Viviamo in un’epoca che sembra uscita dalla penna di uno scrittore cinico, dove il caos si mescola all’idiozia con la stessa eleganza di un elefante in una cristalleria.
E, come in ogni tragedia che si rispetti, il copione è già stato recitato: pandemia, caos, guerre devastanti, milioni di morti e una memoria corta quanto l’orizzonte di un tweet.
Dal 2014, l’Ucraina è stata il palcoscenico di un conflitto dimenticato, un sanguinoso monologo ignorato dall’Occidente finché Mosca non ha deciso di alzare il volume, nel 2022.
Solo allora i media hanno “scoperto” la guerra, come se prima fossero stati accecati da un sortilegio.
Eppure, c’era chi provava a sussurrarlo già l’11 aprile 2017: fu Sergio Mattarella, in un incontro con Putin, a chiedere a Mosca di usare la sua influenza per fermare il massacro. (Fonte)
LA NATO, CUBA E IL DOPPIO STANDARD DELLA PAURA
Aprite una cartina geografica.
Confrontate i confini della NATO prima del 1991 con quelli di oggi.
Qualcuno sostiene che la Russia debba tollerare interferenze ai suoi confini perché l’Ucraina e le altre nazioni sono sovrane.
Peccato che gli Stati Uniti, per molto meno, nel 1962, rischiarono di far esplodere il mondo per una crisi a Cuba.
Ma certo: quando si tratta di noi , è legittima difesa; quando si tratta di
loro , è aggressione. Perché la logica è un optional, quando si brandisce il martello della morale a doppio taglio.
Oggi, però, l’espansione della NATO verso est è presentata come un diritto divino, mentre la paranoia russa diventa il capriccio di uno zar folle.
E la logica?! E il buonsenso?!
GAZA, L’EUROPA E L’ARTE DI GUARDARE ALTROVE
Mentre si stracciano le vesti per l’Ucraina, i leader dell’Europa dimostrano di avere una miopia selettiva degna di un pirata con una benda sola.
A Gaza, bambini sotto le macerie, scuole bombardate, ospedali trasformati in bersagli e decine di migliaia di innocenti massacrati.
Eppure, nessuna sanzione contro Israele. Nessun invio di armi ai palestinesi, solo silenzi imbarazzati e qualche tweet di circostanza.
Il diritto internazionale? Una barzelletta.
Gli innocenti? Dettaglio trascurabile.
Qui non si tratta di schierarsi, ma di coerenza: se la Russia è un aggressore da isolare poiché aggressore, perché Israele viene trattato come il figlio prediletto che può permettersi di aggredire, ammazzare e commettere genocidi?
Il doppio standard è così sfacciato che persino un cieco lo vedrebbe. Ma in Europa, pare, abbiamo sostituito la vista con il copione.
I MEDIA, DA CANI DA GUARDIA A CAGNOLINI DA GREMBO
Tre anni di narrazione tossica: sanzioni “dirompenti” che avrebbero ridotto la Russia alla fame, il rublo a carta igienica, soldati russi in mutande e armati di pale. Poi, improvvisamente, il nemico è un orco pronto a divorare l’Europa intera e ad affrontare la NATO.
Come mai questo cambio di registro?
Semplice: i media non informano più.
Sono megafoni di poteri oscuri, burattini che danzano al ritmo di chi tiene i fili.
Quando osavi dubitare della vittoria di Kiev, ti zittivano con risatine sprezzanti. Ora ti vendono la paura, perché senza un nemico, come possono giustificare miliardi spesi in armi dai loro padroni?
IL RIARMO EUROPEO: LA GRANDE TRUFFA DEL SECOLO
“La Russia vuole invaderci!”.
Davvero? Con quale esercito? Con quali armi?
E perché mai dovrebbe sfidare la NATO, sapendo che significherebbe l’apocalisse?
La verità è più banale e più sporca: l’Europa ha bisogno della guerra.
I suoi tecnocrati, aggrappati alle poltrone come naufraghi a un relitto, hanno fallito su tutto.
Il turbocapitalismo è uno scheletro, l’impero americano un gigante dai piedi d’argilla e la transizione green?
Una farsa che ha strangolato l’industria, soprattutto in Germania.
E qui viene il colpo di genio, infatti: trasformare le fabbriche di auto in arsenali. La Volkswagen che produce droni, la BMW che forgia carri armati. Il sogno verde diventa grigio-verde, il colore del militarismo. Un colore che ogni volta abbia trovato spazio in Germania, l’Europa è diventata teatro di guerre mondiali.
BRICS, IL MONDO CHE L’OCCIDENTE NON VUOLE VEDERE
Mentre l’Europa gioca a fare la guerriera, il mondo cambia pelle.
I BRICS avanzano, silenziosi e inesorabili. Il dollaro trema, l’euro sussulta e i nostri leader continuano a credersi protagonisti di un film già finito.
Il capitalismo sfrenato ha fallito, ma invece di ammetterlo, si scatena una corsa al riarmo per mantenere l’illusione del controllo.
È come svuotare il mare con un secchio bucato, mentre la tempesta si avvicina.
C’è chi dice che questo caos sia un disegno.
Di chi? Di chi ha interesse a mantenere il potere mentre il vecchio ordine crolla.
Il turbocapitalismo ha fallito, l’impero americano è in regressione, eppure si continua a ballare sul Titanic.
Forse, il vero disegno è più triste: non c’è nessun burattinaio, solo uomini piccoli che giocano a fare gli dei, mentre il mondo brucia.
LA GUERRA È SEMPRE UN AFFARE, MAI UNA SOLUZIONE
Alla fine, restano le domande brucianti: chi ci guadagna? Chi perde? E soprattutto: quanta sofferenza servirà ancora per capire che la guerra non è uno spettacolo, ma una voragine che inghiotte vite, dignità, futuro?
L’Europa si illude di rinascere dalle ceneri dell’industria convertita in morte, ma ciò che costruisce sono bare dorate per le generazioni che verranno.
IL CORAGGIO DI GUARDARE NEGLI OCCHI IL MOSTRO
Forse è ora di smetterla di raccontarci favole. Di guardare negli occhi il mostro che abbiamo creato: un sistema marcio, basato sulla paura e sull’avidità.
La storia ci grida che il caos di oggi è figlio delle menzogne di ieri. E se non troviamo il coraggio di cambiare registro, di ascoltare chi parla di pace anziché di missili, finiremo come sempre: con un campo di battaglia davanti e un libro di storia futuro, pronto a giudicarci.
IL FUTURO È UNA SCELTA, NON UN INCIDENTE DI PERCORSO
Respira.
Senti il peso delle parole.
Ogni guerra inizia con un silenzio, con un “non è affar nostro”.
Ogni bomba è un pezzo di cuore spento. Forse, invece di prepararci a combattere, dovremmo ricordare come si fa a vivere. Prima che sia troppo tardi. Prima che il sangue di Kiev, di Gaza, di Mosca e di Ramallah diventi anche quello di Parigi, Milano, Roma…
Perché la storia non è un videogame. Non ci sono vite extra, né reset.
Ogni guerra, ogni bugia, ogni calcolo politico lascia cicatrici.
Ma forse, in questo mare di idiozia, c’è ancora spazio per una verità semplice: il mondo non si divide più tra buoni e cattivi, ma tra chi ha il coraggio di ascoltare e chi preferisce urlare.
E, mentre l’Europa si arrocca nelle sue illusioni, il futuro si scrive altrove. Nel silenzio.