SULLA POESIA E DINTORNI

di Danilo Preto

Parlare di poesia è come parlare di un oceano.

La conosciamo perché ci è stata fatta imparare a memoria a scuola (Montale, Quasimodo, Pascoli, Leopardi, Carducci…), ci ricordiamo il nome di qualche autore greco o romano, ci immergiamo nella lettura e nella interpretazione di rime/non rime, di blocchi di scrittura che interpretiamo come poesia perché semplicemente non sono scritti in un testo a blocco, ma si va a capo riga quando l’autore lo desidera.

Poi ci viene in mente Tommaso Marinetti e ci domandiamo quante altre varianti ci sono nella poesia.

Oppure ci ricordiamo della scandalosa Edna St. Millay, di Ferlinghetti o di…

Sì perché la poesia non è solo un vanto italiano, greco o romano. Se mi posso permettere, chi non ha dogmi imparati ed assimilati nel sistema scolastico obbligatorio italiano, ha scoperto anche altre maniere e metodi per scrivere di poesia o poesie.

Perché il termine è talmente vago e difficile da incanalare per cui posso scrivere “Ei fu. Siccome immobile dato il mortal sospiro…” (di manzoniana memoria) o posso esprimere lo stesso concetto declinandolo più brutalmente, e rozzamente, con “Morto fu. E chi se lo cagherà più!” (ignobile anonimo).

Sì perché oggi sembra essere tutto ammesso nella poesia, nell’arte, nelle espressioni e… nella vita quotidiana. Sì, perché oggi tutto fa poesia, arte, romanzo…

Ritornando a noi, è proprio per una necessità narcisistica di scoprire quanto potremmo fare per essere ricordati a lungo e ben oltre la cerchia di amici e parenti, anche sotto il profilo poetico che ci abbandoniamo in braccio al dio Apollo?

Comunque sia c’è una rinata abbondanza di pensieri espressi in “poesia.”

Sia essa online o stampata dal furbo editore di turno. Ma se il mercato lo richiede, e visto che ultimamente c’è la riscoperta di questa espressione artistica, perché di arte bisogna parlare quando si pronuncia la parola “poesia”, allora via con la rima e con il business.

A nessuno in democrazia può essere negato un pensiero espresso liberamente con qualsiasi metodo possiamo esprimerci. È giusto così e deve essere sempre così. Se teniamo alla nostra indipendenza culturale.

La poesia la possiamo declinare come vogliamo perché forse è più libera di una scrittura da romanzo o da racconto.

A mio giudizio, però, bisogna avere ben presente i concetti e il modo di scrittura.

Se non si è ben padroni della tecnica, e per me molto di più rispetto alla costruzione di un romanzo, si rischia di far muovere le labbra del lettore fino ad un sarcastico sorriso.

Ma anche questo, se è questo l’effetto voluto, può valerne la pena per raccontare con una poesia qualsiasi cosa. Che faccia o meno una rima.

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