Saremmo cresciuti bene anche senza
Danilo Preto
Falsi miti e falsi profeti proposti per farci crescere in un mondo dorato e perfetto fin da quando eravamo in culla ci hanno fatto vedere, ascoltare, mordicchiare succedanei di educatori immaginari.
A volte e, nel migliore dei casi, per fortuna, provvisori.

Sì perché poi, con il passare del tempo e crescendo, quei trastulli infantili sono stati integrati da ingegnosi e intriganti sostituti, suggeritori di comportamenti che avrebbero dovuto invece appartenere al DNA genitoriale e che in alternativa sono stati affidati a veri giochi di ruolo ma con scopi e significati reali e voluti da terzi, ma a volte sconosciuti o non percepiti (per i più) correttamente.
Tutto questo è diventato così una rappresentazione di ricostruzioni fantasiose di mondi immaginari, irreali e improponibili.
In quest’opera ci viene riproposto con forza il tema del mercantilismo che ci costringe a servirci di stereotipi commercialmente ben proposti, ben suggeriti e ben promossi che ci consentono, o ci illudiamo che sia così, di rifuggire dal nostro obbligo genitoriale come educatori e non solamente come generatori di nuova specie umana.
Le rappresentazioni, qui affidate a peluche o meglio a quello che resta dopo la loro frantumazione, appaiono come corollario di un’immagine centrale che ci ha accompagnato nel tempo fin da cuccioli.
L’icona commerciale proposta integra, invita ad attirare la nostra attenzione ripensando ad un mondo in cui le riletture debbano proporre una revisione dei nostri comportamenti e delle nostre logiche commerciali.
Vale per il mercantilismo che ci riconduce ad un mondo fatto di moneta e non di attenzioni verso i nostri figli quando, ad esempio, pensiamo che un peluche possa sostituire la nostra indispensabile necessità di andare a costruire un nuovo soggetto vivente capace di affrontare il mondo.
Insegnando loro, fin da piccoli, a non subire e a non affidarsi ai linguaggi dei prodotti esteticamente ricchi, dopo che li abbiamo visti in TV, nei giornalini e spesso a scuola perché i modelli vanno così passivamente replicati assimilando un bailamme indistinto di nozioni e falsi miti.
In quest’opera giocano due scenari: uno legato all’ambiente e uno legato ai modelli sviluppati, digeriti e imposti fino alla età adulta ed oltre.
È preferibile partire subito criticando quello che lasciamo intravedere ai più piccoli sotto forma di carillon, oggetti volanti che volteggiano sopra la loro testa quando i bimbi sono ancora in culla, o lasciati nelle mani dei più grandicelli con le costruzioni da realizzare ad imitazione di mondi spettacolari e perfetti.
Senza nessuna critica od opposizione da parte di chi ce li mette in mano fino ad arrivare all’età adolescenziale quando stampa, social media, televisione influiscono sui nostri comportamenti e che si rifletteranno in noi, quando saremo diventati adolescenti e avremo ormai assimilato mondi presentati come perfetti.
Fidandoci dei genitori che ci hanno educato – poco – e delle relazioni che avremo sviluppato o subito.
Alla fine ci saremo accorti che il consumismo che ci fa acquistare fast fashion, peluche e giocattoli a GoGo e ogni sorta di sovrastruttura elettronica ha bisogno di una regolata.
Per cui, e per fortuna, il riciclo, la produzione circolare, il riutilizzo e la trasformazione per un riuso a 360 gradi è ormai dogma ed è diventata di grande aiuto.
Come nel caso della produzione di quest’opera dove la sfrangiatura dei peluche è stata realizzata da un’azienda che riutilizza eccedenze di produzione di abbigliamento creando nuovi oggetti ed evitando così che finiscano in discarica o nelle discariche del terzo mondo.
Certo nulla è gratis e anche questo nuovo canale di produzione di ricchezza al di là dei suoi meriti può avere effetti negativi sul modello economico e quindi del lavoro e della redistribuzione della ricchezza.
Non c’è solo da ripensare a singoli comparti produttivi che andrebbero rivisitati e ricomposti.
Credo che dovremmo ripensare ad un nuovo mondo attivo su basi diverse dove forse il pensiero filosofico, sociale, relazionale ed economico debbano essere rivisti alla luce di una critica al mondo nella sua totalità e alle sue distorsioni quotidiane.
Non è facile, non sarà facile, ma se non cominciamo a pensarci seriamente rinunciando a qualcosa di evidentemente inutile se non dannoso, il nostro mondo, insieme al nostro inesistente pensiero critico, ci potrà portare solo ad una immaginaria visione totale negativa e, forse, catastrofica.
Non sarà ovviamente e necessariamente che vada a finire così ma se tutto venisse annientato dovremmo pensare come ricostruire un mondo migliore senza falsi miti ed illusioni infantili.
Perché avremmo potuto crescere bene anche senza un mondo artificiale dove solo per alcuni valgono ricchezza, potere, dominio e annullamento del pensiero non conforme ai loro diktat.
Aiutati anche da chi dell’informazione fa una professione non sempre libera da pregiudizi e da comportamenti dove il pensiero ispiratore dovrebbe essere informato, libero, autonomo ed indipendente.