni già oggi.

Facchini, operai di catena, commessi, addetti allo sportello, alle pulizie, segretari, autisti…

Qualsiasi compito meccanico, ripetitivo, prevedibile, sta per essere fagocitato da algoritmi e robot. In questo contesto, ossessionarsi sul “reintegro obbligatorio” è come discutere del colore delle poltrone sul Titanic mentre l’iceberg squarcia la chiglia.

OBBLIGARE UN’AZIENDA A MANTENERE UN ESSERE UMANO IN UN RUOLO OBSOLETO, mentre i competitor tagliano i costi del 90% con l’AI, non è solidarietà, ma è un suicidio collettivo.

Quell’azienda fallirà. Aprirà altrove. E a casa ci andranno TUTTI, non solo il “reintegrato” di turno.

Una politica miope, dannosa, figlia di un sindacalismo inutile, irreale, illogico, politicizzato, che combatte battaglie di ieri con gli strumenti dell’altro ieri.

LA SOLUZIONE? NON È NELL’IDIOZIA, MA NELLA REALTA’.

Non servono feticci sindacali antistorici, ma un ripensamento radicale del lavoro, del reddito, della formazione, della dignità umana nell’era post-lavoro.

Serve un nuovo patto globale per preferire uomini alle macchine e alle AI.

Ma chi lo propone seriamente? Chi ha il coraggio di sfidare il dogma del “lavoro a tutti i costi” e del “miglior prodotto al minor costo”?

Nessuno che riesca a entrare in Parlamento, ovvio. Ormai da anni, la vera politica è fuori, esiliata dal circo mediatico-partitico delle agende già scritte da chi sta al di sopra dei Parlamenti.

Motivo per cui, che vinca la destra o la sinistra, le azioni di governo e le scelte sono le stesse.

LA MORALE DI QUESTA TRISTE FIABA REFERENDARIA È UNA SOLA, E SI IMPONE CON LA FORZA DELL’EVIDENZA: IL QUORUM È MORTE.

È l’arma definitiva data nelle mani di chiunque voglia uccidere la democrazia diretta senza sporcarsi le mani in un dibattito sul merito. Trasforma la partecipazione nel suo contrario. Premia l’organizzazione del nulla.

E offre a chi è per il NO l’opportunità di spendere nemmeno un centesimo e neanche un briciolo della propria credibilità per fare campagna elettorale entrando nel merito delle questioni.

Basta dire “andate al mare”, come fece Craxi. O dire “non votare è un diritto”, come sostennero il PD di Fassino, poi di Renzi e lo stesso Napolitano.

Fino a quando esisterà, l’astensionismo strategico rimarrà la carta jolly più potente nel mazzo della casta. Usata da tutti, senza distinzione di colore.

ABOLIAMOLO. SUBITO.

Rendiamo ogni voto espresso decisivo.

Togliamo ai signori del cinismo lo strumento prediletto per soffocare nel silenzio le voci scomode, le domande imbarazzanti, le scelte difficili.

Altrimenti, continueremo a fare la fila al mare, su invito di Craxi, Fassino, Renzi, Salvini, Meloni e chiunque altro capiti voglia che vinca il NO.

Mentre il Paese affonda e i robot si preparano a prendere il posto di chiunque abbia competenze tecniche, meccaniche e ripetitive.

Con o senza referendum.

Ah… nello scorso millennio due referendum che, superato il quorum, abolivano la trattenuta automatica in busta paga a favore dei sindacati e prevedevano la responsabilità dei magistrati. Qualcuno ricorda se, come e quando sono stati tramutati in norme, leggi e regolamenti?

Pubblicato da Dott. Pasquale Di Matteo, Analista di Geopolitica | Critico d'arte internazionale | Vicedirettore di Tamago-Zine

Professionista multidisciplinare con background in critica d’arte, e comunicazione interculturale, geopolitica e relazioni internazionali, organizzazione e gestione di team multiculturali. Giornalista freelance, scrittore, esperto di Politiche Internazionali ed Economia, Comunicazione e Critica d’arte. Laureato in Scienze della Comunicazione, con un Master in Politiche internazionali ed Economia, rappresenta in Italia la società culturale giapponese Reijinsha.Co.

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