IL TEATRO: AUTORI, ATTORI, LUOGHI E PUBBLICO

Era il 27 marzo 1961 quando è stato dichiarato che quel giorno sarebbe stato celebrato come giornata mondiale del teatro.

Dal 1962 l’Unesco ha riconosciuto questa data e ha redatto un albo degli autori iscrivendo ogni anno un autore diverso: nel 1973 il riconoscimento è stato dato a Luchino Visconti.

Ma, al di là di tutto questo, che è facilmente recuperabile online, qui vorremmo tracciare un quadro, per quanto possibile, sull’attuale stato dell’arte.

Partiamo dai teatri, forse la parte più semplice.

I teatri come sede delle rappresentazioni sono presenti in grande abbondanza in tutto il territorio nazionale.

Escludendo quelli romani e Greci, i teatri attualmente attivi in Italia sono circa 1200.

Un numero rilevantissimo ed è facile immaginare quale sia il costo di mantenimento solo per le infrastrutture ricordando che non sono tutti pubblici, ma vi sono anche i piccoli teatri privati ugualmente meritevoli di attenzione e spesso con cartelloni di notevole rilievo.

Secondo i dati ufficiali ci sono più di 80 compagnie professionali che operano in Italia mentre la FITA (FEDERAZIONE ITALIANA TEATRO AMATORI) conta circa 25.000 soci e 1400 compagnie associate.

Sono numeri che dicono molto rispetto al fenomeno nazionale, ma che parallelamente raccontano anche delle difficoltà oggettive di mantenere in vita un apparato così consistente. Sul fronte degli attori, a giudicare dalle richieste di percepimento del bonus sociale di € 600, al 2020 gli attori inscritti in questa lista erano più di 70.000.

Numeri sui quali potremmo avere qualche dubbio. Comunque gli stipendi che l’attore mediamente dichiara mensilmente vanno dai 500 ai 1000 euro e non parliamo certo degli stipendi percepiti dai pochi grandi attori con emolumenti più elevati.

Ora gli spettatori: vanno a teatro per un 13,5% le donne e il 10,5 % degli uomini sul totale di chi partecipa in generale a spettacoli.

Indipendentemente dalla correttezza di questi dati, che sono recuperati on-line e che potrebbero non avere validità scientifica o statistica, e quindi non godere di precisione, anche se facilmente riscontrabili da tutti, mi sembra di poter affermare che il comparto non goda di ottima salute generale e che non possa sostenersi se non per importanti interventi delle amministrazioni nazionali, regionali e locali oltre che dai finanziamenti delle fondazioni e delle aziende private.

Per chi volesse saperne di più c’è comunque un interessante studio del ministero preposto, un po’ datato per la verità, ma interessante.

In ogni caso il ministero pubblica i dati del FUS (fondo unico per lo spettacolo) consultabile facilmente online.

Al di là dei numeri, che in generale a me sembrano un po’ ballerini e certamente non tutti aggiornati, mi pare che la situazione sia, oltre che complessa anche un po’ asfittica, frutto di una forse finta affezione al teatro dove ad esempio non compaiono, mi pare, dati sullo stato di salute economico di chi affronta l’acquisto del biglietto di un teatro per uno spettacolo di qualità e con attori importanti.

Cioè, a me sembra che al teatro si vada, oltre che per la bellezza, attesa, della rappresentazione, ma anche, se non soprattutto, per farsi notare e per fregiarsi nel racconto con gli amici della partecipazione diretta a quell’incontro.

Se è vero che a teatro non ci sono solo gli spettacoli classici, ma anche quelli più leggeri e facilmente godibili e fruibili, il teatro rappresenta pur sempre un fenomeno d’élite, anche se sta certamente prendendo piede l’idea che a teatro ci possa essere anche qualcosa di non particolarmente culturalmente impegnativo.

Ben venga quindi una fruizione verticale verso il volere di un pubblico più vasto e disponibile allo spettacolo facile e comprensibile da subito.

Mi viene in mente che questa possa essere o lo sia già l’alternativa fra uno spettacolo visto in televisione e uno goduto in teatro che potrebbe diventare anche un happening collettivo, visto che non è più goduto fra le pareti domestiche con i propri cari, ma fruito in una location molto più ampia e molto più affollata.

E dove ci possa essere anche un confronto dialettico con chi ha partecipato da spettatore allo spettacolo.

Gli autori non si contano, ma contano molto insieme ai registi e agli altri partecipanti alla messa in scena.

Tra gli autori c’è solo l’imbarazzo della scelta: fra i classici, i contemporanei, quelli d’avanguardia e quelli di quartiere.

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